mercoledì 4 aprile 2018

Letture

Gli alunni di Hailsham
(di Felice Celato)
Per accompagnare il lento dissolversi della pausa Pasquale e nella perdurante apnea civile del nostro povero paese, nulla di meglio che la segnalazione  di una lettura: un romanzo, stavolta, non banale né leggero ma sicuramente avvincente e denso di suggestioni.
Si tratta di Non lasciarmi (Einaudi, 2016) di Kazuo Ishiguro, premio Nobel per la letteratura del 2017 e autore - come vedremo subito - di notevole spessore narrativo e intellettuale.
La storia narrata si dipana progressivamente e progressivamente si rischiara, prendendo le mosse da un ambiente vagamente misterioso e da una situazione esistenziale dai contorni surreali e dalle venature metafisiche che - per non sciupare l’esercizio del lettore - accennerò solo molto brevemente: siamo rapidamente immersi, dall’io narrante, in un ambiente chiuso, una specie di confortevole collegio (Hailsham), rigidamente isolato dal resto del mondo (civile e affettivo), dove una comunità di giovani e giovanissimi vengono lentamente educati e implicitamente preparati ad una particolare missione, mai chiaramente definita ma implicitamente accettata da tutti e genericamente etichettata come quella di diventare, attraverso un ben organizzato percorso educativo, prima “assistenti” e poi “donatori”. Inevitabile, in tale misto contesto comunitario, l’intrecciarsi di relazioni amicali ed affettive, queste ultime non particolarmente incentivate ma nemmeno ostacolate, pur nella quasi solo sottintesa loro sterilità.
Dunque, come dicevo, una situazione surreale che sembra reggersi nell’assunto che il metaforico destino comune a tutti i protagonisti sia accettato naturalmente, senza porre interrogativi inquietanti, quasi come se si reggesse su un immutabile sinallagma esistenziale scolpito da sempre nelle teste e nei cuori dei cittadini del misterioso collegio.
Bene, non andiamo oltre perché il pregio del libro sta anche nella tensione narrativa che si sviluppa lungo tutte le quasi 300 fitte pagine.
Vengo, invece, rapidamente a quelli che mi sono risultate le più vivide suggestioni del libro e delle sue atmosfere: Hailsham è, forse, la metafora della vita e gli alunni che abitano questo conchiuso microcosmo non sono che la bizzarra rappresentazione degli uomini che non conoscono il loro destino e che tutto sommato vengono educati a non cercare di conoscerlo (Cosa avreste fatto se aveste saputo cosa attendeva ciascuno di voi? dice, alla fine del libro la misteriosa direttrice della scuola, riecheggiando la famosa frase di Cicerone: quale sarebbe stata la vita di Priamo se da adolescente ne avesse conosciuto il corso?). L’amore è forse l’unico vero compagno di tratti della esistenza degli alunni di Hailsham, senza peraltro riuscire a diventare la via d’uscita dal solco del destino quando via via si manifesta inesorabile; eppure le rigide regole di Hailsham sembrano assegnare all’amore anche la facoltà di rallentare il corso del destino, non di fermarlo, ma solo di rallentarlo quando (misteriosamente) se ne provi la sostanza meta-sensuale.
Insomma un libro da leggere; per molti aspetti una specie di prefigurazione orwelliana di una società avanzata che tutto de-umanizza, senza peraltro riuscire a cancellare del tutto il più resistente dei sentimenti, che non modifica il destino ma certamente ne rende meno triste il decorso.
Roma 4 aprile 2018



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