martedì 15 aprile 2014

Anniversario

.....con pausa di riflessione
(di Felice Celato)
Siamo arrivati al terzo anno di queste "conversazioni asincrone", come ho chiamato questo piccolo esercizio di (poco più che)  settimanali lanci di considerazioni per la condivisione amicale e il privato commento, avviato, appunto, il 16 aprile del 2011.
Qualche numero mi farebbe pensare che sia stato un esercizio non sgradevole: quasi 14.000 "visite" nei quasi 1100 giorni di questo triennio appena decorso, fanno, più o meno, 12 accessi quotidiani, di cui - chissà perché - almeno uno al giorno su un post, "Confini/frontiere", evidentemente dal titolo fortunato e sufficientemente ambiguo da attirare attenzioni vaganti; seguono, significativamente, un paio di post sulla speranza, che, evidentemente, vaga anch'essa sulla "rete", ansiosa di risposte. Certamente per me, che amo scrivere più che parlare, è stato piacevole riordinare le idee attraverso la scrittura per "confidare" qualche pensiero su piccola scala. E tuttavia sento il bisogno di una sospensione ( vedremo poi se diventerà cessazione) del nostro quasi-pubblico chiacchierare di società, di libri, di politica e di qualche altra lepidezza.
Il perché è presto detto: mai come in questo periodo sento la fatica del commentare qualcosa con qualcuno: le parole mi sembrano tutte usurate, tutto il rumore dattorno (dei media, dei politici, del Governo e persino - lo dico con grande tristezza - della Chiesa) mi affatica, mi pare spesso…troppo arduo da commentare e mi fa desiderare il silenzio. Non totale, certo; non sto per rifugiarmi in un convento! E poi mi sono troppo cari e preziosi i pochi amici che nel tempo diminuiscono di numero e aumentano di qualità (e che magari davano buona parte della consistenza a quei numeri appena ricordati) per rinunciare a qualche chiacchiera con loro; ma ogni up-grading di tale privatissimo scambio mi appare, oggi, nel troppo clamore di tutto, una specie di inaudita partecipazione al troppo parlare. Possiamo usare la mail, fra noi, selettivamente e senza affollare l'aere di parole al vento, già offuscato da tanto pulviscolo. Del resto, fra noi possiamo anche usare senza vergogna qualche parola consunta dall'uso, se solo ci facciamo credito reciproco di qualcosa dietro alle parole. Un mio amico, che non brilla per ottimismo, definisce i presenti come "tempi pericolosi”, per la piega irragionevole che possono facilmente prendere le cose; e credo che abbia ragione. Sotto diversi aspetti, ne abbiamo già parlato, le parole sono parte importante di questa pericolosità e per questo, oggi mi pare, è bene contarle, anche in un luogo innocente come questo blog.
Magari, poi mi passa, questo scoramento; ma per un po', il silenzio mi pare un adeguato esercizio di virtù civica (mettiamola così!). A presto?

Roma, 15 aprile 2014

lunedì 7 aprile 2014

Medicine dell'anima

Milano

(di Felice Celato)

Arrivo a Milano tormentato da un'improvvisa rinite allergica. Telefono a mia figlia, che ne sa più  di me ( di allergie) e ricevo una ricetta via filo. Corro in farmacia e mentre il "robottino" cerca negli scaffali l'urgente medicamento, vedo sul banco a 2,90 euro, le "bacche del benessere". Con la mia (forse stucchevole) mania di fare lo spiritoso chiedo: "Io vorrei quelle della felicità". L'anziana farmacista mi replica: "Per quelle, signore, ci vuole la ricetta medica". La guardo interrogativo, pensando che stesse per consigliarmi un qualche psicofarmaco e lei completa: ".... e il medico sta solo dentro di noi".

Vale sempre la pena di fare un salto a Milano!

Mi sono però accontentato delle bacche del benessere, già è qualcosa.
Roma, 7 aprile 2014

domenica 6 aprile 2014

Riservato ai non laici

Domenicalia
(di Felice Celato)
Oggi ho ascoltato due omelie, per una serie di ragioni direi casuali, anche se io sono da sempre un appassionato del “genere” e – se fossero tutte belle – non esiterei a sentirmene anche tre: una, quella ormai per me classica di ogni domenica e che, sempre per me, ne costituisce il centro; un’altra, di uno sconosciuto predicatore, presumo gesuita (entrambe le omelie erano tenute al Gesù di Roma) che ha svolto una considerazione sul testo, che mi ha molto colpito.
La pericope odierna, come sanno tutti quelli che oggi sono andati a messa (suppongo, quindi, quasi tutti i miei lettori!) è il brano del vangelo secondo Giovanni sulla resurrezione di Lazzaro (11,1-44). Osservava il predicatore che Gesù, informato della malattia dell’amico, per dirla col nostro linguaggio, se la prende comoda (“si fermò ancora due giorni nel luogo in cui si trovava”, 11,6); poi decide di andare, sapendo già che Lazzaro era morto (11,14). Dunque, arrivato a casa del morto, non ci sarebbero state “ragioni” nuove per la Sua intensa commozione, notata invece esplicitamente dall’evangelista. Eppure Gesù si commosse profondamente (11,33 e 11,38). E’ consolante pensare, ha detto pressappoco il predicatore, che Gesù si sia commosso, starei per dire, più che per la morte di Lazzaro, per il dolore delle sue sorelle; consolante soprattutto per chi ha sperimentato (magari di recente) la tristezza dei lutti e la solitudine che lasciano addosso.

Roma, 6 aprile 2014

martedì 1 aprile 2014

Il forno a microonde

Waking-up
(di Felice Celato)
Italy is waking-up” (l’Italia si sta svegliando), scriveva un paio di giorni fa il Credit Suisse, in un rapporto sulle economie Europee.
Essendo avvezzo (moooolto più di molti giornalisti) alla lettura in generale, ed in particolare di documenti del genere, mi permetto, prima di svolgere alcune mie considerazioni sul....forno a microonde, di fornire qualche (magari non richiesta) chiave di lettura, specialmente rivolta a coloro che si indignano quando la lettura ci pare (per noi) sgradevole e si esaltano quando la lettura ci pare (per noi) consolante.
Gli analisti delle banche d’affari internazionali non sono né maghi né profeti: sono semplicemente dei lettori professionalmente informati (e, non sempre ma spesso, intelligenti) di dati tecnici largamente disponibili per chi li sa cercare e chiari per chi li sa considerare con freddezza; sanno ordinarli con metodo ed interpretarli con coerenza tecnica, guardando costantemente alle loro variazioni relative, nel tempo e nello spazio (cioè comparativamente col passato e con altre realtà rispetto a quelle di volta in volta considerate). A questo aggiungono poi delle valutazioni di mood, cioè di clima, di percezione, che in gran parte si ispirano al modo con cui le dinamiche che si leggono nei dati vengono appunto percepite nel paese di volta in volta osservato e, all’estero, sul paese osservato (in fondo l’economia e la finanza vivono anche delle percezioni che i dati suscitano, perché chi le fa muovere – l’economia e la finanza – nel bene e nel male siamo sempre noi uomini, con tutte le pulsioni, buone o cattive, che ci caratterizzano…..cfr. Caritas in Veritate,36).
Dal complesso di queste cose, poi, gli analisti delle banche d’affari traggono (personali) conclusioni – di solito caute – di aspettativa, di sentiment (come spesso dicono), previsioni di trend (di tendenza) e, magari, auspici e moniti.
Nulla di magico, dunque, nulla di esoterico; solo dati e “sentimenti”; e questi ultimi raccolti anche grazie alla quotidiana lettura della migliore stampa nazionale e internazionale.
Bene: se così è (e penso proprio che così sia), la sveglia che sembra suonata per “la bella addormentata” è il frutto di un mix di cose che faremmo bene a considerare obbiettivamente: l’Italia (o meglio: una parte dell’Italia), grazie a Monti (soprattutto) e a Letta ha fatto nei mesi passati qualche passo avanti nella consapevolezza dei propri problemi (pur fra tanto persistente becerismo) ed ha avviato con lentezza qualche corretta manovra di gestione di tali problemi, commettendo anche (inevitabilmente ma anche evitabilmente) qualche marchiano errore (primo fra tutti l’abolizione dell’IMU, frutto di un errato compromesso fra Letta e Berlusconi). Ora Renzi sta aggiungendo a tutto ciò una spinta propulsiva talora, secondo me, confusa ma certamente molto vivace ed in linea con la natura dei problemi e, soprattutto, con i sommari sentiments diffusi nel nostro abborracciato paese. E questo mi pare un bene, al di là di qualche impazienza che forse potrebbe essere meglio gestita ma che certamente comprendo, data l’urgenza e la vetustà di tanti nostri problemi dalla cui soluzione dipende il nostro futuro. Del resto, ciò che all’interno, ma soprattutto all’esterno dell’Italia, viene di noi percepito, è proprio la stagnazione del cambiamento, l’irresolutezza dei passi e l’eterna propensione alla diatriba (specialmente a sinistra).
A ciò, il Governatore della Banca d’Italia, ha aggiunto, l’altro giorno, considerazioni, ahimé!, antiche ma – di nuovo ahimé! – tuttora attuali, sulle resistenze di sistema alla vera modernizzazione del paese (i famosi lacci e lacciuoli tanto cari a Guido Carli, già trent’anni fa).
Anche da questo si capisce che, non ostanti i vaghi sintomi di risveglio, molti problemi restano e non occorre leggere quello che pensa il Credit Suisse (che pure lo dice molto chiaramente) per conoscerli: iper-regolamentazione del mercato del lavoro, tasse alte, burocrazia pletorica, incertezza del diritto, inefficienza della giustizia, instabilità politica, bassi livelli qualitativi e quantitativi dell’istruzione, etc..
Di fronte a questo complesso di “somme urgenze”, a mio avviso, ancorché io tema sempre le soluzioni precipitose, occorre guardare con necessitata speranza alle “torsioni” che il nuovo Governo sembra poter imporre al nostro rigido sistema, da tempo resistente ad ogni cambiamento; e ciò, lo ripeto, quand’anche tali torsioni contengano una dose (speriamo non eccessiva) di prevedibile sommarietà.
Del resto, diceva Winston Churchill, “nessun problema può essere risolto congelandolo”; e non c’è dubbio che la nostra politica abbia bisogno di un forno a microonde per lo scongelamento rapido! Che, riconosciamolo, non è sempre così benefico per le qualità organolettiche del cibo come una lunga notte di progressivo scongelamento; beninteso, quando si può attendere il giorno dopo per cuocerlo.
Roma 1° aprile 2014