.....con pausa di riflessione
(di Felice Celato)
Siamo arrivati al terzo anno di queste "conversazioni asincrone", come ho chiamato questo piccolo esercizio di (poco più che) settimanali lanci di considerazioni per la condivisione amicale e il privato commento, avviato, appunto, il 16 aprile del 2011.
Qualche numero mi farebbe pensare che sia stato un esercizio non sgradevole: quasi 14.000 "visite" nei quasi 1100 giorni di questo triennio appena decorso, fanno, più o meno, 12 accessi quotidiani, di cui - chissà perché - almeno uno al giorno su un post, "Confini/frontiere", evidentemente dal titolo fortunato e sufficientemente ambiguo da attirare attenzioni vaganti; seguono, significativamente, un paio di post sulla speranza, che, evidentemente, vaga anch'essa sulla "rete", ansiosa di risposte. Certamente per me, che amo scrivere più che parlare, è stato piacevole riordinare le idee attraverso la scrittura per "confidare" qualche pensiero su piccola scala. E tuttavia sento il bisogno di una sospensione ( vedremo poi se diventerà cessazione) del nostro quasi-pubblico chiacchierare di società, di libri, di politica e di qualche altra lepidezza.
Il perché è presto detto: mai come in questo periodo sento la fatica del commentare qualcosa con qualcuno: le parole mi sembrano tutte usurate, tutto il rumore dattorno (dei media, dei politici, del Governo e persino - lo dico con grande tristezza - della Chiesa) mi affatica, mi pare spesso…troppo arduo da commentare e mi fa desiderare il silenzio. Non totale, certo; non sto per rifugiarmi in un convento! E poi mi sono troppo cari e preziosi i pochi amici che nel tempo diminuiscono di numero e aumentano di qualità (e che magari davano buona parte della consistenza a quei numeri appena ricordati) per rinunciare a qualche chiacchiera con loro; ma ogni up-grading di tale privatissimo scambio mi appare, oggi, nel troppo clamore di tutto, una specie di inaudita partecipazione al troppo parlare. Possiamo usare la mail, fra noi, selettivamente e senza affollare l'aere di parole al vento, già offuscato da tanto pulviscolo. Del resto, fra noi possiamo anche usare senza vergogna qualche parola consunta dall'uso, se solo ci facciamo credito reciproco di qualcosa dietro alle parole. Un mio amico, che non brilla per ottimismo, definisce i presenti come "tempi pericolosi”, per la piega irragionevole che possono facilmente prendere le cose; e credo che abbia ragione. Sotto diversi aspetti, ne abbiamo già parlato, le parole sono parte importante di questa pericolosità e per questo, oggi mi pare, è bene contarle, anche in un luogo innocente come questo blog.
Magari, poi mi passa, questo scoramento; ma per un po', il silenzio mi pare un adeguato esercizio di virtù civica (mettiamola così!). A presto?
Roma, 15 aprile 2014
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