mercoledì 29 giugno 2011

Stupi-diario

Stupi-diario del 29 6 11



A pochi giorni dal suo cominciamento lo stupi-diario si è già ingorgato! Del resto sono accadute in pochi giorni cose così lontane dal buonsenso civile che viene difficile selezionare le cose stupefacenti (ripeto: è questo il senso del nostro stupi-diario, nessuna intenzione di dare dello stupido ad alcuno; solo la …. stupita - e perplessa - meraviglia vorrebbe essere il pane,ahimè,  quasi quotidiano del nostro vagare fra le “notizie”): basti pensare all’epopea dell’eroica Libera Repubblica della Maddalena, caduta sotto i colpi – sacrosanti – delle forze di polizia per cospargere i nostri commenti di un’infinita serie di sic! O dell’esclamazione (vecchia ma sempre efficace): povera Italia!


Però una menzione rapida mi pare la meritino le considerazioni dell’assessore regionale della Puglia Fabiano Amati e del suo illustre Governatore Nichi Vendola sul pricing dell’Acquedotto Pugliese.


Il primo, con linguaggio oscuro ai competenti (in materia di finanza, confesso, che un po’ mi ci sento anch’io, competente), ha giustificato, per radio, l’inclusione, nelle tariffe dell’Acquedotto Pugliese, del costo degli oneri finanziari da pagare alla Merrill Lynch ed ha poi affermato (Fonte: Il corriere della sera del 29 giugno, pag 33): “ Col referendum non sono state abrogate quelle parti del codice dell’Ambiente che legano la tariffa al costo di gestione e degli investimenti


Commento : Sic! Si vede che, per l’assessore, gli investimenti finanziati da Merrill Lynch non erano quel “capitale investito” che, col referendum, abbiamo – follemente – deciso di non più remunerare.


Il secondo, il governatore Vendola, è andato anche più in là, spingendosi, con linguaggio immaginifico, ad affermare: “E’ indispensabile fare i conti con la realtà, non precipitare nei burroni della demagogia”. E poi ha aggiunto: “ Noi stiamo interpretando legittimamente il risultato referendario sulla strada che non ci fa inciampare dal punto di vista dell’efficienza e dell’economicità dell’azienda” (Fonte: ibidem)


Commento: Doppio sic!


Mi si consenta però, per non precipitare - direbbe Vendola - nei burroni dello sconforto, di segnalare un’altra, stavolta eccellente, sorpresa che invece apre il cuore alla speranza: la nomina del cardinale Angelo Scola ad arcivescovo di Milano! Oddio! Sorpresa proprio non è, visto che se ne parlava da tempo; e del resto, questo Papa è persona capace di fare (e dire) cose stupefacenti, ovviamente in senso totalmente opposto a quello che guida lo stupere del nostro stupi-diario. Ma allora, direbbe qualcuno, perché menzionare qui questa bella sorpresa? Lo confesso: per non apparire disperato, per non farmi bollare, dagli amici che mi sopportano, come un pessimista cosmico, un inguaribile cercatore di fonti di disperazione! Ci sono anche, lo devo ammettere, belle cose di cui stupirsi! E comunque , anche questa bella cosa ha trovato commentatori ….. diciamo incongrui: “è legato a Comunione e Liberazione, e quindi a Formigoni!” Bah! Che volete la gioia in questo Paese non può mai essere piena! Pazienza, non tutti sanno cogliere le buone occasioni per non dire …… (sì, lasciatemelo dire!) fesserie.





lunedì 27 giugno 2011

Un libro

Segnalo ai lettori un bellissimo libro (La Signora di Ellis Island, Einaudi) scritto da un ingegnere calabrese, Mimmo Gangemi, che francamente non avevo mai sentito prima (sicuramente per mia colpa, visto che qualche premio letterario, anche non secondario, l'aveva pure ottenuto) e che invece mi si è rivelato uno scrittore garbato, profondo, un narratore di sicuro valore oltreché un sensibile cantore di storie e valori del nostro secolo scorso, delle quali e dei quali l’autore si dimostra diretto e appassionato conoscitore.



La storia, una piccola, lunga saga familiare, è quella di Giuseppe, un forte e buon contadino calabrese che emigra in America per sfuggire al destino di povertà della sua famiglia e che, dopo un durissimo periodo di lavoro e di drammi, ritorna, come a molti emigranti è accaduto, con qualche soldo, giusto per comprarsi un piccolo campo in Calabria e tornare al mondo della sua famiglia d’origine con qualche maggiore aspettativa di meno incerta sopravvivenza . Attraversando buona parte del secolo scorso (l’ epopea dei migranti, la prima e la seconda guerra mondiale, il fascismo in mezzo, la nascente democrazia, etc), fra drammi e fatiche Giuseppe cresce nei campi e nel duro lavoro la sua numerosa famiglia, per la quale la tradizione contadina pian piano si colora di sane ambizioni di fuga verso il modesto benessere della borghesia minuta; ambizioni in parte coronate da successo grazie alla tenacia, al lavoro anche ingrato, allo studio strappato alla zappa, ed anche alla fede nei valori dell’ onestà e dell’impegno.


La signora di Ellis Island che dà il titolo al libro è il fil rouge della religiosità semplice e tenace di Giuseppe, la protagonista di un episodio, fra sogno e realtà, che segnerà la vita e la fede della sua famiglia.


Un libro anche commovente, che ci consola della sanità delle radici in un periodo in cui i rami ci appaiono secchi. E che ci lancia sprazzi della storia delle famiglie di ciascuno di noi.

venerdì 24 giugno 2011

Stupi-diario

Se cercate sul Dizionario Italiano Devoto Oli la parola stupidario leggerete: “Repertorio di stupidità”.



Se però andate sul Dizionario Italiano Treccani alla stessa parola troverete aggiunta una connotazione più specifica: “Raccolta di stupidaggini dette o fatte da personaggi noti o rappresentativi di una categoria di persone”.


Assumendo questa seconda accezione, vorrei dar vita ad un nostro stupidario, non tanto per bollare di stupidità qualcuno con ingenerosa facilità (a tutti capita di dire stupidaggini, è inutile negarlo!); quanto, piuttosto, per porre in evidenza come una banale stupidaggine, una insulsaggine qualunque, messa in bocca “ad un personaggio noto o rappresentativo di una categoria di persone”, possa diventare una bomba di (talora amara) comicità, soprattutto quando si coniuga con la pomposità dell’enunciato, creando un divertente contrasto fra la sonora stupidità o insulsaggine del contenuto e la solenne contegnosità della forma.


Solo che, essendo, ahimè!, così frequente (direi quotidiana) la diffusione di pompose banalità o addirittura di palesi stupidità (le lofty platitudes, per dirla all’americana, costituiscono ormai gran parte del quotidiano comunicare politico, almeno nel nostro sincopato cicaleccio), proverei a chiamare il nostro stupidario lo “stupi-diario”, dove “stupi” vuole far pensare alla parola stupefacente (aggettivo, nel senso di sbalorditivo), evocando il senso di stupore (“ma davvero ha detto così?”) che talora ci creano le più pompose fra le banalità che udiamo o leggiamo. Del resto stupido e stupore hanno le stesso etimo, lo stupere latino.


Quando ce ne andrà, tenteremo di aggiungere un piccolo commento per dare conto, speriamo sempre divertito, del nostro stupere.


Stupi-diario del 24 giugno 2011


Dal Corriere della sera on line di oggi leggo che il Sindaco della Capitale Alemanno, già Ministro della Repubblica nonché autorevole esponente del partito di maggioranza, avrebbe dichiarato con feroce solennità: “Ribadisco che se qualcuno si azzarda a mettere i caselli sul GRA, andiamo e li sfondiamo!”


Commento: se il bellicoso enunciato fosse arrivato da un qualche estremista di centro sociale, da un capopopolo delle periferie sub-urbane, da un accaldato leghista romano facinoroso o da un sindacalista estremo del sindacato autotrasporatori non ci sarebbe stato di che meravigliarsi; probabilmente l’avrebbero raggiunto i carabinieri e gli avrebbero, magari paternamente, consigliato di non rendersi protagonista di reati né di minacciarli né di istigare altri a commetterne.


Ma così non è stato; chi parlava era il Signor Sindaco di Roma! Il quale anzi, passando bruscamente dalla prima persona singolare del presente del verbo ribadire alla prima plurale del presente del verbo andare e del verbo sfondare ha lasciato intendere di avere già soci per questa materiale ventura, magari pensando alla signora Governatrice del Lazio che, fra una pajata e l’altra con gli esponenti della Lega, aveva anch’essa manifestato bellicosi propositi in relazione al pedaggiamento del GRA, rispolverando un linguaggio da sindacalista estrema quale certamente non è mai stata, e dimentica, insieme al Signor Sindaco, che il famoso pedaggiamento è stato deciso dal Governo di cui entrambi sono sostenitori.


Allora mi domando: ma che cosa abbiamo addosso? Che scirocco tempestoso avvolge di sabbia le nostre teste? Che ci succede? Perché abbiamo bisogno di spararle così grosse, dimentichi, fra l’altro, anche del senso del ridicolo? Perché consumiamo con tanta determinazione il significato e la portata delle nostre parole? Che cosa dirà, Signor Sindaco, la prossima volta che una legge a Lei (e, presumibilmente, alla sua cittadinanza) sgradita fosse varata magari da un governo a Lei ostile? Minaccerà la secessione, come fanno i suoi …. amici leghisti?

martedì 14 giugno 2011

Modesta proposta per l'emergenza

BASTIAN CONTRARIO
(di Felice Celato)



Non vorrei fare il bastian contrario (cosa che,peraltro, spesso mi riesce bene), ma credo che il clima di euforia (con relative retoriche romantico-visionarie) che caratterizza molte analisi dei risultati referendari sia fuori luogo e gravido di pericoli. E spiego perché:


1. l’Italia sembrerebbe essersi improvvisamente riscoperta un paese a cultura socialista: a sostanziale parità di votanti le schiaccianti maggioranze abrogazioniste sono state ancora più schiaccianti sui referendum per l’acqua: no alla privatizzazione delle gestioni, ancora più no per la remunerazione del capitale investito, meno no al legittimo impedimento, ancora meno no al nucleare. Ciò vuol dire che il Paese ha chiaramente indicato che desidera la gestione pubblica dei servizi ancora più di quanto desideri la “denuclearizzazione” del paese, che pure desidera tanto.


2. Ora, perché i servizi pubblici (in particolare la distribuzione dell’acqua) funzionino decentemente occorrono investimenti; ed essendo questi riportati a carico dello Stato, occorrerà che lo Stato si indebiti ulteriormente.


3. Ma lo Stato ha già un’imponente mole di debiti: è di oggi la notizia che abbiamo sfondato quota 1890 mdi. Il messaggio referendario sembrerebbe: non ci importa di subire una pesante tassazione, purchè i servizi restino pubblici; dunque tassateci ancora di più!


4. D’altra parte il governo, scosso dagli schiaffi, pensa di reagire brandendo in limine mortis l’arma della riforma fiscale (che, detta in parole pratiche, vorrebbe significare meno tasse): mostriamo coraggio, si dicono alcuni del governo, detassiamo per recuperare consensi senza preoccuparci (nel breve, spero pensino) del maggior deficit da finanziare ogni anno: sarà (immagino pensino) la ripresa dell’economia che ne conseguirebbe a compensare il maggior deficit.


5. Ma l’economia ristagna pericolosamente, perché l’Italia ha perso da anni slancio e competitività (per chi li volesse sono disponibili eloquenti grafici a base decennale; ma basta leggere la Relazione della Banca d’Italia per convincersi che è così); dunque per rimetterci in carreggiata occorrerà che l’effetto della detassazione sia immediato e forte. E comunque per uscire da anni di letargo non ci vorrà poco tempo (anche perché alcune delle ragioni del letargo sono di natura sociologica e culturale).


6. Nel frattempo l’Europa e i mercati finanziari ci chiedono tagli alla spesa e il governo aveva doverosamente promesso solo un paio di mesi fa di farne e da subito. Sullo sfondo aleggia il default della Grecia ed il declassamento del debito (quando un debito viene declassato gli interessi da pagare ai mercati aumentano e la nostra “bolletta” per interessi è già salatissima).


7. Tremonti, per nostra fortuna uomo di stato, esita (sarebbe meglio dire: recalcitra, sempre per fortuna) ma la pressione su di lui aumenta ed il governo appare disperato (sarebbe forse meglio dire: disperatamente attaccato alla propria sopravvivenza).


8. In questo contesto potrebbero innescarsi azioni sconsiderate: il governo detassa e l’opposizione per non farsi accusare di essere il partito dell’odiata tassazione – che però gli elettori del referendum non sembrano temere – non si opporrà o, perlomeno, non si opporrà efficacemente. Il paese potrebbe precipitare nel baratro delle proprie contraddizioni e insufficienze culturali.


9. Ma potrebbe anche accadere che si riescano ad evitare sconsideratezze; allora il governo potrebbe tirare a campare o potrebbe spostare la captatio benevolentiae dell’elettorato su altri scenari, con gravi danni per il Paese e con buone probabilità di arrivare fino al 2013. L’esitazione dell’opposizione a chiedere il voto di fiducia il 22 lascia pensare che esistano condizioni parlamentari tali da assicurare al governo una stentata sopravvivenza, rafforzata anche dall’impreparazione dell’opposizione ad un accelerato confronto elettorale.


Che fare? Non sono un esperto di politica; ho molto apprezzato il pacato commento di Bersani sulle discussioni interne al governo (coraggio vs prudenza): lasciamoli pensare a come uscire dal pantano in cui siamo.


Provo a formulare una mia proposta che presuppone un accordo bi-partisan, pronto a prendermi una gragnola di fischi: ad emergenza grave, anzi gravissima, corrispondano, questo ne è il senso, misure veramente straordinarie, per esempio:


• sostanziosa riduzione delle imposte sui redditi delle società e dei privati;


• contemporanea patrimoniale (da definire quanto a modalità e profondità) per abbattere una tantum il debito pubblico, magari compensata dall’assegnazione di quote del residuo patrimonio mobiliare pubblico ai (tar)tassati;


• ripresa degli investimenti pubblici ( a condizione che si tratti di investimenti, non di spese; chi ha fatto anche il solo primo anno di ragioneria sa la differenza);


• tagli “verticali” alla spesa pubblica (vedasi ultima relazione del Governatore della Banca d’Italia)


• “salvacondotto” al premier per porre fine all’attaccamento al governo come antidoto ai processi in corso;


• elezioni a marzo;


• successiva revisione della Costituzione (parte II), mediante un’apposita assemblea eletta con metodo proporzionale.


Che cosa mi aspetterei da un simile quadro che direi di emergenza ma anche di pacificazione nazionale? A parte l’elusione di uno scenario distruttivo e populista (ti detasso, anche se non potrei, perché tu mi voti) o anche solo tragicamente attendista, mi aspetterei la brusca rieducazione dell’elettorato (il debito pubblico è un tuo debito; i politici si votano in ragione di quanto meglio spendono non di quanto più spendono o promettono di spendere ) e il ripristino di una condizione di normalità della vita politica. Dimenticavo: è facile prevedere che una simile manovra venga apprezzata dai mercati finanziari con conseguente diminuzione degli interessi da pagare sul debito pubblico comunque ingente che ne residuerebbe.


Si dirà: ma tutto questo per l’esito dei referendum? No, lo pensavo anche prima; ma i referendum hanno posto un’accelerazione agli scenari in movimento.


Si dirà ancora: ma ti pare possibile uno scenario così irenico? A parte che irenico non sarebbe, oso sperare di si.






14 giugno 2011










giovedì 9 giugno 2011

In margine ai referenda

Siamo "cotti"?


(di Felice Celato)


In mezzo alle tante (ed interessanti ed istruttive ) discussioni sui prossimi referenda (plurale latino di referendum!), fra gli argomenti che mi è capitato di raccogliere dai diversi amici che ho ( e mi hanno) interrogato mi è capitato di confrontarmi con uno, utilizzato da alcuni in più casi, che mi ha particolarmente (e amaramente) fatto riflettere.


Sgombriamo il campo dalle intenzioni di voto che qui non hanno rilievo (per quanto mi riguarda voterò due no convinti, un no convinto ed omerico – 2° quesito sull’acqua – ed un sì perplesso sul legittimo impedimento) e concentriamoci sull’argomento insidioso che è stato affacciato, non senza fondamento apparente, e che mi ha colpito per il suo significato profondo.


Con riferimento al referendum sul nucleare, qualcuno ha osservato: ma te lo immagini tu, in Italia, che tipo di affidabilità possono avere le mille cautele costruttive da riservarsi alle centrali nucleari? Te lo immagini che tipo di credibilità possiamo riservare in questo Paese alle gabbie di cemento che andrebbero costruite per contenere i rischi dell’atomo? Non hai presenti le frodi, le ruberie e le sciatterie che hanno caratterizzato la realizzazione di tante opere pubbliche (o non pubbliche)?


Con analogo approccio, a proposito del 2° referendum sull’acqua, qualcuno ha osservato: ma te li vedi tu i nostri enti concedenti esercitare quegli occhiuti controlli che dovrebbero presidiare il buon funzionamento del rapporto concessorio? Credi veramente che funzionerebbe, senza mille compromissioni palesi ed occulte, il ruolo di vigilanza che, anche ai sensi del decreto legislativo 152 (all’articolo 151), il concedente dovrebbe esercitare per garantire efficacia ed efficienza alla rete distributiva e sviluppo puntuale dei programmi di investimento per l’ammodernamento e l’incremento della rete distributiva?


Come dicevo non possono negarsi al duplice argomento la dignità del fondamento e la concretezza del realismo; e questo ne fa un argomento insidioso, specie presso chi fa o vorrebbe fare del realismo il presupposto di una visione (entro certi limiti) pragmatica della realtà.


D’altro canto però, l’argomento denota un atteggiamento che mi viene difficile accettare: siamo arrivati dunque ad un tale livello di sfiducia in noi stessi da portarci a dubitare delle nostre stesse capacità di fare e di fare bene? A tal punto è giunta la nostra autorappresentazione negativa che riteniamo di non poter fare una scelta razionale per il peso irrazionale della nostra propensione al pastrocchio (parola che attingo con piacere dal lessico della mia gioventù provinciale)?


Scusate il ritorno pervicace al tema di una precedente riflessione (rimasta senza vostri commenti), ma ai nostri figli che cosa diremo: avremmo voluto lasciarvi una realtà migliore ma non ci siamo riusciti perché non avevamo fiducia di saper fare ciò che avremmo anche voluto fare?


Se fosse questo il nostro atteggiamento, perché (come mi faceva osservare un autorevole amico) andremmo a votare, non dico per i referenda ma addirittura per qualsiasi altra consultazione politica o amministrativa? A che servirebbe scegliere quanto ci sembra bene se questa scelta fosse, dall’origine, inquinata da una nozione del bene ridotta al meno peggio, da una percezione triste di inattingibilità del bene? [Per quanto ovvio, sottolineo che sto usando il concetto di bene in un’accezione molto umana, forse solo sociale]


Siamo veramente troppo smarriti per ritrovare da soli la via del ritorno, come tanti Ulisse che si muovano per mare attenti solo a galleggiare senza un vero desiderio di Itaca, come mangiatori di loto sopraffatti da un profondo sopore che toglie ogni voglia di remare tenendo la rotta?


Siamo, per dirla … crudamente, così “cotti”?


Dalle memorie di tanti anni spesi occupandomi di costruzioni e di infrastrutture ( i periodi più belli della mia vita professionale) mi tornano in mente le grandi dighe imponenti, i viadotti superbi, le antiche città sollevate dall’acqua, le lunghe gallerie, le autostrade coraggiose ….. tutto passato (sia pure da poco) …. tutto dimenticato ….. non siamo più capaci?


Roma 9 giugno 2011