giovedì 31 gennaio 2013

Letture


Due segnalazioni
(di Felice Celato)
Sempre per tenerci fuori (almeno in questa sede) dalla bagarre civile (meglio sarebbe dire: incivile) di questi tempi, segnalo due letture fuori del tempo.
La prima è Piccolo manuale della speranza, di Carlo Maria Martini (Giunti): come molte opere del Cardinale pubblicate in questi ultimi mesi, anche questa è collettanea, nel senso che è composta di varie predicazioni raccolte insieme attorno ad un tema, stavolta quello difficilissimo della speranza, ma non sempre – per la verità – ben collegate fra loro.
Eppure tutte insieme trasmettono un messaggio “fedele”, cioè caratterizzato da una fede profonda che si comunica, più che con argomenti teologici, con percorsi di riflessione e di lettura dei testi sacri, di straordinaria intensità pastorale.
Particolarmente emozionante, fra le altre, mi è sembrata la lettura di Isaia 60, 1-6, dove il tema che viene suggerito (è questo lo stile del Cardinale) è quello della luce (Alzati, rivestiti di luce perché viene la tua luce) e della sua dimensione "apostolica": siamo anche noi, come la Gerusalemme del profeta, chiamati a rivestirci di luce, ad alzarci e a guardarci intorno illuminati, per essere, a nostra volta, una piccola sorgente di  luce.
Un libro da leggere, lentamente; magari cercando nella memoria quegli uomini e donne dotati di questa speciale luminescenza interiore che forse, nella nostra vita,  abbiamo anche avuto la ventura di incontrare.
La seconda segnalazione è invece di ambito culturale ebraico: Il Golem, di Isaac B. Singer (Salani); una leggenda bella (quella del mito del Golem, il gigante di argilla che di tanto in tanto si leva per soccorrere gli ebrei), una favola adulta, piena di una speciale fede nella vita, tenace  e quasi allegra.
Leggerlo è un piacere, questo piccolo libro corredato di qualche disegno, che conferma la straordinaria maestria narrativa di questo ebreo polacco e poi americano (premio Nobel per la Letteratura nel 1978): anche quando narra una fiaba, Isaac Singer lo fa con una capacità di raccontare ed avvincere che forse affonda le sue radici nell’atavico culto della narrazione, tipico della tradizione ebraica. In fondo che cos’è la Bibbia se non un lungo, affascinante racconto del misterioso rapporto fra l’uomo e Dio, nel tempo?
Anche Il Golem può sostituire egregiamente, per una sera, un talk show televisivo riempito di pompose banalità proclamate come fossero grandi idee (di piccoli uomini).
Roma, 31 gennaio 2013

martedì 29 gennaio 2013

Stupi-diario elettorale /3


Il gioco del 15
(di Felice Celato)
Molti di noi, ne sono sicuro, quelli più anziani soprattutto, ricorderanno un passatempo divertente che – dalle mie parti – si chiamava il gioco del 15 (io ne ero, lo confesso, un vero appassionato).
Entro una cornice di plastica c’erano 15 piastrine quadrangolari, ciascuna con un numero scritto sopra (da 1 a 15): il gioco consisteva nel riordinare i numeri in forma progressiva muovendo le piastrine, all’interno della cornice, in orizzontale e in verticale fra le 16 posizioni disponibili (15 occupate ciascuna da una piastrina e una sedicesima libera, per manovrare).
Bene.
Ci penso spesso a questo divertente giochetto ogni volta che – pieno di speranza – mi accingo ad ascoltare un politico che, sempre spero, abbia il senso della realtà e l’amore della verità.
La politica di oggi, nelle condizioni date (mondo largamente deideologizzato, sovranità nazionali limitate, libertà di movimento dei capitali, dei beni e dei servizi, pressione commerciale dei paesi emergenti, etc), dovrebbe consistere in una specie di grande gioco del 15: per mettere prima una piastrina, ne devo muovere un’altra e se sposto questa ne devo quasi certamente muovere un’altra, il tutto nella cornice data che, nella metafora, rappresenta la limitatezza delle risorse finanziarie.
Non ostanti le mie speranze, sono molto rari i politici che nel promettere un’azione dicono con chiarezza quali altre azioni (le piastrine del gioco) vogliono posporre, per posizionarle dopo l’azione che magari vogliono mettere per prima: se metto nello spazio 1 la piastrina 1, devo mettere la 2 (che prima occupava arbitrariamente lo spazio 1) nello spazio 2, e così via, in un ordine di priorità che incarna la più ardua delle incombenze della politica: la selezione delle priorità.
Le priorità non esistono (quasi), nel linguaggio dei politici in campagna elettorale: tutto è prioritario (a seconda dell’uditorio), nulla è secondario o terziario. Forse, per loro, la cosa migliore sarebbe avere un gioco del 15 con piastrine tutte recanti il numero 1. Sarebbe noioso, ma a loro piacerebbe.
Roma  29 gennaio 2013

mercoledì 23 gennaio 2013

Thè e pasticcini


Pensieri cupi
(di Felice Celato)
Fra i miei amici più cari, ce n’è uno (anche antico) col quale mi trovo in piena consonanza, sempre, direi, ma soprattutto quando c’è da pensare male del nostro futuro. E’ bastato un thè insieme per far coagulare una serie di non nuove percezioni che ci inducono, tutte insieme, a veder nero.
Che la campagna elettorale sia quasi sempre una Hobbesiana occasione di “bellum omnium contra omnes” (guerra di tutti contro tutti) non è certo una novità; pur avendo scelto, per un certo qual rispetto della auspicata decenza del luogo, di non occuparcene in questa sede (salvo che per qualche spigolatura da Stupi-diario), non posso però astenermi dal notare come gli umori che suscita abbiano un sentore solfureo, che ben si associa al diffuso sentimento collettivo che traspare ogni volta che si ascoltano, in radio o in televisione, opinioni diffuse e commenti mediatici.
L’Italia – convenivo col mio amico – è ormai  diventata una bolgia di asti, di rancori sordi e ciechi ma furiosi, un luogo di profonda dis-cordia e di radicale disprezzo reciproco, dove la ragione e il pensiero competente non trovano ascolto alcuno né dialogo in cui dispiegarsi, travolti dall’urgenza di opinionismi dissennati e distruttivi, commerciati da media irresponsabili, che, celati dietro l’apparente usbergo della cronaca o del “documento-verità”, fanno strame di ogni ruolo di critica guida dell’opinione pubblica, dando voce a borborigmi osceni purché carichi di effetto. Diceva il mio amico che i mostri che andiamo creando (anche in politica) sono i figli di questo modo di comunicare  (ed io che questo modo di comunicare è forse il figlio di quello che siamo diventati); ed insieme, dicevamo che esistono pure (come è ovvio) delle lodevoli eccezioni, che si contano magari sulle dita di una mano fra l’affollato protendersi di mani volte in alto per deprecare.
Ora, in questa temperie, gli Italiani andranno a votare, forse più che per qualcuno contro qualcuno.
Ma dopo? Quando l’ordalia elettorale si sarà consumata, non si sarà forse anche ulteriormente consumato il senso di una (già compromessa) convivenza civile? Non si saranno forse anche vaporizzate, nei sogni degli imbonitori, un po’ delle residue energie necessarie per affrontare i problemi che abbiamo e che ben volentieri dimentichiamo?
Il panorama del Paese è cupo, l’Europa appare fragile, la ripresa difficile e lenta, quella svalutazione interna che è il succedaneo delle vecchie svalutazioni monetarie nessuno vuole considerarla (si veda l’articolo di Fubini sul Corriere del 18 gennaio) e nemmeno capirla, la situazione del Sud è drammatica, quella istituzionale veramente preoccupante (persino i magistrati si ribellano alla legge, vedasi il caso Taranto), la burocrazia soffocante ed autoreferenziale, la classe dirigente che si appresta a vincere le elezioni ricca di apparatchik, le aree di povertà crescono, le risorse sono estenuate, le riforme vere – quelle che incidono sulla spesa e sul respiro economico del Paese –  sono difficili da digerire.
Tutti gridano, tutti additano “clamorose” colpe degli “altri” senza riconoscere le proprie, nelle quali ci si incista attribuendosi ridicole corone del giusto. Ogni possibile pensiero collettivo si sfarina in un dilagato danno antropologico. Il cumulo dei problemi sembra soverchiare largamente la nostra capacità di risolverli (come, col mio amico, un tempo dicevamo di una certa situazione che abbiamo vissuto insieme).
Così pensavamo, domenica scorsa…. mentre mettevamo in bocca i delicati pasticcini che contornavano il thè.
A distanza di qualche giorno dal piacevole incontro rigenerante, mi viene un ulteriore pensiero dedicato alla nostra povera Italia: i pasticcini stanno per finire.
Roma 23 gennaio 2013

venerdì 18 gennaio 2013

Letture


Tre segnalazioni
(di Felice Celato)

Dal punto di vista delle letture (l’unico, forse) il 2013 è cominciato bene; così mi affretto a segnalare tre libri che mi sento di raccomandare ai cultori delle buone pagine scritte.
Il primo è un’opera non recente di Amos Oz (è di quasi vent’anni fa) che finora mi era sfuggita: Una pantera in cantina (Feltrinelli). Narra la storia di un’amicizia fra un fantasioso ragazzino ebreo ed un soldato inglese al tempo del Mandato britannico sul nascente Israele. Si tratta di una vicenda delicata, scritta con ironia e buon gusto, che si lascia leggere con grande piacere.
Il secondo è, invece, un romanzo più corposo della scrittrice inglese Muriel Spark (Memento mori, Adelphi) scritto con ironia tutta british e padronanza della tecnica narrativa: alle vicende intricate e anche un po’ squallide di vecchi e vecchie inglesi della ricca borghesia fa da sfondo (anzi è il vero protagonista della storia) un  senso disincantato della vita e della decadenza senile, certamente triste ma trattato con leggerezza non priva di profondità (anche psicologica).
Il terzo, infine, è un libro più “tosto” ma straordinariamente interessante (Emmanuel Carrère, Limonov, Adelphi) sia per la tecnica narrativa sia per il contenuto. Si tratta di una specie di biografia di un autore russo contemporaneo (appunto Eduard Limonov) dal profilo umano molto complesso, un po’ teppista, un po’ esaltato, un po’ carogna, un po’ cultore di una forza interiore che spesso attinge. Le sue tormentate ed avventurose vicende, fra letteratura e confusionario movimentismo politico, attraversano buona parte della storia della Russia negli ultimi 50 anni che Limonov incrocia sempre con rabbia e spirito eversivo, quasi mai con coerenza; e per questo la sua biografia finisce per essere un’occasione per raccontarla, questa storia dei passaggi dall’URSS di Krusciov fino alla Russia di Putin, così come la vede uno scrittore, l’autore, profondo conoscitore di quel mondo (per ragioni familiari) e delle sue complicate convulsioni. La tecnica narrativa, che più sopra definivo interessante, si articola su un piacevole miscuglio di fedeltà biografica, di immaginazione e di continue incursioni nella vicenda stessa della narrazione, ispirata da incontri presumibilmente veri fra il narratore e il narrato e da memorie parallele  dell’autore stesso. Dunque, direi, una biografia in vita, scritta da un biografo non distaccato, oscillante fra l’antipatia e la simpatia per il soggetto della narrazione.
Il libro è corposo (350 pagine molto fitte) ma non stanca e non annoia mai. Non ostante la diffidenza che ho spesso verso i libri dal largo e recente successo, mi sento di raccomandare vivamente il Limonov di Carrère, non foss’altro per ripercorrere tratti di una storia contemporanea che ci è passata incredibilmente vicina.
Roma 18 gennaio 2013

lunedì 14 gennaio 2013

Stupi-diario elettorale/2


Italiani, siate seri!
(di Felice Celato)

Abbiamo già ricordato (post del 10 luglio u.s.) questo memorabile discorso in tre parole rivolto da Garibaldi ad una torma di romani sgangheratamente plaudente.
Guardando al numero delle liste depositate in vista delle elezioni (215!) verrebbe voglia - disperatamente - di rinnovare l’invito agli Italiani di oggi: il range delle "proposte" è vasto, da "Forza Roma" a "Forza Lazio", a "No Chiusura Ospedali" a "Liberi da Equitalia", etc.. 
Che dire?
La cosiddetta società civile, se di questo si tratta, sembra per lo più aggregarsi o in esperimenti di pedagogia politica (votati magari a successi limitati, perché “la politica è un’altra cosa”) o in maniera ancillare nei residui partiti di una qualche consistenza, per ivi fungere da foglia di fico degli apparati (ne scrive con lucido disincanto Galli della Loggia sul Corriere della sera di oggi) o - e questo è il caso delle 215 liste - in maniera caotico-provocatoria, rivelando forse più un intento ludico-istituzionale che non un'autentica pulsione civica.
E questo può anche essere il frutto di un’indomita tendenza al guizzo d'effetto, alla smodata inopportunità, al lazzo rumoroso e beffardo (l’Italicum acetum) anche nelle cose più serie; ma può ben anche essere il frutto di una grave insufficienza etico-culturale del Paese, dove purtroppo - come nota, lapidario, sempre Galli della Loggia – “qualunque idiozia, purché di moda, può contare su adesioni quasi unanimi".
E' vero, come scrivevano gli antichi latini, che "satura tota nostra est", alludendo alle origini latine della satira come genere letterario; ma, come pure dimostrano le troppe trasmissioni televisive e radiofoniche di sgangherata comicità finto- satirica, anche qui siamo capaci di esagerare: e non è solo problema di linguaggio, che pure esiste; ma anche e soprattutto un problema di ambiti e di tempi: così “fa successo” la gag televisiva di un ex Presidente del Consiglio che pulisce vistosamente la sedia su cui sedeva un suo contraddittore (sicuramente eccessivo anche lui), quasi come se non sia in discussione, in questo momento, il futuro di un intero Paese ma il ruolo di primattore in una compagnia di giro; e, invece, nessuno si interroga come sia possibile immaginare un futuro per una regione dell’Europa che spende per interessi più di quanto spende per l’istruzione dei suoi giovani.
Riconosciamolo: la misura non ci è propria (nemmeno quando proprio dovremmo e, come direbbe Primo Levi, se non dovremmo ora, quando?); e forse non ci è proprio, da qualche tempo, nemmeno il senso della realtà.
Roma,14 gennaio 2013

giovedì 10 gennaio 2013

Stupi-diario elettorale

Candidati
(di Felice Celato)


Leggo sui giornali e un po' stupisco, un po' mi diverto:
  • il PD candida un anziano intellettuale operaista, Mario Tronti, una figura personalmente, credo, molto rispettabile: 82 anni. Insieme però candida anche Yoram Gutgeld, un senior partner della società di consulenza americana McKinsey (lo conosco personalmente e lo stimo molto). Poi (credo) Bersani farà la sintesi.
  • Vendola accusa con asprezza Monti di essere “massone”: peccato, lo sapevo (Vendola) giustamente contrario ad ogni discriminazione, di qualsiasi genere.
  • Storace “boccia” la candidatura della Lorenzin (siamo nell’ambito della competizione per la regione Lazio): “è poco conosciuta nella regione e questo, secondo me, è un handicap”. Sicuro che, invece, nel Lazio, l'essere poco conosciuti non sia un vantaggio?
Roma, 10 gennaio 2013


venerdì 4 gennaio 2013

Verso la campagna elettorale/3


Un possibile metodo di giudizio
(di Felice Celato)
Non è ancora ufficialmente cominciata, questa campagna elettorale, che già mi sale il disgusto per la povertà degli argomenti e per la rozzezza dei non-argomenti che vengono posti difronte agli elettori. Pertanto, con questo post, si chiude, in questa sede, l’attenzione al tema; attenzione che, naturalmente e doverosamente, resterà viva invece in ciascuno di noi e magari farà oggetto di ravvicinate discussioni e polemiche fra amici con diverse visioni, ma che terremo fuori dal blog per seguitare a respirarvi un’aria – se possibile e come spero – più raffinata (ci riserviamo solo il “diritto” a qualche inevitabile eccezione per gli spunti che il contesto – ne sono sicuro – non mancherà di offrire in abbondanza per il nostro “stupi-diario”).
Prima di salutarci per questo silenzioso periodo di…..immersione sotto la superficie del “politico”, volevo però proporre un metodo di ragionamento che (in linea con quell’avvinghiamento all’intelligenza che raccomandavamo qualche giorno fa nella prima di queste note “Verso la campagna elettorale”), mi parrebbe utile per orientare ciascuno per proprio conto le proprie libere ed insindacabili scelte di voto.
Dunque: l’Italia ha oggi (13° anno del terzo millennio d.C.) due macro-problemi da affrontare: (1) quello del suo enorme debito pubblico (2000 €mil.di) che ormai, a torto o a ragione, viene giudicato insostenibile non solo per il suo rapporto col PIL ma anche per la massa di interessi che genera (circa 80 €mil.di l’anno, pari, grosso modo, all’intera spesa per l’istruzione del Paese); e  non solo dall’Europa (che poi siamo noi) in ragione della sua anomalia intra-europea ma anche dai mercati che ne detengono circa il 30% (circa 600 €mil.di pari a poco più della somma fra il PIL Greco e il PIL Belga) ; (2) quello della sua enorme perdita di competitività, accumulata in molti anni e ora resa più drammatica dal fatto di non avere più a disposizione la leva del debito pubblico (o delle svalutazioni) per occultarla o contrastarla.
Tutti gli altri problemi anche gravissimi che abbiamo sul piano economico (prima di tutti quello della disoccupazione, in particolare giovanile; quello della crescente indigenza e quello della insufficienza  del nostro welfare) dipendono dai macro-problemi che abbiamo (brutalmente e sommariamente ) sintetizzato. E, per certi aspetti che qui sarebbe lungo enumerare, pure ne dipendono quelli che abbiamo sul piano istituzionale.
Per risolvere il primo macro-problema occorrono tasse o tagli di spesa o vendite di patrimonio; per risolvere il secondo (non potendo stimolare l’economia con investimenti pubblici, a causa del vincolo finanziario di cui abbiamo appena detto) occorrono dismissioni e liberalizzazioni e privatizzazioni di interi settori della Pubblica amministrazione (in senso lato) per stimolare l’economia; ovvero – se il vincolo finanziario ce lo consentisse (ma così per ora non è)  – riduzioni di imposte per stimolare la domanda interna.
Se questa è la situazione hic et nunc, come credo, sia pure nella sommarietà della sintesi, nel valutare le proposte politiche che (forse!) ci verranno poste dinnanzi nella campagna elettorale abbiamo una sola strada (scartata quella delle evidenti e grossolane baggianate, tipo: uscita dall’Euro, default pilotato et similia): dovremo – sempre secondo il mio debole parere – valutare chi più ci sembra adeguato alla sfida vitale che dobbiamo affrontare per il bene dei nostri figli; e la misura di questa adeguatezza possiamo trarla (a) dalla coerenza di ciò che ci viene proposto e dalla sua idoneità a risolvere i problemi di cui soffriamo; (b) dalla storia personale e culturale di chi fa la proposta; (c) dalla sua conoscenza dei problemi; (d) dalla impostazione generazionale della sua lungimiranza;(e) dalla sua affidabilità e credibilità internazionale ( nessun problema è più, oggi, solo nazionale).
Il resto è, sempre hic et nunc e secondo il mio sempre debole parere, fiaba o noia.
E, per ora e per almeno 50 giorni, per quanto mi riguarda (in questa sede) de hoc satis.
Roma, 4 gennaio 2013