I
fratelli Ashkenazi
(di Felice Celato)
Nell’intento (spesso frustrato) di astrarmi
dall’onanistico “parlare del
parlare” che occupa gran parte del tempo pubblico (che dovrebbe invece
essere impiegato “per fare il da fare”), mi sono immerso per diversi giorni nella
corposa lettura di un romanzo (I fratelli
Ashkenazi, ancora di Israel Singer, Bollati Boringhieri editore) che, per
la verità, si sarebbe dovuto leggere prima de La famiglia Karnowski – vedi post Segnalazioni del 5 maggio – che ne costituisce, in qualche modo, il seguito
storico.
La storia, anzi, le storie raccontate da Israel Singer
nel libro sui fratelli Ashkenazi coprono infatti il secolo che finisce con i
postumi della prima guerra mondiale (dove, più o meno, cominciano le vicende
della famiglia Karnowski) e hanno per protagonisti quegli stessi ebrei polacchi
dai quali fuggiva appunto David Karnowski all’inizio dello stupendo romanzo cui
la sua famiglia dà il nome.
Si tratta come accennavo di un libro estremamente
corposo, oltre 750 pagine, che stroncherebbe qualunque lettore se il narratore
non fosse quel maestro del genere che è Israel Singer e se l’ambiente e il
periodo narrati non fossero di straordinario interesse culturale e storico.
Il tessuto drammatico del minuzioso racconto sta tutto
nella parabola dell’ascesa borghese dei gemelli Ashkenazi, due fratelli ebrei
polacchi, estremamente diversi fra loro e fieramente contrappostisi durante
tutto il corso della loro vita, che si
“ritrovano” come veri fratelli nel doloroso epilogo, connotato dai versetti del
libro di Giobbe e da un senso dolente della storia umana (e di quella della
cultura ebraica in particolare) e della fragilità dei confusi destini terreni
dell’uomo.
Una lettura, dunque, che mi sento di raccomandare a tutti
i “forti” lettori appassionati di questi temi e di questi ambienti affascinanti; suggerirei
però a chi si avvicina a Israel Singer di mantenere l’ordine inverso di lettura
che – casualmente – mi sono dato perché l’approccio con questo autore parta dal
quello che è, per me, il suo capolavoro (La
famiglia Karnowski).
Ora, per qualche tempo (finché nuova nausea non
sopraggiunga), riprenderò la lettura dei giornali, certo che, nel frattempo,
tutti quelli che in campagna elettorale (e non solo) dicevano di sapere che
cosa era “centrale ed urgente”, vi
abbiano posto mano con quella stessa sicurezza di linea che sembravano avere in
mente quando parlavano: ora che non ci sono più i “tecnici” sicuramente i
politici sapranno cosa fare!
Roma, 14 giugno 2013
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