domenica 24 settembre 2023

Il framing dell’Europa

Blue mood

(di Felice Celato)

L’avranno capito, i miei ventiquattro lettori, dalla rallentata frequenza di queste esche per conversazioni amicali: mi è passata la voglia di scrivere, per non risultare lamentoso ed uggioso (o forse per non esserlo anche con me stesso). Il fatto è che mi pare di vivere in un angoscioso periodo di “scientifica” manipolazione culturale ed emotiva, mirato alla costruzione di un’opinione pubblica pronta a digerire qualsiasi cosa, anche la più dissennata, per accompagnare desideri di una nuova egemonia culturale senza comprenderne veramente le implicazioni.

In queste macerazioni mentali mi ha accompagnato la lettura di un agile pamphlet messo su carta da un autore francese a me prima sconosciuto: si tratta di una breve rassegna quasi didascalica (non un saggio critico, quanto piuttosto un ragionato censimento) che Victor Pichard dedica (l’ho trovata in ebook fra le proposte di Amazon libri) alla Fabbrica del consenso per Decifrare le tecniche di manipolazione di massa delle quali si avvalgono i protagonisti delle moderne società della informazione diffusa e della disinformazione strumentale.

In questa specie di panoramica delle (molte e diffuse!) tecniche della manipolazione di massa, mi ha curiosamente colpito la tecnica del cosiddetto framing, cioè dell’incorniciatura – anche attraverso semplici scelte di vocabolario – di fatti ed intendimenti che, senza che appaiano direttamente affrontati, si vogliano raccomandare o demonizzare, per modo che essi vengano pregiudizialmente desiderati o temuti. Faccio un semplice (fors’anche banale) esempio tratto dal tema che più mi angoscia in questo periodo: la nostra percezione dell’Europa che, come sanno i miei lettori, considero l’unico ed irrinunciabile pilastro della nostra speranza per il presente e per il futuro: se io descrivo, chessò, una proposta di linee d’azione europea formulata da un qualsivoglia politico come una sveglia (o uno schiaffo) all’Europa, sto connotando, appunto, l’Europa come un’istituzione che abbia bisogno di essere svegliata o strapazzata per la sua inerzia. Che poi l’’Europa siamo noi (insieme agli altri paesi con i quali dobbiamo armonizzarci), con le nostre azioni o inazioni, capacità ed incapacità, non interessa a nessuno; e che proprio noi (fra l’altro, orgogliosi violatori di solenni impegni presi in materia di finanza pubblica) non avremmo titolo per svegliare o schiaffeggiare nessuno e men che meno l’Europa presso la quale abbiamo organi di governo e forze parlamentari democraticamente elette, non rileva. L’importante è connotare l’Europa di alterità o addirittura di ostilità, di farla sommariamente percepire come il vero ostacolo alla (notoria!) efficienza della nostra gestione di noi stessi. Se poi, quotidianamente, per titillare un malinteso orgoglio nazionale, parlo dei miei compagni di viaggio nella continua costruzione di un’Europa sempre migliore (chessò, della Francia o della Germania) come di ostili e prepotenti predoni, sto connotando la naturale condivisione di interessi diversi come una ingenua chimera; naturalmente minando alla radice ogni nostra capacità di tessere quei costruttivi compromessi che, soli, costituiscono una comunità; e, di fatto, erodendo quella che, per me, è la nostra irrinunciabile speranza.

Ecco, questa subdola azione di framing è destinata, come ogni messaggio semplificato, a radicarsi facilmente nelle menti più superficiali quali sono quelle di molti cittadini votanti; alla quale si prestano – credo più per pigrizia culturale o per avidità di marketing che per ragionata convinzione – molti media anche molto diffusi e talvolta molto schierati. Non certo, dunque, un attivo complotto, ma uno strumento laterale, volto ad assecondare più che a far ragionare e a comprendere, anche al prezzo di una certa sciatteria lessicale.

Intendiamoci: all’opera contro l’Europa non c’è solo il framing: c’è anche – e soprattutto – l’azione diretta di alcune parti politiche che l’Europa veramente non l’hanno capita ma l’hanno, in cuor loro, sempre avversata (e che mostrano, così, una straordinaria incapacità di tutelare i nostri veri interessi). Il framing semplicemente assicura un sicuro atterraggio di sciagurate intenzioni su un’opinione pubblica già predisposta all’opinione negativa e, per ciò, pronta a supportare anche quelle sciagurate intenzioni al riguardo.

Capirete come, con questo blue mood (e quanto appena detto è solo una delle sue cause), abbia perso la voglia di scrivere, anche a costo di rinunciare ai feed-back ai quali, nel tempo, mi ero abituato per aiutarmi a capire e – se del caso – anche ad accettare ciò che, così come lo vedo, mi pare inaccettabile.

Roma, 24 settembre 2023

 

[P.S. , per sorridere – ma non troppo – sul framing: provate ad immaginare se – per assurdo – il museo del Louvre lasciasse aggiungere sulla cornice (il frame) della Gioconda uno scritto del tipo “per la serie: sorrisi ebeti”. Sono convinto che, fra le file per ammirare l’immortale capolavoro di Leonardo, serpeggerebbero ben presto commenti del tipo: “beh, un po' ebete questo sorriso pare anche a me!”]