martedì 12 aprile 2022

L' omone infallibile

La moviola della storia

(di Felice Celato)

In questi giorni angosciosi, leggendo le opinioni dei moderni maitres à penser che quotidianamente ci spiegano dai giornali o dai talk-show, gli inestricabili (ma apparentemente a loro chiari da tempo) segreti della geo-politica (per esempio quello della non prevista invasione dell’Ukraina), mi è sorto un dubbio “filosofico” e basilare: l’uomo, fallibile, spesso miope nel suo sguardo al presente e sempre ignaro del futuro, quando si organizza in un’entità sovra-personale (sia essa uno stato, l’Unione Europea, la Nato o qualsiasi altra rilevante per il corso della storia), diventa forse un omone infallibile (o meglio: da presumersi infallibile)? O rimane – proprio perché organismo sovra-personale – prigioniero di quella connaturata fallibilità dei suoi attori umani, intrisi di giudizi parziali e di pre-giudizi, di interessi diversi per storia, per collocazione geografica, per condizioni presenti o per prospettive sperate, per aspettative giuste od ingiuste? 

Proviamo a ragionarci usando quella magica moviola che è la storia (come ogni moviola, anche questa, consente di rivedere al rallentatore le azioni senza poterle cambiare!), ripercorrendo un paio di passaggi di quel periodo che è stato definito - dallo storico tedesco Ernst Nolte - come la guerra civile europea combattuta fra il 1917 e il 1945 (nella speranza che il presente non ne costituisca un prolungamento).

Come ha magistralmente narrato Christopher Clark (nel suo bellissimo libro I sonnambuli -Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, cfr. post dell’8 aprile 2016), i re, gli imperatori, i ministri, gli ambasciatori, i generali dell’Europa ante 1914 (dunque uomini, seppur potenti) apparivano ed agivano come sonnambuli apparentemente vigili ma non in grado di vedere, tormentati dagli incubi ma ciechi di fronte alla realtà dell'orrore che stavano per portare nel mondo.  

Vinta come fu la guerra voluta dai sonnambuli, questi stessi si costituirono nell’omone dei vincitori (anzi, un super-omone fatto di stati) e a Versailles stabilirono schiaccianti danni di guerra a carico delle potenze sconfitte. 

J.M Keynes - che pure faceva parte della delegazione inglese alla conferenza di pace (dalla quale si dimise in polemico dissenso nel maggio del 1919) - scrisse a caldo (nell’estate di quello stesso 1919) uno storico libretto The economic consequences of the peace nel quale descriveva gli ”accordi” di pace come una pace cartaginese: in sostanza, simile a quella che i Romani imposero ai Cartaginesi alla fine della seconda guerra punica… cui - non a caso - seguì dopo pochi anni la terza guerra punica. I moviolisti della storia sono unanimi nel ritenere che furono proprio la pesantezza di quei danni di guerra e l’umiliazione della Germania ad alimentare la propaganda e quindi (dopo la fase di Weimar) l’avvento del nazismo (e, quindi, ancora, per dirla sempre con lo storico tedesco Ernst Nolte, lo scoppio della seconda fase della guerra civile europea ).

Uomini ed omoni, dunque, anche senza soluzione di continuità personale, si succedettero gli uni agli altri per commettere quelli che - alla moviola - sembrano (e furono) tragici errori di valutazione e di azione; perché questa è la storia dell’uomo, dei suoi giudizi sul presente, delle sue autorappresentazioni del futuro, dei suoi tentativi di modellarlo (il futuro) alla luce di quelle autorappresentazioni; seminando macerie e talora mietendo sanguinosi successi (come fu, innegabilmente, la sconfitta - speriamo perenne - del nazifascismo).

Certo, Keynes aveva visto chiaro sulla pace di Versailles; ma - come ho già avuto occasione di notare - la lettura del suo libro non credo che abbia arrecato alcun conforto a chi veniva sterminato dalla follia nazista, né - d’altra parte e per nostra fortuna - fornito ragioni valide per non combattere la sua perversità.

Conclusione di questo fin troppo lungo ragionamento: l’uomo (o l’omone in cui si aggrega), per dirla col padre Dante (Purgatorio, III, 37 e seg.) quando è veramente lucido può (talora) vedere chiaramente il quia (ciò che esiste, che accade) ma non il quid (l’essenza di ciò che è o il suo perché): gli sfugge per natura, come insegna San Tommaso d’Aquino, quando il quid è l’essenza di dell’Essere; ma molto spesso anche quando il quid è quel groviglio di passioni e pulsioni che è l’agire dei suoi simili.

Se vi va, pensateci sopra, davanti al prossimo talk-show in cui qualcuno - quand’anche senza esplicitamente negare la necessità di opporsi alla perversità - vi descriverà, con dovizia di argomentazioni, quelli che (forse) sono stati gli errori della NATO, dell’UE, dell’ONU o di ogni altro omone “tenuto” all’ infallibilità.

Roma 12 aprile 2022

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento