domenica 30 giugno 2013

Stupi-diario divertente

Caldarroste d'estate
(di Felice Celato)

Questo mese ho scritto troppo: 10 post in un mese sono troppi!....Colpa del Censis!
Chiuderò il mese con una nota divertente.
30 giugno: fa caldo, non caldissimo ma, comunque, un piacevole caldo estivo; piazza di Spagna assolata; all'angolo con via dei Condotti, un venditore di caldarroste prepara la sua merce sul suo banchetto. Mi fermo e gli domando: vanno, le caldarroste, d'estate? "E come no?" mi risponde, "perché, se io voglio mangiare un gelato d'inverno, non posso?"
Ineccepibile!
Roma, 30 giugno 2013

giovedì 27 giugno 2013

Mea culpa

Appunti per una speranza mondana
(di Felice Celato)
Si noti bene, in premessa: non escludo affatto (è bene prevenire i maligni!... e i parenti!) di essere afflitto da un certo auto-compiacimento intellettuale, una sorta di narcisismo culturale, forse alimentato da un ormai consolidato spregio per gran parte delle massificazioni “culturali” della nostra società, tutta intrisa di political correctness, di diffuso opinionismo incompetente e di emozionismi irriflessivi; ma spero che mi sia qui perdonato, nello spirito del mea culpa che intendo fare.
Dunque, se provo a pensare al mio “posizionamento” identitario nella società di oggi, mi trovo – senza alcun pudore, anzi, con una certa soddisfazione – ad immaginare per me stesso una serie identità (c’è un bel libro, al riguardo, di Amartya Sen, ma non ne ricordo il titolo) tutte minoritarie [il tutto, temo, temperato dal sospetto di essere anche nella maggioranza presuntuosa!]: faccio parte, o almeno credo (o amo pensare ) di far parte, di una lunga serie di minoranze; per esempio: quella dei religiosi e, in questo ambito, quella dei cattolici praticanti, quella garantista e liberale (nel senso dei rapporti cittadino-stato), quella de-ideologizzata, quella europeista e immigrazionista, quella “colta” che legge molti libri ogni anno e i giornali (più di uno e non solo italiani) quasi tutti i giorni, quella che non guarda i talk-show,  quella solidarista e, allo stesso tempo, fiduciosa nei mercati (ovviamente regolamentati) etc.; e persino quella mono-familiare.
In questi contesti minoritari (nei quali mi crogiolo), ho,  credo di poter dire, molti amici (un po’ meno nell’ambito delle identità liberali, in politica ed in economia, ma qui non importa), anzi direi pressoché tutti gli amici; e, appunto, in questi ambiti umani mi capita continuamente di constatare, con grande soddisfazione, l’esistenza di una realtà culturale e civile completamente diversa da quella che quotidianamente alimenta l’ormai – da me – odiata “opinione pubblica” o che, pure quotidianamente, indulge ai comportamenti e ai “pensieri” di massa come ci vengono descritti dalle più spietate analisi sociologiche che seguo costantemente.
Forse sono proprio queste le “minoranze in stand–by….nell’attesa di tempi nuovi”, di cui il Censis (vedasi la presentazione: Fenomenologia della società impersonale) sospetta (e spera) l’esistenza. Ma, come che sia, queste minoranze profondamente difformi dalle maggioranze, questi spessori umani e civili, secondo me esistono, e, ne sono certo, anche ben al di là del mio reach relazionale (ed affettivo). E, a giudicare da certi loro silenziosi operare, dai loro sforzi costanti per capire e costruire, sono vive e vegete, non ostante il contorno; e spesso, quotidianamente fanno, senza clamore, da fattivo ed instancabile lievito in molte situazioni per altri, talora sconosciuti, difficilissime.
Di fronte ad esse il mio “pessimismo” sociale si sente colpevole ed irriconoscente ( e, di qui, il mio mea culpa);il fatto è, però, che ancora non vedo come questa minoritaria  vivacità intellettuale ed umana, questa riserva  di civiltà sociale, possa essere messa a frutto per "risanare" la "mucillagine" maggioritaria, come si possa risalire la china del depauperamento culturale ed antropologico sulla quale ci siamo avviati. Certo, so bene che dieci "giusti" possono salvare un'intera comunità bacata (Gen., 18, 20 e segg.); il fatto è, però, che, oltre a non vedere molti Mosè in giro, non vedo nemmeno molti Abramo, disposti a sfidare la giustizia di Dio impugnando la bandiera di quella limitata comunità di giusti.
L'unica cosa che mi pare politicamente sensata, per ora, è quella di far mancare il consenso ad ogni movimento o partito di massa: occorre decostruire questa macchina infernale che ci sta macinando. E innaffiare di cure (e di affetto) questo “resto” della società che deve salvarsi e che può salvarla.
Roma, 27 giugno 2013




martedì 25 giugno 2013

Minoranze 'in stand-by'

Censis IV
(di Felice Celato)

Si è concluso oggi il ciclo di presentazioni del Censis di cui abbiamo parlato più volte questo mese. Ferma la solita raccomandazione (leggete il documento scaricabile dal sito www.censis.it!), per non appesantire ulteriormente il mood di questi giorni, mi limiterò, stavolta, a citare qualche numero che fa pensare (con qualche letterale citazione dei commenti): l’Italia ha, dopo la Romania, il più basso numero di laureati in Europa (il 13,8%),   il 54% della sua popolazione legge meno di un libro all’anno, solo il 20% degli Italiani “possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua Italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale  quotidiana” (“una società afasica, che non ha cultura sufficiente, non ha sufficiente istruzione”); ma è il terzo paese al mondo per numero di interventi di chirurgia plastica (“il narcisismo di massa”) e il quarto in Europa per fatturato di videogiochi, quelli “per adulti” crescono, in periodo di crisi, in ragione del 15-18% all’anno (“gli adulti regrediscono in una perniciosa indistinzione di ruoli generazionali”); in Italia aprono 4 imprese specializzate in tatuaggi a settimana e il giro d’affari del settore è dell’ordine degli 80 milioni l’anno (“in fondo, un grido afono per esistere”).
Chi volesse farsi un’idea della qualità della cosiddetta “opinione pubblica” Italiana (che così bene orienta l’azione dei politici, vedasi Stupi-diario di ieri), ha di che riflettere (il commento è mio).
Una nota di speranza: nella società degli inconsapevoli, forse “potrebbero esserci minoranze vitali che sono andate in ‘modalità stand-by’ per non affondare nella mucillagine, nell’attesa di tempi nuovi”. Vi sorprenderà, ma io sono convinto che ci sono (e che non dormono).

Roma 25 giugno 2013

lunedì 24 giugno 2013

"Mala tempora currunt"

Pensieri neri
(di Felice Celato)
So benissimo di non possedere (almeno per quel che riguarda la vita civile di questo Paese) un approccio…molto speranzoso; perciò mi abbandono senza rimorsi a qualche previsione non proprio “ottimista”, certo che i pochi (ma amati) lettori di queste note non se ne sorprenderanno.
Dunque, secondo la mia visione, stiamo per entrare in un nuovo periodo molto buio (senza essere usciti da quello appena precedente); e provo a sintetizzare le ragioni di questa (secondo me facile ma dura) previsione.
Contesto politico: il Governo mi pare inadeguato a guidare un’uscita dalla crisi; e ciò non per l’insufficienza degli uomini che lo compongono (alcuni dei quali senz’altro di grande qualità) ma per l’inadeguatezza culturale dei partiti che (fino ad oggi, 24 giugno) lo sostengono (da domani, vedremo). Il PD non ha ancora capito dove vuole stare e non riesce a parlare il linguaggio della verità e della responsabilità coi suoi (declinanti) elettori; il PdL pensa solo al proprio posizionamento elettorale (o a quello giudiziario del proprio leader), talora “sparando” grossolane stupidaggini e spesso alimentando una fronda mediatica di destra che (pericolosamente) le supporta. Le scelte congiunte fatte fino ad oggi sono state quasi tutte nel senso del rinvio dei problemi e delle sospensioni decisionali; e, comunque, per opinione comune degli osservatori liberi da vincoli ideologici, largamente sottodimensionate rispetto all’imponenza e all’urgenza dei problemi che abbiamo difronte. Dalle opposizioni non c’è nulla da aspettarsi o per insufficienza di preparazione o per predominanza di retoriche favolistiche.
Contesto economico: la crisi economica morde sempre più in profondità, colpendo anche le categorie più professionalizzate e l’imprenditoria più vivace, in particolare quella minuta (commercianti, piccoli imprenditori, etc). I sindacati – ora riallineati nel senso vacuamente rivendicativo che ha caratterizzato l’ultima manifestazione “unitaria” – rappresentano solo i pensionati e le classi più protette (generalmente le più anziane) del mondo del lavoro. L’imprenditoria nazionale restringe il suo impegno, quella internazionale è messa in fuga dalla complessità (eufemismo!) del Paese.
Contesto finanziario: aspettiamoci (quanto meno) un rialzo dei tassi (già iniziato in questi ultimi giorni) e del famoso “spread”. Un solo punto percentuale in più sui 300 e passa miliardi di € in scadenza nei prossimi 12 mesi, da solo vale 3 miliardi di € di maggior deficit e di maggior debito. La “macchina fiscale” è in affanno da impopolarità (e certe sue scelte operative la giustificano anche) mentre la tassazione è diventata opprimente.
Contesto sociale: il declino antropologico non sembra arrestarsi, la moltitudine sola ma senza solitudine e senza personalità non sembra in grado di arginare lo sfarinamento del tessuto connettivo del paese. Troppe sciocchezze circolano nella “pubblica opinione” mietendo temporanei ma vigorosi successi. Le reazioni dei mondi più ricchi di valori umani e culturali (che, pure, ancora ci sono!) è debole ed isolata, non riesce a “quagliare” una visione dell’impegno civile che vada oltre lo sforzo individuale e silenzioso.
In sintesi: i problemi che dobbiamo affrontare soverchiano largamente le possibili soluzioni che riusciamo a mettere in campo, nell’attuale contesto politico, economico e sociologico. Occorrono una determinazione, un pragmatismo, una libertà di pensiero esente da vincoli ideologici, una visione di lungo periodo ed una capacità di coagulare attorno ad essa le migliori forze del paese; occorrenze che, tutte insieme, non sembrano alla portata del contesto in cui viviamo.
Ricette: non ne vedo, senza un profondo rivolgimento della nostra governance, peraltro non esente da rischi nel depresso contesto culturale che viviamo.
Speranze: forse mi sbaglio!

Roma, 24 giugno 2013

Stupi-diario politico

Il corto-circuito
(di Felice Celato)
Leggo, virgolettata sul Corriere della sera di oggi, questa stupefacente dichiarazione della nostra Ministra dell'Agricoltura (pardon, delle Politiche Agricole): "Non ci saranno mai sperimentazioni di piante Ogm in campo aperto, ma solo in laboratorio. In politica bisogna avere il coraggio di fare scelte nel rispetto del volere della gente e gli Italiani, dicono i sondaggi, sono contrari alle piante geneticamente modificate". 
E prima: "Faremo un decreto a tre firme, credo la pensino come me (immagino gli altri attesi firmatari, NdR), almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni. L'Europa lo potrebbe impugnare, è vero, e ci esponiamo ad una violazione delle regole comunitarie, ma...etc".
(Le sottolineature sono mie, ovviamente; il mio commento si ferma ad esse e, se si vuole, prescinde anche dal merito).
Roma 24 giugno 2013

martedì 18 giugno 2013

Vie d'uscita?


Censis III
(di Felice Celato)

Avendo mancato (per impegni di lavoro) l’annunciato appuntamento con la terza presentazione del Censis (Il primato dell’opinione nella comunicazione orizzontale, nell’ambito del “percorso” La società impersonale, di cui a precedenti post) non sono in grado di raccontare i commenti di De Rita che, di solito, costituiscono la sintesi più efficace della presentazione del suo istituto di ricerca.

Perciò, nel raccomandare, come altre volte, la lettura integrale del documento presentato (scaricabile da www.Censis.it), mi limiterò ad un semplice commento, usando solo poche delle sconsolanti considerazioni degli analisti.

L’autentica rivoluzione in atto nel mondo della comunicazione (“la comunicazione è diventata un terreno d’elezione per l’esercizio della microsovranità individuale” trasformandoci in “una moltitudine di persone senza personalità” in cui l’individuo “si ritrova in avvilente solitudine” esposto al rischio di “un solipsismo “ fatto di “autoreferenzialità”, di “un conformismo” aperto senza rimedio al “populismo”, dove “gli elementi emotivi hanno la meglio su quelli cognitivi”, “la reazione immediata come riflesso condizionato…ha il sopravvento sulla riflessione mediata di tipo intellettuale….,la percezione del reale….prende il posto della elaborazione del proprio essere nel tempo”) mi porta a temere che stiamo vivendo un’esperienza che non riusciamo a padroneggiare, dalle conseguenze che potremmo non riuscire a contenere. Non sono affatto, beninteso, un dispregiatore o un sottovalutatore delle enormi potenzialità cui internet ci ha aperto; solo mi domando se, in cambio di queste, non abbiamo già fatto una pericolosa rinuncia a dominare le pulsioni che tali potenzialità attivano. La via d’uscita (che certamente ci sarà) per ora non la vedo.
Roma, 18 giugno 2013