martedì 23 agosto 2022

" Fiscalizzare la realtà"

L’induzione al pensiero politico-onirico

(di Felice Celato)

Preso da cure di altro genere (nel senso latino di curae, preoccupazioni, affanni; che però va bene anche in quello italiano, in senso propriamente medicale) ho trascurato, ormai da un mese, di seminare qui qualche spunto di conversazione asincrona coi miei amici lettori. Eppure, la “campagna elettorale”, con tutte le sue (pericolose) follie, avrebbe offerto molti spunti per comunicare – ove mai ve ne fosse bisogno – la tristezza alimentata dal nostro presente.

Senza entrare nel dettaglio delle grossolanità che ci tocca sentire e leggere ogni giorno (dalle dentiere gratuite per le nonne, alle pensioni più alte e più precoci, alle assunzioni pubbliche in ogni possibile ganglio dello stato, alle defiscalizzazioni di tutto ciò che è “immaginabilmente”  defiscalizzabile, alle tassazioni piatte, spesso - naturalmente – senza alcuna esplicita enunciazione dei necessari correttivi per mantenere l’assetto progressivo dei dettami costituzionali in materia fiscale, ai “ristori” di ogni genere per venire incontro “ai veri bisogni degli Italiani”, etc), vorrei però soffermarmi su un tratto di queste grossolanità che in qualche modo ne accomuna molte, un tratto che affonda le sue radici nella “cultura” di qualche nostrano decennio più recente, frutto di quella diffusa statolatria di cui abbiamo più volte parlato: la proclamazione – o, almeno, lo “spaccio” a fini elettorali di seduttive induzioni al pensiero politico-onirico – che la dura realtà di questi tempi possa, essa stessa, essere “fiscalizzata”, cioè trasferita nel limbo dell’incoscienza e dell’irresponsabilità, dove per tutto c’è un rimedio a spese di qualcun altro, cioè di quel pozzo di san Patrizio che a molti può apparire il debito pubblico (che, nell’assunto degli “spacciatori”, è debito di nessuno).

Non voglio dire – non ne avrei gli elementi – che queste “fantasticherie strane” siano dietro ad ogni inevitabile “promessa elettorale”; in fondo, dicevamo appunto un mese fa, è necessario che durante la campagna elettorale, accanto alla parte ideologica di ogni proposizione politica, sussista una parte più specificamente programmaticaintesa come il complesso delle concrete azioni destinate ad incarnare le finalità che si intendono perseguire, in proclamata coerenza con quella parte ideologica che viene, appunto, proposta.

Ma, a parte che non mi rassicurano affatto molte di tali premesse ideologiche (sento circolare concetti e parole novecentesche  che mi fanno rabbrividire), il diffuso programma di fiscalizzare la realtà (cioè il programma di trasformare ogni evidenza del reale che postuli faticosa – e talora dolorosa – gestione, in un qualcosa di gelatinoso che può, anzi deve, essere trasferito a carico del bilancio pubblico, per modo che ogni cittadino venga posto al riparo dalla realtà) mi pare – oltreché improponibile nelle condizioni date – anche altamente diseducativo; cioè destinato ad alimentare il convincimento popolare che la politica possa fare de nigro album (per usare a rovescio il vecchio brocardo sulla res judicata che – notoriamente – può fare de albo nigrum), cioè rendere bianco ciò che è nero.

L’equilibrio del mondo, in questo tempo assai poco rassicurante, è soggetto a dinamiche (geo-politiche, economiche e finanziarie) che, purtroppo, non possono non avere effetto sulla vita di tutte le cittadinanze (si pensi solo alla crisi energetica); e il buon governo di ogni paese è chiamato ad affrontarle, nella limitata incidenza di ogni singolo paese, con equilibrio, fatica e sudore, intense capacità di gestione, di dialogo e di cooperazione, senza strappi ideologici fuori del tempo, con la massima, ragionevole vicinanza alla propria cittadinanza, che, tuttavia, non illuderà di potersi preservare dalla tempesta, senza che alcuno scroscio di pioggia – anche abbondante – possa bagnarne la messa in piega.

La realtà non è purtroppo “fiscalizzabile”. Capisco che, in campagna elettorale, non sia facile dire la verità ad un popolo che si è lasciato abituare alle illusioni e alle menzogne, che anche è avvezzo (per lunga esperienza) a riconoscerle nel tempo, ma che in fondo se ne lascia nutrire proprio davanti alle urne. Ma se l’induzione al pensiero politico-onirico può aiutare a “vincere” una competizione elettorale, certamente, alla lunga, non contribuisce a rinsaldare il funzionamento di una democrazia (sperando che sia da tutti veramente desiderato).

Roma 23 agosto 2022