domenica 30 ottobre 2011

Un film da vedere

Il villaggio di cartone

(di Felice Celato)


Chi mi conosce sa bene che non sono un frequentatore di sale cinematografiche (il solito fastidio – snobbistico – per tutti i riti collettivi!) anche se, poi, magari con clamorosi ritardi, i film che valeva la pena di vedere credo di averli visti più o meno tutti (e, alcuni, amati, come autentici capolavori dell’arte e della rappresentazione dei sentimenti). Figuriamoci quindi se posso impalcarmi a sottile critico cinematografico!


Eppure un commento allo splendido film Il villaggio di cartone, di Ermanno Olmi voglio tentarlo, non foss’altro per mettere in ordine il guazzabuglio di forti commozioni che il film mi ha suscitato.


Sarà per vecchiaia o per altri motivi più miei, ma, ormai, i temi che mi commuovono di più (o, forse, gli unici) sono quelli che hanno a che fare col rapporto dell’uomo con Dio, i temi della angosciosa ricerca religiosa che si alimenta dell’inquietante silenzio di Dio o della Sua misteriosa esile voce potente. Per questo il film di Olmi mi è parso, come dicevo, uno straordinario capolavoro di grande intensità, tale da suscitare forti commozioni non solo estetiche (le scene e la recitazione sono superbe!) ma anche intellettuali.


La vicenda, che ha un’importanza molto relativa, è semplice: una chiesa sconsacrata, la grande commozione del vecchio prete che per cinquant’anni ne era stato il parroco, l’occupazione della chiesa da parte di clandestini africani reduci da uno dei tanti naufragi di disperati, la loro interazione col vecchio prete conquistato dal suo proprio spirito di carità, la loro breve permanenza anche turbata dalla “caccia” poliziesca ai clandestini, i loro sentimenti ( di disperazione ma anche di rivolta), la loro uscita di scena per un altro viaggio della disperazione verso la Francia, mentre alcuni di essi, forse, si lasciano conquistare dall’abominio del terrorismo.


L’apparato simbolico è imponente e straordinariamente suggestivo: dalla scena iniziale del crocefisso calato con le funi mentre il vecchio prete ripete un disperato Kyrie eleison, al fonte battesimale utilizzato per raccogliere l’acqua che cade dal tetto e che poi serve a dissetare i clandestini, alle tende costruite nella chiesa, simili ad un presepio, alle immagini di una madre nera che tiene un bambino come lo fanno le tante Madonne della nostra storia dell’arte, ai rumori sordi della “caccia” (elicotteri, sirene,etc), alla televisione senza audio che manda le immagini della barca del naufragio, con le vele strappate pendenti da un albero a forma di croce. Alcune scene,poi, sono di struggente intensità: cito fra tutte quella, veramente commovente, in cui il vecchio prete canta con voce incerta un Adeste fideles, faticosamente genuflesso di fronte ad un piccolo crocefisso montato su quel che restava dell’altare, quando, nella ex-chiesa, nasce un bambino fra i clandestini.


Ma il cuore “intellettuale”del film sta tutto nelle riflessioni del vecchio prete (interpretato magistralmente da Michael Lonsdale), anzitutto lungo il sofferto percorso col quale giunge a sperimentare una sorta di interiore gerarchia (tutta pienamente Paolina, per la verità, cfr 1 Cor. 13,2 ) fra le virtù della fede e della carità; poi, anche – ma qui il tema si lascia cogliere con maggiore sottigliezza – nella sua allusiva percezione del soverchiante peso della storia (degli uomini) sulla fede, non solo quella cristiana ma anche quella mussulmana che si percepisce fra i clandestini (il tema emerge con qualche maggiore esplicitazione nel colloquio con un anziano medico che confessa al vecchio prete il suo scetticismo e la memoria di una preghiera che aveva fatto tanti anni prima, nel campo di Auschwitz). E anche a questo soverchiamento, la risposta viene al vecchio prete dall’”obbligo” tenace della carità, che dà senso anche alla storia e pone fine alle inquietudini. Il tutto, con buona pace di qualche critico alla ricerca di ideologie, direi profondamente cattolico.


In definitiva un film “forte” da vedere con l’animo disposto alla commozione ed alla riflessione (domenica pomeriggio, sala piccola da 69 posti, di cui una quindicina occupati, età minima direi cinquanta anni, peccato!).


30 ottobre 2011

venerdì 28 ottobre 2011

Manovra furba?

Non scherziamo col fuoco!
(di Felice Celato)
Non vorrei che la "manovra triste" dell' estate, di cui avevamo parlato (e della quale avevamo regolarmente previsto l’insufficienza, cfr. su questo blog , post del 7 settembre 2011, "Ancora, inevitabilmente, sulla manovra") sia diventata la (bozza di una) manovra furba d’autunno: non abbiamo bisogno di ulteriore discredito, nemmeno per azioni in linea con gli stereotipi più correnti sull’Italia.[Non sono incline ad attribuire autorità né Vetero né Neo Testamentarie all’Economist ma la lettura dell’articolo “A tale of two Italians”, pubblicato sull’edizione del 29 ottobre, mi pare istruttiva, come pure la grafica spietata che lo accompagna!]


Il tempo dei furbi è passato, da tempo; se non ce ne siamo accorti, in poche settimane lo constateremo con ulteriore pena.


E’ troppo presto per dirlo con certezza ma non troppo presto per temerlo. Non ci vorrà molto per scoprire le carte.


Il Governo ha fatto (male, dal punto di vista politico) il suo mestiere, rendendosi conto (o fingendo di rendersi conto, sia pur tardivamente e frettolosamente) della gravità dei problemi e della urgenza di soluzioni che valgano a dissipare il rischio che l’Italia possa diventare l’affossatrice dell’euro e dell’Europa. Le misure che ha progettato (un misto di buone idee, di velleità e di astuzie) sono apparse (o, meglio, sono dovute apparire) come rispondenti alla bisogna. Se (e sottolineo il se) in esse sono presenti delle macchinazioni elettoralistiche (del tipo: se riesco a fare in poche settimane ciò che non ho fatto in tanti anni, sono il salvatore della patria; se non riesco, sarà colpa dell’opposizione comunista ed irresponsabile), allora la vicenda finirà male comunque per noi. L’opposizione deve ora fare bene il suo mestiere, dando priorità agli interessi del paese, sacrificando quelli delle consorterie e delle ideologie che ad essa fanno capo e mettendo da parte le sue priorità politiciste. Il PD deve decidere se sceglie l’opzione oltranzista o se vuole presentarsi come possibile partito di governo, in grado di occupare anche gli spazi che la frana dell’attuale maggioranza offrirà. Le premesse non sono buone.


Il momento continua ad essere drammatico (per noi), non ostanti i rimbalzi di borsa. Il fallimento (mascherato) della Grecia, l’eccezionale e controverso sforzo richiesto alle banche ( ed ai loro azionisti) e le perdurati incertezze sui meccanismo del cosiddetto fondo salva stati, sono dei moniti minacciosi.


Non scherziamo col fuoco!

28 ottobre 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

Tragiche pesature

Shalit

(di Felice Celato)

Volevo evitare di soffermarmi a riflettere sullo scambio fra il caporale Shalit e 1000 prigionieri palestinesi: in fondo l’amore per la vita del popolo ebraico non mi pareva meritare perplessità nè considerazioni di carattere morale sulla “equità” di queste tragiche pesature.


Ma francamente il coro di considerazioni “politically correct” circa la vittoria di entrambi i fronti “negoziali” mi ha (rapidamente) irritato e tolto la voglia di sottrarmi alla solita accusa di faziose visioni filo israeliane.


Certo, se il frutto dello scambio sarà un frutto di pace, ben venga qualsiasi scambio, anche il più scellerato. Ma purtroppo credo che così non sarà (come al solito e più del solito, spero di sbagliarmi, ma temo di vedere con chiarezza).


Lo scambio fra Shalit e i 1000 prigionieri palestinesi nasce sotto l’ombra di una profonda amarezza che pervade l’intera società israeliana, al di là di qualche (magari assennata) considerazione politica e della naturale, grande felicità per il ritorno a casa del giovane caporale dell’IDF: per rendersene conto, basta scorrere i commenti che nel libero paese di Israele, come in qualsiasi altra democrazia occidentale, ciascun lettore può scrivere sulle edizioni in inglese dei giornali locali diffuse via internet.


Shalit poteva essere ben considerato dai suoi “rapitori” politicamente colpevole (di essere Israeliano e di combattere per il suo paese); ma certamente doveva esser considerato personalmente innocente (come lo è qualunque soldato che adempie al suo dovere, senza macchiarsi di colpe personali); i 1000 palestinesi, di converso, potevano ben essere considerati politicamente coplevoli dai loro carcerieri ma altrettanto dovevano ben essere considerati personalmente colpevoli, in gran parte di atti di terrorismo perpetrati per scelta personale. E dunque, lo scambio non avrebbe mai potuto essere alla pari anche se fosse stato effettuato uno contro uno.


Invece lo scambio è stato fatto uno contro mille: il caporale Gilad Shalit, per i Palestinesi, vale un millesimo di un terrorista, peggio di un  innocente (possibilmente ebreo) che valeva un decimo di un soldato nazista (Roma, Fosse Ardeatine).


Queste tragiche disequivalenze di vite ( e di morti) non hanno mai portato alla diminuzione dell’odio e temo che non la porteranno nemmeno fra Israeliani e Palestinesi (i precedenti sono molto negativi; i servizi israeliani calcolano che il 60% dei prigionieri liberati torna ad attività terroristiche); fra l’altro la mediazione dei Fratelli Mussulmani d’Egitto, appare foriera di altre inquietudini che non è il caso di riprendere qui, anche se, forse, vale a sottrarre Hamas all’influenza ben peggiore del regime di Teheran.


Scrive Gideon Levy su Haaretrz di oggi: “la gioia in Israele per la liberazione di Shalit e quella di Gaza per il ritorno dei prigionieri Palestinesi è un breve sollievo, una specie di break commerciale che interrompe la danza di morte e disperazione che accompagna questo interminabile conflitto sanguinoso”. Speriamo che si sbagli anche lui.




19 ottobre 2011

sabato 8 ottobre 2011

Stupi-diario senza parole

Le donne e il dibattito sulla legge elettorale
(di Felice Celato)


Lo stupi-diario di oggi è senza parole, per eccesso di stupore (e di ….. perplessità); mi limito solo a segnalare la notizia (Corriere della sera di oggi 8 ottobre 2011, pagina 10), senza trovare il bandolo di un commento.


Una onorevole deputata dal cognome importante (on.le Alessandra Mussolini), nota anche per le sue (giuste) “battaglie a favore delle donne”, ha, in radio, “ironizzato così” sul nome “ideato dal premier per sostituire il PdL” (i virgolettati si riferiscono al testo del Corriere) : “Forza Gnocca? Lo adoro. E' nazionalpopolare, unirebbe il Nord al Sud e prenderebbe un boato di voti.” E più oltre: “Il premier ha detto: mica lo vorremo chiamare così…..Sono stati gli altri deputati presenti a bisbigliare quest’ipotesi: c’erano Mario Landolfi, Renato Farina…Poi è chiaro che noi donne ci siamo messe a ridere….ma non vedo dove sia lo scandalo. I veri problemi sono altri. Come il fatto che le donne siano escluse dal dibattito sulla legge elettorale. Il resto sono stupidaggini”.


Non ho, come dicevo, commenti da suggerire. Sono però rimasto molto preoccupato del fatto (che ignoravo ) che le donne siano escluse dal dibattito sulla legge elettorale. E confortato del fatto che l’ipotesi di nuovo nome sia stata bisbigliata.


8 ottobre 2011 (il giorno successivo al downgrading di Fitch)


sabato 1 ottobre 2011

Stupi-diario del 1°ottobre

Politici offesi
(di Felice Celato)

Dunque Diego Della Valle ha comprato ampi spazi su molti giornali per gridare “Politici ora basta”. Un j’accuse, come scrive ogni buon giornalista che si rispetti, nuovo (o quasi) nelle modalità, (forse) non atteso da una fonte così particolare, non nuovo nei contenuti ma certamente robusto nei toni e significativo nel tempo scelto.


Ed eccoci ai commenti (fonte: corriere della sera.it di oggi): consueti distinguo ed appelli alla responsabilità (John Elkan), incongrue ironie di La Russa, vuote battute della Bindi (calzata Tod’s), letture partitiche di Cicchitto, banalità della Camusso (“bisogna stare attenti a chi scaglia la prima pietra”); anche qui, nulla di nuovo né, mi sia consentito il dirlo, di notevole. Più attenti alla sostanza Casini (“siamo contenti che ci sia una chiamata di corresponsabilità e una unione perché il paese così non può andare avanti”) e Maroni (“sono parole pesanti e con i dovuti distinguo sono almeno parzialmente condivisibili”). Più centrato e profondo il dubbio di Profumo, che in buona parte condivido (“l’idea e il pensiero che la società civile sia così meglio della classe politica, è proprio sbagliata”).


La vera sorpresa viene però dalla Ministra della Pubblica Istruzione Gelmini, che, reduce da un infortunio mediatico non trascurabile, (sempre per dirla da buon giornalista) si scaglia oggi contro chi “acquista pagine di giornali per sporcare la politica”: ma come? Sono mesi che leggiamo ogni giorno di intrecci puttaneschi ( veri o presunti, qui non importa) fra politica ed affari, di presunte battute irresponsabili su capi di stato esteri, di corruzioni e mazzette, di parlamentari che dicono in pubblico il contrario di ciò che dicono in privato, persino la CEI, “lento pede”, solleva con vigore il problema del decoro delle istituzioni pubbliche e della vita pubblica; e mentre corre tutto ciò in Italia da mesi, secondo la Gelmini chi pubblica un attacco anche durissimo ma frontale ai politici (mi pare – anche a giudicare dalle reazioni – senza distinzione di parte) agisce “per sporcare la politica”? Non si è, purtroppo, la politica, da sola, già sporcata abbastanza?


Mi viene in mente una brevissima favola di Trilussa (“Rimedio”) che, per carità, allude a ben altri vizi e, per di più, dell’umanità nel suo complesso ma che, in un senso più ampio, può applicarsi al quadro che ci occupa:


Un lupo disse a Giove: - Quarche pecora
dice ch'io rubbo troppo... Ce vô un freno
per impedì che inventino 'ste chiacchiere... -
E Giove je rispose: - Rubba meno.


Certo, se ha ragione Profumo (cosa che ritengo possibile), a risentirsi dell’iniziativa di Della Valle dovrebbe essere anche la cosiddetta società civile (del resto non risparmiata dallo stesso Della Valle); ma non credo che la politica, onorevoli Bindi, La Russa, Cecchitto e Gelmini, abbia titolo per chiamarsene fuori e per scandalizzarsene!


1° ottobre 2011