giovedì 15 aprile 2021

10 anni!

Arrivederci!

(di Felice Celato)

Eccomi qua, a “celebrare” il 10° anniversario di questo strano e consolante blog (avviato il 16 aprile del 2011); strano perché essenzialmente e programmaticamente monodirezionale (cioè sono io che scrivo, in vista, ovviamente, di commenti e reazioni dirette ma espresse privatamente, per evitare le trappole tipiche di ogni social media, di solito intasati da commenti frettolosi, apodittici e spesso rozzi: molto meglio i nostri piccoli dibattiti personalizzati  via mail o attorno ad una pizza!); consolante perché, attraverso di esso, riesco ad esorcizzare il decorso del tempo e a riempirlo di personali osservazioni della realtà che mi fa piacere condividere con gli amici (e anche archiviare nel tempo, per utili riletture di auto-monitoraggio).

Già, perché in fondo, come confermano i pochi numeri che darò subito, è evidente l’affezione di pochi amici (potrei quasi tutti identificarli per nome) e la (gradita) indifferenza dei più. Si può dire che l’utilizzo del blog per queste che ho chiamato conversazioni asincrone sia un classico esempio di uso privato di un mezzo pubblico; se fossimo in materia venale, sarebbe una specie di peculato mediatico, un uso lecito – almeno spero, ma qui da noi non si sa mai bene con certezza! – ma non disinteressato, perché le opinioni – e le rampogne – dei miei amici mi interessano veramente!

Dicevo dei numeri: 3653 giorni con un post ogni 4/5 giorni e poco meno di 100 “visite” al giorno per ogni post, delle quali – a stima grossolana – circa due terzi “visite” di origine casuale, tipico effetto della rete e magari indotto da qualche titolo di (involontario) interesse diffuso.

Dunque numeri di cui essere soddisfatti, per la pochezza dei leaks e per la sostanza dei contatti mantenuti con quei pochi più preziosi. Ma 10 anni (e 860 post) sono comunque tanti (troppi?) e forse una nuova pausa è necessaria (già, del resto, in questi 10 anni di pause ne avevo fatte un paio). Forse, anche stavolta, magari sarà una pausa e non un’archiviazione definitiva  perché in fondo scrivere mi piace, specie se posso pensare a chi legge come ad un non-indistinto; ma sicuramente una pausa salutare perché comincio a fare fatica a contenere le negative percezioni che ho del nostro presente: c’è troppa bieca malevolenza in questa nostra società del rancore. Intendiamoci: il bellum omnium contra omnes non l’hanno inventato i nostri media e i nostri politicanti (anche se si danno molto da fare per esercitarlo!). Thomas Hobbes lo riferiva, però, ad uno stato di natura pre-razionale (…pre-contrattuale, si direbbe, pensando ad Hobbes come un esponente del contrattualismo sociale); ora lo stiamo vivendo come irrazionale regressione ad un modello esistenziale nel quale è legittimo (anzi doveroso) presumere il male da tutto e volerlo per tutto, in una corsa alla lacerante mordacità che, francamente, mi stanca moltissimo osservare; e dalla quale non mi attendo nulla di buono; tanto più perché – per certi suoi aspetti straordinari – questo nostro tempo potrebbe invece essere foriero di un operoso ravvedimento psico-sociale, se non fossimo intenzionati a sprecarlo.

Mi viene da mutuare da uno dei più terribili sintomi di questa nostra pandemia l’espressione fame d’aria, per dire dello sconforto che mi prende ogni mattina quando leggo i giornali o ascolto la relativa rassegna alla radio; e la dispnea non è lo stato ideale per abbandonarsi al piacere di una conversazione che, per quanto asincrona, è pur sempre una conversazione fra amici ai quali non si vorrebbe risultare deprimente (o addirittura sgradito); e men che meno disperante (noi abbiamo bisogno delle speranze –  più piccole o più grandi –  che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere, BXVI, Spe salvi, 31). 

Dunque, cari amici, un affettuoso arrivederci a tempi migliori, sperando che la dispnea scompaia con la pandemia che ci ha reso avvezzi persino all’ homo homini virus, appena celato dietro alla mascherina d’ordinanza.

Se ci sarà, in tutto o in parte, un secondo decennio per questo blog lo diranno l’umore… e la natura: variabile, il primo; ineluttabile, la seconda.

Roma, 15 aprile 2021

 

 

 

 

venerdì 2 aprile 2021

Pasqua 2021

Auguri e buone letture

(di Felice Celato)

A.S. (ante scriptum): con questa pagina vorrei fare due cose, apparentemente ben distinte fra loro: la prima è farci gli auguri per Pasqua; la seconda è segnalarvi un libro che, con la premessa che dirò, considero un piccolo capolavoro.

 

1. Gli auguri.

La Pasqua, si sa (o si dovrebbe sapere), è una festa religiosa, di radici anche più antiche del cristianesimo: anche la pesach dei nostri fratelli maggiori ebrei era (ed è) una festa di una liberazione, del passaggio liberatore di Dio, come, in fondo, lo è anche la Pasqua cristiana (la liberazione dalla “schiavitù” del peccato mediante la Grazia); e, allo stesso tempo, è la festa del compimento della Rivelazione (attraverso – ancora – il passaggio vittorioso del Figlio in mezzo alla storia dell’uomo) e della “stipula” di una nuova relazione con Dio fondata sul Calvario e sulla Resurrezione di N.S. Gesù Cristo e sul dono dello Spirito. E certamente solo questa sua (profonda ma ormai negletta) natura religiosa “giustifica” l’abitudine di scambiarci gli auguri; altrimenti, se fosse solo per il suo significato – per così dire –  stagionale, come festa del primo plenilunio di primavera, dell’equinozio, dei mandorli in fiore o …dell’ora legale, non staremmo qui a mormorarci, magari frettolosamente, dei banali “Buona Pasqua a te e famiglia”; come, del resto non lo facciamo per l’equinozio d’autunno o… per la maturazione delle castagne. 

Non c’è Pasqua, dunque, se non c’è una profonda coscienza del suo ricchissimo significato religioso; il resto sono uova di cioccolato e colombe e gite fuori porta (quando si poteva!).

C’è una domanda, nella pericope pasquale dal Vangelo secondo Marco, che sempre mi colpisce: Maria di Magdala e Maria di Giacomo e Salome si recano al sepolcro, di buon mattino, dopo l’angoscioso abisso di silenzio del sabato santo, il giorno del nascondimento di Dio, per ungere con oli aromatici il corpo sepolto del Cristo crocifisso. E mentre camminano si domandano preoccupate: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?” (Mc. 16, 3). Ecco la Pasqua, per noi cristiani, è la risposta a questa domanda; e per questo ci facciamo gli auguri: ci auguriamo vicendevolmente di riconoscerlo sempre in mezzo a noi, Colui che vive e che ha fatto rotolare via la pietra del sepolcro. L’oscurità divina del sabato santo nel giorno di Pasqua si fa segno chiaro di una speranza che non ha confini

E dunque ha veramente senso farci, di cuore, gli auguri di una cristiana Pasqua profonda, perché di speranza – credenti o non credenti che si sia – abbiamo comunque davvero bisogno, sempre e in questo tempo.


2. La segnalazione

Premetto che l’autore (Eric-Emmanuel Schmitt) è, per me, forse il più amato fra gli scrittori viventi, del quale credo di aver letto tutto (e, su queste pagine, ho segnalato e raccomandato diversi suoi libri). Francese di nascita (il cognome è, evidentemente, alsaziano), belga di cittadinanza ma cittadino del mondo, filosofo, saggista, autore teatrale e romanziere di fama internazionale, forse cattolico ma comunque cristiano (il racconto della sua “conversione” è nel bellissimo libro La notte del fuoco, Edizioni e/o, 2016), anche stavolta affronta un tema autobiografico (l’elaborazione del suo lutto per la morte della madre) con un taglio che – lo confesso – all’inizio del libro, mi era parso vagamente patologico (ma vale senz’altro la pena di superare questo superficiale fastidio andando avanti con la lettura). E lo fa con la sua scrittura raffinata e con una profondità di spunti che ho trovato spesso anche commoventi; e anche, una volta compiuta l’elaborazione del lutto, con un  entusiasmo per la vita che fa bene ripercorrere, in questo tempo un po' triste ma pur sempre pasquale. Il libro (da Edizioni e/o, 2021) è Diario di un amore perduto.

Lo segnalo con convinzione ai miei conversatori asincroni; e in particolare, forse, a quelli che, essendo stati, inevitabilmente, figli, si trovino anche ad essere genitori. 

Di più, in ragione del tessuto sentimentale e delicato del testo, non mi pare il caso di aggiungere. 

Roma 2 aprile 2021 (97° compleanno del mio defunto ed amato genitore, col quale forse non ho parlato abbastanza, almeno finché era in vita)