sabato 9 aprile 2022

Il C.U.R., Isocrate

…e i benefici della pace

(di Felice Celato)

Isocrate: …. Se faremo la pace, abiteremo la terra con molta sicurezza. Essendoci allontanati sia dalla guerra sia dai pericoli sia dal tumulto, procederemo ogni giorno verso l'abbondanza, esentandoci sia dalle tasse per la trierarchia [in sostanza: il finanziamento della guerra ] sia dalle altre liturgie compiute per la guerra.

 

Da molto tempo ormai, il “vostro” Camminatore Urbano Rimuginante (C.U.R.) ha smesso di rimuginare camminando per la città e guardandosi attorno. Del resto il contesto di questi ultimi due anni più che rimuginazioni sembrava suggerire di solamente camminare senza pensare troppo a quel che quotidianamente ci scorre accanto, magari piuttosto cercando di allineare qualche preghiera mentale per affidare al Padrone di casa gli sconforti del nostro abitare (o qualche lamentela sui nostri coinquilini, specie in questi ultimi tempi). 

Invece, proprio ieri, qualcosa di “antico” mi è scattato nella mente, mentre - costretto da un banale accidente automobilistico – mi sono trovato a vagare per due ore in un quartiere molto popolare di Roma (più noto per la sua nominata malavita che per le sue invisibili bellezze) in attesa che mi venisse restituita la macchina col “parabrezza” sostituito: era il titolo di un vecchio brano che tutti quelli che hanno fatto il liceo classico hanno dovuto almeno una volta tradurre dal greco: I benefici della pace, da Isocrate (educatore greco del IV sec a.C.). E ad ispirarmi la lontana memoria è stato, certamente, il contrasto fra l’angoscia per la guerra alle nostre porte e il sereno svolgimento della vita quotidiana lungo le larghe strade di quel quartiere. Provo a darvene un’idea: sui vasti marciapiedi bancarelle di immigrati pacificamente fieri delle loro mercanzie, con qualche acquirente in vena di scherzare (ma anche di comprare qualcosa); davanti ai bar, tavolini popolati di lavoratrici multicolori (bianche, nere, marroncine, gialle, tutti i colori dell’umanità) in pausa da chissà quale occupazione, pacificamente dialoganti in quella che doveva essere diventata la loro lingua comune (l’italiano, per quanto non purissimo toscano); un paio di giardinetti volanti con panchine di travertino occupate da vecchietti in vena di godersi qualche sprazzo di aria di primavera, in tranquilli conversari sul passato; quattro o cinque supermercati enormi, traboccanti di merci (in uno, ho contato 12 passi di lunghezza dello scaffale per il pet-food, in un altro 26 – diconsi ventisei – diversi modelli di forni a microonde) di fronte alle quali decine e decine di persone, spingendo carrelli riempiti in varia misura, esercitavano la loro personale signoria della scelta, compatibile con le risorse di ciascuno; un enorme store di scarpe sportive con un apposito reparto per numeri dal 46 al 48; giovani madri con bambini in carrozzina, sorridenti entrambi; padri in scorta a ridenti frugoletti con monopattino. E così via, con il segno dei benefici della pace iscritti sui volti di tutti.

Per carità, so bene che i benefici della pace non sono solo quelli generati dall’ “immorale” consumismo (che però fa girare migliaia di fabbriche dove lavorano centinaia di migliaia di lavoratori; e che, in fondo, sarebbe tutt’altra cosa rispetto alla pacifica fruizione dei frutti della terra, dell’impresa, dei suoi finanziatori e dell’organizzazione del lavoro dell’uomo). Come pure credo di saper bene che i benefici della pace hanno (anche e soprattutto) una mite natura umana e spirituale che travalica la materialità del moderato benessere (comunque necessario) di un semplice quartiere popolare di Roma. E tuttavia questi poveri segni di un pacifico andamento della vita quotidiana mi sono sembrati l’emblema dei benefici della pace, come plastico contraltare delle immagini di disperazione, dolore, sconforto e miseria che da oltre 40 giorni ci scorrono davanti agli occhi, senza che alcuno abbia trovato – non ostanti le tante verbose "saggezze" – la magica formula per farli cessare.

Sul finire della lunga camminata e sempre sull’onda della memoria, mi è tornata alla mente anche una frase che un vecchio prete di tanti, tanti anni fa premetteva ad ogni preghiera, anche talora suscitando qualche celia incosciente di noi ragazzetti: Signore, ti ringrazio sempre di tutti i tuoi benefici. Per vederne, ieri, in plastica contrapposizione al non lontano presente di non lontani territori, mi è stata utile una passeggiata alla Magliana; ma, lo confesso, da quando sono vecchio (o solo invecchiato?), per mio conforto, non ne ho sempre bisogno. Mi permetto di consigliare di meditare ogni mattina quella decina di parole del mio vecchio prete.

Roma  9 aprile 2022

 

 

 

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