mercoledì 27 aprile 2022

Segnalazioni

La fanta-storia di E.E.S. e altro

(di Felice Celato)

Come mi accade spesso quando il livello del mio fastidio per certi aspetti del nostro presente arriva a livelli preoccupanti (e le gazzarre delle Festa della Liberazione non hanno certamente giovato), mi rifugio nell’avida lettura di qualcosa che valga ad estraniarmi almeno per un po'. Eccomi così alla “relazione” su quanto ha occupato diverse ore delle mie giornate (e anche di qualche ora di troppo della mia costante insonnia). Comincio da un libro molto strano di un autore (Eric Emmanuel Schmitt) di cui ho più volte parlato su queste pagine (*) e che annovero fra i più interessanti e gradevoli dei “narratori” viventi. Stavolta lo scrittore francese alsaziano (naturalizzato belga) si cimenta in un lunghissimo racconto (oltre 400 pagine) che definirei di fanta-storia (per dire di un racconto che attraversa la storia fantasticando alla luce di un “poi” sempre scorrevole, come i racconti di fantascienza attraversano il futuro alla luce di ardite proiezioni del presente); e il racconto (Paradisi perduti, edizioni E/O 2022) è solo la prima parte di un’opera monumentale non ancora pubblicata (almeno in Italia), che si dipanerà in altri sette volumi, tutti incentrati sulla traversata dei tempi che una misteriosa Forza consente ad un uomo del neolitico, reso insensibile al decorso del tempo tanto da poter vivere tutti i capitoli della storia umana fino ai nostri giorni, con una conoscenza del mondo che sembra destinata ad arricchirsi delle varie culture attraversate, senza perdere la memoria delle radici.

Un’architettura monumentale, come dicevo poco fa, che andrà seguita nei suoi sviluppi (anche nei prossimi sette volumi!) per non perdere le tracce del protagonista e narratore (Noam) che racconta il passato dei suoi tempi, via via scoprendosi un sopravvissuto ad essi. E, poiché Eric Emmanuel Schmitt è un autore di vasta ed articolata cultura e di una profonda sensibilità umana, è da prevedere che anche il seguito di questo volume sarà una gradevolissima ed intelligente (in senso stretto) lettura della storia; tanto più che E.E.S. è anche un eccellente narratore.

Sulle vicende raccontate in questo volume (dal neolitico al diluvio e ai suoi sviluppi) non vale la pena di trattenersi, per non rovinare il piacere della lettura; ma anche perché, in fondo, il loro intrico sembra funzionale ad un disegno culturalmente più largo, fatto di temi che, da uomini dei nostri tempi, abbiamo imparato a leggere alla luce di chiavi interpretative assai complesse, da quella psicoanalitica (il rapporto padre-figlio)  a quella sociologica (la progressiva specializzazione degli aggregati sociali), a quella religiosa (la insopprimibile domanda di sempre).

Della seconda lettura di questi giorni farò solo una menzione, perché il tema (si tratta del volume Il monastero, scritto da Massimo Franco, per l’editore Solferino, 2022, in buona sostanza dedicato alle conseguenze della rinuncia al papato da parte di Benedetto XVI ed alle “evoluzioni” dei rapporti fra i “due papi”) credo debba appassionare solo i lettori del perimetro “fideles”. Posso solo aggiungere che l’autore – grande conoscitore delle vicende e degli ambienti di cui parla – scrive con acume ed equilibrio in materia difficile e suscettibile di letture inutilmente faziose.

Roma, 27 marzo 2022

(*) Ri-segnalo, nell’ordine, i libri di E.E.S. di cui nel tempo ho qui consigliato la lettura: Il vangelo secondo Pilato (post del 13 5 11); La giostra del piacere (5 12 13); La vendetta del perdono (7.6.18); Il figlio di Noè (30.11.19); La notte di fuoco (12.12.19) e Diario di un amore perduto (2.4.21). Ma per la verità avrei potuto menzionarne diversi altri (romanzi o raccolte di racconti) che – a mio avviso – vale la pena di leggere (La parte dell’altro, Concerto in memoria di un angelo, La sognatrice di Odessa, Il Visitatore, etc) 

 

 

sabato 16 aprile 2022

Nel tempo del Sabato Santo

Gli auguri di Pasqua 2022

(di Felice Celato)

In questa vigilia pasquale angosciata e depressa, farei fatica a trovare le parole giuste per formularci un vigoroso augurio di Resurrezione, del quale noi tutti abbiamo più che mai bisogno. Ancora una volta (l’ho già fatto qualche anno fa) prenderò in prestito alcuni brani di straordinaria intensità (per ragioni di brevità ne scelgo solo un po' di righe) scritti molti anni fa dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger e tratti da una piccola raccolta di meditazioni di Karl Rahner e, appunto, di Joseph Ratzinger (Settimana Santa, Queriniana 2012) che da anni mi accompagna durante questo periodo dell’anno liturgico. 

Sabato Santo: giorno della sepoltura di Dio; non è questo in maniera impressionante il nostro giorno? Non comincia il nostro secolo a essere un grande Sabato Santo, giorno dell’assenza di Dio, nel quale anche i discepoli hanno un vuoto agghiacciante nel cuore che si allarga sempre di più, e per questo motivo si preparano pieni di vergogna e angoscia al ritorno a casa e si avviano cupi e distrutti nella loro disperazione verso Emmaus, non accorgendosi affatto che colui che era creduto morto è in mezzo a loro? ….L’oscurità divina di questo giorno, di questo secolo che diventa in misura sempre maggiore un Sabato Santo, parla alla nostra coscienza. Anche noi abbiamo a che fare con essa. ….Noi abbiamo bisogno del silenzio di Dio per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e l’abisso del nostro nulla che verrebbe a spalancarsi se non ci fosse lui. 

C’è una scena nel Vangelo che anticipa in maniera straordinaria il silenzio del Sabato santo e appare quindi ancora una volta come il ritratto del nostro momento storico. Cristo dorme in una barca che, sbattuta dalla tempesta, sta per affondare…. Dio sta a dormire mentre le sue cose stanno per affondare, non è questa l’esperienza della nostra vita? La Chiesa, la fe­de,[ forse il corso stesso della nostra storia] non assomigliano a una piccola barca che sta per affondare, che lotta inutilmente contro le onde e il vento, mentre Dio è assente? I discepoli gridano nella disperazione estrema e scuotono il Signore per svegliarlo, ma egli si mostra meravigliato e rimprovera la loro poca fede. Ma è diversamente per noi? Quando la tempesta sarà passata, ci accorgeremo di quanto la nostra poca fede fosse carica di stoltezza. E tuttavia, o Signore, non possiamo fare a meno di scuotere te, Dio che stai in silenzio e dormi, e gridarti: svegliati, non vedi che affondiamo? Destati, non lasciar durare in eterno l’oscurità del Sabato Santo, lascia cadere un raggio di Pasqua anche sui nostri giorni, accompàgnati a noi quando ci avviamo disperati verso Emmaus perché il nostro cuore possa accendersi alla tua vicinanza. Tu che hai guidato in maniera nascosta le vie di Israele per essere finalmente uomo con gli uomini, non ci lasciare nel buio, non permettere che la tua parola si perda nel gran sciupio di parole di questi tempi. Signore, dacci il tuo aiuto, perché senza di te affonderemo. Amen.

Possa veramente un raggio di Pasqua illuminare il cammino nostro e del nostro tempo, anche nei giorni bui che stiamo vivendo. Buona Pasqua di Resurrezione a tutti.

Roma, 16 aprile 2022 (Sabato Santo)

 

 

 

 

 

martedì 12 aprile 2022

L' omone infallibile

La moviola della storia

(di Felice Celato)

In questi giorni angosciosi, leggendo le opinioni dei moderni maitres à penser che quotidianamente ci spiegano dai giornali o dai talk-show, gli inestricabili (ma apparentemente a loro chiari da tempo) segreti della geo-politica (per esempio quello della non prevista invasione dell’Ukraina), mi è sorto un dubbio “filosofico” e basilare: l’uomo, fallibile, spesso miope nel suo sguardo al presente e sempre ignaro del futuro, quando si organizza in un’entità sovra-personale (sia essa uno stato, l’Unione Europea, la Nato o qualsiasi altra rilevante per il corso della storia), diventa forse un omone infallibile (o meglio: da presumersi infallibile)? O rimane – proprio perché organismo sovra-personale – prigioniero di quella connaturata fallibilità dei suoi attori umani, intrisi di giudizi parziali e di pre-giudizi, di interessi diversi per storia, per collocazione geografica, per condizioni presenti o per prospettive sperate, per aspettative giuste od ingiuste? 

Proviamo a ragionarci usando quella magica moviola che è la storia (come ogni moviola, anche questa, consente di rivedere al rallentatore le azioni senza poterle cambiare!), ripercorrendo un paio di passaggi di quel periodo che è stato definito - dallo storico tedesco Ernst Nolte - come la guerra civile europea combattuta fra il 1917 e il 1945 (nella speranza che il presente non ne costituisca un prolungamento).

Come ha magistralmente narrato Christopher Clark (nel suo bellissimo libro I sonnambuli -Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, cfr. post dell’8 aprile 2016), i re, gli imperatori, i ministri, gli ambasciatori, i generali dell’Europa ante 1914 (dunque uomini, seppur potenti) apparivano ed agivano come sonnambuli apparentemente vigili ma non in grado di vedere, tormentati dagli incubi ma ciechi di fronte alla realtà dell'orrore che stavano per portare nel mondo.  

Vinta come fu la guerra voluta dai sonnambuli, questi stessi si costituirono nell’omone dei vincitori (anzi, un super-omone fatto di stati) e a Versailles stabilirono schiaccianti danni di guerra a carico delle potenze sconfitte. 

J.M Keynes - che pure faceva parte della delegazione inglese alla conferenza di pace (dalla quale si dimise in polemico dissenso nel maggio del 1919) - scrisse a caldo (nell’estate di quello stesso 1919) uno storico libretto The economic consequences of the peace nel quale descriveva gli ”accordi” di pace come una pace cartaginese: in sostanza, simile a quella che i Romani imposero ai Cartaginesi alla fine della seconda guerra punica… cui - non a caso - seguì dopo pochi anni la terza guerra punica. I moviolisti della storia sono unanimi nel ritenere che furono proprio la pesantezza di quei danni di guerra e l’umiliazione della Germania ad alimentare la propaganda e quindi (dopo la fase di Weimar) l’avvento del nazismo (e, quindi, ancora, per dirla sempre con lo storico tedesco Ernst Nolte, lo scoppio della seconda fase della guerra civile europea ).

Uomini ed omoni, dunque, anche senza soluzione di continuità personale, si succedettero gli uni agli altri per commettere quelli che - alla moviola - sembrano (e furono) tragici errori di valutazione e di azione; perché questa è la storia dell’uomo, dei suoi giudizi sul presente, delle sue autorappresentazioni del futuro, dei suoi tentativi di modellarlo (il futuro) alla luce di quelle autorappresentazioni; seminando macerie e talora mietendo sanguinosi successi (come fu, innegabilmente, la sconfitta - speriamo perenne - del nazifascismo).

Certo, Keynes aveva visto chiaro sulla pace di Versailles; ma - come ho già avuto occasione di notare - la lettura del suo libro non credo che abbia arrecato alcun conforto a chi veniva sterminato dalla follia nazista, né - d’altra parte e per nostra fortuna - fornito ragioni valide per non combattere la sua perversità.

Conclusione di questo fin troppo lungo ragionamento: l’uomo (o l’omone in cui si aggrega), per dirla col padre Dante (Purgatorio, III, 37 e seg.) quando è veramente lucido può (talora) vedere chiaramente il quia (ciò che esiste, che accade) ma non il quid (l’essenza di ciò che è o il suo perché): gli sfugge per natura, come insegna San Tommaso d’Aquino, quando il quid è l’essenza di dell’Essere; ma molto spesso anche quando il quid è quel groviglio di passioni e pulsioni che è l’agire dei suoi simili.

Se vi va, pensateci sopra, davanti al prossimo talk-show in cui qualcuno - quand’anche senza esplicitamente negare la necessità di opporsi alla perversità - vi descriverà, con dovizia di argomentazioni, quelli che (forse) sono stati gli errori della NATO, dell’UE, dell’ONU o di ogni altro omone “tenuto” all’ infallibilità.

Roma 12 aprile 2022

 

 

 

sabato 9 aprile 2022

Il C.U.R., Isocrate

…e i benefici della pace

(di Felice Celato)

Isocrate: …. Se faremo la pace, abiteremo la terra con molta sicurezza. Essendoci allontanati sia dalla guerra sia dai pericoli sia dal tumulto, procederemo ogni giorno verso l'abbondanza, esentandoci sia dalle tasse per la trierarchia [in sostanza: il finanziamento della guerra ] sia dalle altre liturgie compiute per la guerra.

 

Da molto tempo ormai, il “vostro” Camminatore Urbano Rimuginante (C.U.R.) ha smesso di rimuginare camminando per la città e guardandosi attorno. Del resto il contesto di questi ultimi due anni più che rimuginazioni sembrava suggerire di solamente camminare senza pensare troppo a quel che quotidianamente ci scorre accanto, magari piuttosto cercando di allineare qualche preghiera mentale per affidare al Padrone di casa gli sconforti del nostro abitare (o qualche lamentela sui nostri coinquilini, specie in questi ultimi tempi). 

Invece, proprio ieri, qualcosa di “antico” mi è scattato nella mente, mentre - costretto da un banale accidente automobilistico – mi sono trovato a vagare per due ore in un quartiere molto popolare di Roma (più noto per la sua nominata malavita che per le sue invisibili bellezze) in attesa che mi venisse restituita la macchina col “parabrezza” sostituito: era il titolo di un vecchio brano che tutti quelli che hanno fatto il liceo classico hanno dovuto almeno una volta tradurre dal greco: I benefici della pace, da Isocrate (educatore greco del IV sec a.C.). E ad ispirarmi la lontana memoria è stato, certamente, il contrasto fra l’angoscia per la guerra alle nostre porte e il sereno svolgimento della vita quotidiana lungo le larghe strade di quel quartiere. Provo a darvene un’idea: sui vasti marciapiedi bancarelle di immigrati pacificamente fieri delle loro mercanzie, con qualche acquirente in vena di scherzare (ma anche di comprare qualcosa); davanti ai bar, tavolini popolati di lavoratrici multicolori (bianche, nere, marroncine, gialle, tutti i colori dell’umanità) in pausa da chissà quale occupazione, pacificamente dialoganti in quella che doveva essere diventata la loro lingua comune (l’italiano, per quanto non purissimo toscano); un paio di giardinetti volanti con panchine di travertino occupate da vecchietti in vena di godersi qualche sprazzo di aria di primavera, in tranquilli conversari sul passato; quattro o cinque supermercati enormi, traboccanti di merci (in uno, ho contato 12 passi di lunghezza dello scaffale per il pet-food, in un altro 26 – diconsi ventisei – diversi modelli di forni a microonde) di fronte alle quali decine e decine di persone, spingendo carrelli riempiti in varia misura, esercitavano la loro personale signoria della scelta, compatibile con le risorse di ciascuno; un enorme store di scarpe sportive con un apposito reparto per numeri dal 46 al 48; giovani madri con bambini in carrozzina, sorridenti entrambi; padri in scorta a ridenti frugoletti con monopattino. E così via, con il segno dei benefici della pace iscritti sui volti di tutti.

Per carità, so bene che i benefici della pace non sono solo quelli generati dall’ “immorale” consumismo (che però fa girare migliaia di fabbriche dove lavorano centinaia di migliaia di lavoratori; e che, in fondo, sarebbe tutt’altra cosa rispetto alla pacifica fruizione dei frutti della terra, dell’impresa, dei suoi finanziatori e dell’organizzazione del lavoro dell’uomo). Come pure credo di saper bene che i benefici della pace hanno (anche e soprattutto) una mite natura umana e spirituale che travalica la materialità del moderato benessere (comunque necessario) di un semplice quartiere popolare di Roma. E tuttavia questi poveri segni di un pacifico andamento della vita quotidiana mi sono sembrati l’emblema dei benefici della pace, come plastico contraltare delle immagini di disperazione, dolore, sconforto e miseria che da oltre 40 giorni ci scorrono davanti agli occhi, senza che alcuno abbia trovato – non ostanti le tante verbose "saggezze" – la magica formula per farli cessare.

Sul finire della lunga camminata e sempre sull’onda della memoria, mi è tornata alla mente anche una frase che un vecchio prete di tanti, tanti anni fa premetteva ad ogni preghiera, anche talora suscitando qualche celia incosciente di noi ragazzetti: Signore, ti ringrazio sempre di tutti i tuoi benefici. Per vederne, ieri, in plastica contrapposizione al non lontano presente di non lontani territori, mi è stata utile una passeggiata alla Magliana; ma, lo confesso, da quando sono vecchio (o solo invecchiato?), per mio conforto, non ne ho sempre bisogno. Mi permetto di consigliare di meditare ogni mattina quella decina di parole del mio vecchio prete.

Roma  9 aprile 2022