sabato 31 dicembre 2022

In morte di Benedetto XVI

Il lascito di un maestro

(di Felice Celato)

Con la morte terrena di Joseph Ratzinger, scompare per me il sommo maestro nella fede (non della fede che ha un Altro e Unico Maestro). Si allontana verso la casa del Padre colui che ne ha parlato e scritto per una vita intera con  parole che – via via che le scoprivo – mi si sono rivelate la miniera dalla quale attingere per “giustificare” tutti i passaggi intellettuali e spirituali che fanno parte del  “mio” cammino nella fede.

Questo patrimonio di conoscenza, che noi fedeli crediamo donato dallo Spirito Santo, a me è giunto ovviamente attraverso la Chiesa, la famiglia e l’ambiente che ho frequentato, varcando, nel tempo, l’infanzia, la giovinezza, la maturità e ora la vecchiaia. Ma nelle parole di Joseph Ratzinger e di Benedetto XVI si è via via arricchito per modo che il Dio, creatore e signore del cielo e della terra, si facesse, via via, il Senso (il Logos) di tutte le cose e della vita stessa, dell’amore e della morte.

Non coerceri maximo, contineri tamen a minimo, divinum est, amava dire Joseph Ratzinger citando Holderlin: quello spirito senza confini che porta in sé la totalità dell'essere, supera ‘il più grande’, tanto che per lui è piccolo, e si abbassa nel più piccolo, perché nulla è per lui troppo piccolo…. La fede cristiana in Dio comporta innanzitutto la decisione per il primato del logos sulla pura materia. L'affermare “Io credo che Dio esiste” include l'opzione in favore dell'idea che il logos, ossia il pensiero, la libertà, l'amore, non stanno soltanto alla fine, ma anche al principio; che il logos è la potenza che dà origine e abbraccia ogni essere… La spiegazione della realtà nel suo complesso non si trova in una coscienza universale o in una indifferenziata materialità; al vertice sta piuttosto una Libertà che pensa e, pensando, crea altre libertà, e in questo modo fa della libertà la forma strutturale di tutto l'essere.

Grande teologo (la teologia come interrogativo sulla ragione della fede), poi Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi papa Benedetto XVI, poi Papa Emerito, Joseph Ratzinger è stato un baluardo della fede e nel contempo un cultore della ragione, che, nel Logos, trova il suo fondamento.

Non mi mancherà, l’urbano eremita papa emerito, che pure seguiva la Chiesa nella preghiera, con trepidazione e con fede; perché, di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, seguiteranno a farmi compagnia i pensieri che ha allineato nel tempo e nei ruoli, spaziando con occhio di aquila sulle vie del cielo e della terra.

In questi giorni leggeremo molti commenti sulla figura storica di Benedetto XVI, sul suo papato, sulle polemiche che ha suscitato col suo amore per la Verità, sulle sue controverse dimissioni. Io, in queste righe destinate ad amici, sento solo il bisogno di aggiungere il mio tributo di gratitudine per quello che, con le sue parole e i suoi scritti, ha fatto per me come cristiano e cattolico, sorpassando ogni altro maestro nella fede.

Roma 31 dicembre 2022

 

 

lunedì 26 dicembre 2022

Il biglietto del clandestino

 Dal 22 al 23

(di Felice Celato)

Dunque, affrettiamoci a dare addio al 2022 (sperando che gli ultimi giorni non ci riservino altre sgradite sorprese)!

L’anno della devastante guerra vicino casa, della crisi energetica, del rimbalzo pandemico, della ripresa dell’inflazione, dell’insicurezza generale, delle minacce atomiche, etc., ci lascia sperare che il 2023 possa veramente (al di là degli auspici di rito decembrino) essere migliore dell’anno che lasciamo.[Per la mia innata propensione alla cautela, devo però ricordare quanto ci diceva un mio mitico capo, di Speranza tenace e di favella toscana, nel fare gli auguri di fine anno ai suoi collaboratori: rihordatevi sempre, però, che il peggio unn’è mai morto; e tuttavia, indefessamente speriamo, perché senza speranza siamo noi che siamo già morti!]

E dunque, ancora, speriamo: anzitutto, ovviamente, che la guerra finisca prima che sia possibile, perché nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra (dal radiomessaggio di Pio XII alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale). E fino a qui sono certo che siamo tutti d’accordo. 

Poi inevitabilmente le nostre individuali speranze si disperdono secondo i misteriosi criteri stocastici che distribuiscono nel tempo, nello spazio e nell’animo i nostri pensieri e le nostre sensibilità. I miei pensieri e le mie sensibilità (per tutto ciò che va oltre agli orizzonti strettamente personali) credo di averli qui esposti nel corso dell’anno e che sia inutile ricapitolarli, anche se solo per esprimere la speranza che qualcuno di essi o di esse si incarni nella realtà. Meglio, forse, rubare al Censis (56° Rapporto sulla situazione sociale del paese) la bellissima metafora del clandestino che viaggia sulla grande nave della storia [il corpo sociale prende la strada bassa, in presa diretta con l’emozione, rinuncia al contrapporsi fra declino e sviluppo, tra crescita e recessione e si affida ad un quotidiano inconsapevole, latente appunto, come un clandestino sulla grande nave della storia: né assente né presente] per proporre la collettiva speranza che la nostra società riesca, nell’anno che viene, a ….regolarizzare – sia pure mentre la navigazione è già in corso – il biglietto che ne legittima, appunto, la sua presenza sulla nave della storia.

Quanto al “luogo” dove lo si trova e al “prezzo” a cui questo biglietto si compra, la risposta sta tutta in questa bellissima citazione da Sant’Agostino che mi viene da un biglietto di un raffinato amico: Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi. Noi siamo, dunque, il nostro tempo, il “luogo” dove “si compra il biglietto” per il viaggio sulla grande nave della storia; e il “prezzo” è la rinuncia a quella “fiscalizzazione della realtà” (di cui dicevo qui in un post dell’agosto scorso) cui forse ci siamo lasciati avvezzare, tutte le volte che abbiamo creduto possibile trasformare ogni evidenza del reale che postuli faticosa – e talora dolorosa – gestione, in un qualcosa di gelatinoso che può, anzi deve, essere trasferito a carico del bilancio pubblico, per modo che ogni cittadino venga posto al riparo dalla realtà (direbbe Luigi Sturzo: con la bacchetta magica del potere statale).

Con queste caute aspettative, a tutti gli amici uno speranzoso augurio di un 2023 che le superi tutte.

Roma, 27 dicembre 2022

 

 

 

 

 

 

 

domenica 18 dicembre 2022

Gli auguri di Natale

Dio non si stanca

(di Felice Celato)


Succisa virescit: tagliata alla base (succisa), vicino alla radice, la quercia scolpita sullo stemma dell’Abazia di Montecassino rigenera teneri rami fogliosi (virescit).

Questo può essere il senso del nostro Natale, nel tempo in cui le scuri violente dell’uomo hanno reciso il tronco delle nostre perenni speranze di pace.

Anche la nostra speranza, nel segno del Dio che eternamente ritorna a scommettere sull’uomo, è chiamata a rigenerarsi, nonostante tutto.

E allora, nonostante tutto, noi fideles, torniamo a guardare al Natale come icona vivente di questo eterno ritorno dell’Emanuele, il Dio-con-noi della profezia di Isaia (VII, 13 e seg.): Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto, il Signore vi darà un segno. Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.

Certo, ci è difficile scorgere nuove foglie fra le macerie dell’Ukraina o, ancora più vicino a noi, sui campi aridi delle nostre umane miserie; ma per nostra fortuna, Dio non si stanca perché è innamorato delle Sue creature e ritorna a dare il Suo segno. A noi spetta, ancora una volta, di riconoscerlo, questo segno, di trarre da Lui la nostra speranza per nuove foglie, simbolo della vita; e di coltivarli, con l’amore e l’intelligenza che ci sono stati donati, questi nuovi rametti fogliosi, perché tornino a promettere una nuova quercia.

Dio non si stanca; noi forse sì, specie quando molte forze della nostra gioventù lentamente ci abbandonano. Ma Dio è la nostra forza, non invecchia il nostro Padre Eterno, non ci abbandona il suo Santo Spirito: ci sorride di nuovo nel Natale che viene; dalla grotta dove si è fatto uomo.

Auguri a tutti, fideles o non fideles, di trovare negli occhi del Bambino (e dei bambini) la luce che da sempre smarriamo per strada e che – stavolta, ancora una volta, perché è Natale – speriamo di trattenere.

 

Roma, 18 Dicembre 2022 (Ultima domenica di Avvento)

 

mercoledì 7 dicembre 2022

Segnalazione breve


L’uomo che guardava attraverso i volti 
( di Felice Celato) 

In queste giornate un po' convulse, mi sono immerso nella lettura di un nuovo libro di Eric Emmanuel Schmitt: L’uomo che guardava attraverso i volti (edizioni e/o, 2022, disponibile anche in ebook, ma uscito in Francia nel 2016). 

Un libro che raccomando ai miei lettori, come del resto credo di aver fatto su queste colonnine per diversi dei tanti racconti (se ne veda un piccolo elenco in calce al post del 27 aprile u.s.) di questo autore, a me particolarmente caro. 

Si tratta di racconto surreale e metafisico (c’è anche un’intervista a Dio!) costruito sui temi classici di questo autore, un intellettuale convertito al cristianesimo in età matura (vedasi il bellissimo racconto autobiografico ne La notte di fuoco, segnalato qui con un post del 19 dicembre 2019) ma perennemente inquieto (il mio dubbio e la mia fede camminano in parallelo lungo una frontiera comune, perché non abitano nello stesso paese; dice di lui sua figlia, che compare nel racconto: pur avendogli cambiato la vita, la grazia non aveva minato il suo umanesimo, se non “sfondando il soffitto” dentro di lui e rendendolo più aperto, più tollerante e meno incline al narcisismo antropocentrico). 

Il tutto, magistralmente montato su una trama avvincente (con un bell’intreccio di narrazioni, soprattutto nel finale), fatta di situazioni surreali, dove i morti di ciascuno costituiscono un invisibile patrimonio di relazioni lontane e un flusso di misteriose ingerenze metafisiche, nel bene e nel male. 

Insomma: un libro da leggere, godendone anche la tensione emotiva che sfocia in un sorprendente finale. 

A meno che, ovviamente, non ci si senta più attratti dalla metafisica del romanzo del POS, alla quale le cronache politiche dei nostri giorni aggiungono, anch’essi, un tocco di surrealtà. 

NB: Come avranno notato i miei più affezionati lettori, quest’anno – per la prima volta dopo tanti e solo per circostanze legate ad una tragica notizia pervenutami proprio mentre ne era in corso la presentazione – ho omesso la tradizionale noticella sull’evento del primo venerdì di dicembre: l’annuale Rapporto Censis, per me, da sempre, l’analisi più affidabile e stimolante delle vicende della nostra società nel flusso del tempo che scorre. Ma torneremo a parlarne quando avrò digerito almeno una parte del corposo volume (che non mi è ancora pervenuto). Per ora, lascerei alle nostre “meditazioni” questa fulminante sintesi, inclusa nelle Considerazioni generali: Il nostro paese, nonostante lo stratificarsi di crisi e difficoltà, non regredisce grazie allo sforzo e al rischio individuale, ma non matura. Riceve e produce stimoli a mettersi sotto sforzo, a confrontarsi con le ferite della storia, ma non manifesta una sostanziale reazione, vive in una sorta di latenza di risposta. 
Roma, 7 dicembre 2022