domenica 30 settembre 2012

Sobbalzi


Basta poco per rovinarsi la domenica
(di Felice Celato)

Reduce da una bellissima messa ( Chiesa del Gesù, ore 10) con predica straordinaria (padre O. De Bertolis SJ) sulla profezia (come “trasparenza di Dio”), avevo la migliore predisposizione d’animo per godermi in santa pace la Ryder Cup, senza nemmeno dover temere di amareggiarmi col risultato del Milan (che aveva già dato ieri pessima prova di sé). Poi nel pomeriggio sarebbero passati da casa i figli per fare due chiacchiere e festeggiare santa Sofia; e, dunque, avevo la più serena predisposizione d’animo verso una pigra giornata d’inizio autunno da vivere in famiglia.
Bene….e invece….
Ora, di solito leggo i giornali (su iPad) prima di uscire da casa; ma la domenica non lo faccio (per non guastarmi la messa, mi si perdoni l'irriverenza, perché nulla può guastare una messa!) e compro ancora l’edizione cartacea del Corriere della Sera per sfogliarlo in poltrona, fra un pisolino e un po’ di sport in TV (l’unica cosa che guardo, ormai da diversi anni, senza alcun rimorso per la rinuncia .…ai “gioielli” dell’ odierna produzione televisiva).
E che ti leggo sul Corriere, appena lo apro? Che, commentando la cosiddetta ipotesi del Monti-bis (scusatemi per la banalità della formula giornalistica super-abusata), un tal (penso che sia un autorevole esponente, ma non lo so) Matteo Orfini del PD così si esprime: “L’iniziativa dell’agenda Monti mi sembra come quelle serate di disco-revival, in cui rifanno la musica degli anni Ottanta”; e poi, con supponenza: ”Sono idee interessanti, ma che andavano di moda vent’anni fa”. E un assai più noto Massimo D’Alema gli fa eco dicendo che “Monti ha fatto un ottimo lavoro…ma ora occorre fare qualcosa di più….mettendo al centro” [e come ti sbagli! ‘sto centro è molto affollato, ci vorrà, credo, una ZTL!] “la giustizia e il lavoro”.
Ma, dico io,  porca miseria! Il PD si sta alleando con chi propone la cancellazione dell’”ottimo lavoro” fatto da Monti e idee vetero novecentesche di Vendoliana cultura, sta affidando il proprio pensiero economico a moderni economisti come Fassina e Damiano, ripropone gli stessi volti della sua politica degli ultimi trenta-quarant’anni, appunto come un “disco-revival degli anni Ottanta”, e viene a cantarci che le idee dell’agenda Monti “andavano di moda vent’anni fa”?
Ma, insomma, dove siamo, al manicomio? E Bersani, che è una persona seria, che fa, lo psichiatra?
Poiché l’Italia non è un manicomio ma il Paese dove dovranno vivere i nostri figli e nipoti, capirete che mi sono guastato il pomeriggio (fra l’altro, l’Europa sta rovinosamente perdendo in Ryder Cup, anche in Ryder Cup).

Roma, 30 settembre 2012, Santa Sofia.

venerdì 28 settembre 2012

Incubi dell'immaginazione


Immagina
(di Felice Celato)

“Immagina”, dice la pubblicità di un servizio di telefonia mobile. Bene, giochiamo anche noi ad immaginare: immaginiamo un creditore dell’Italia (un detentore di nostro debito pubblico) oppure un semplice, libero valutatore dello stato di solvibilità del nostro Paese (un’agenzia di rating, per intenderci), oppure un industriale americano o cinese che voglia investire in Italia, oppure semplicemente un osservatore  professionale che guardi al nostro Paese per parlarne ai suoi lettori (un giornalista internazionale, per esempio); e immaginiamo anche che questo personaggio conosca (ahinoi!) l’italiano tanto da saper leggere i nostri giornali o ascoltare i nostri telegiornali.
Ora, domandiamoci: che cosa dovrebbe pensare, questo creditore o investitore o osservatore, di un Paese del mondo occidentale dove:
  • i problemi industriali vengono discussi e risolti come noi discutiamo il caso Fiat o come noi gestiamo il caso Ilva;
  • i politici discutono di come “sfasciare” i provvedimenti appena approvati (da loro stessi) per uscire dalla drammatica condizione in cui versiamo, col debito che continua ad aumentare:
  • la campagna elettorale dura dai sei agli otto mesi, facendo risuonare per l’aere clamorose corbellerie (il referendum sull’euro, per esempio) o plateali visceralità (come le ubbie anti-europee) o vacue prospettazioni (“centralità” di questo o di quest’altro, del cittadino, dell’impresa, del lavoro, etc), mentre non si sa ancora con quali regole si andrà a votare (perché questa è materia riservata alla decisioni “della politica”, che però non decide);
  • le amministrazioni regionali (che dovevano avvicinare “il potere al territorio”) si distinguono per sprechi, scandali e trivialità di ogni genere nonché per una documentata avidità fiscale;
  • la pressione fiscale è ormai vicina al 50%;
  • la legge finalizzata (bene o male) a “combattere la corruzione” giace in Parlamento, bloccata dai veti incrociati;
  • le nomine dei vertici delle authorities vengono bloccate appena decise;
  • i processi durano il doppio di quelli che si svolgono negli altri paesi;
  • i sindacati sfilano nelle piazze “contro la spending review”;
  • le procedure burocratiche, come è ovvio, sopravvivono ad ogni proclamazione di semplificazione; perché le semplificazioni effettive nessuno veramente le vuole, per non perdere brani del proprio burocratico potere;
  • dei partiti politici che si preparano alle elezioni, solo uno, peraltro portabandiera del populismo più sfegatato, si propone di rinnovare la classe dirigente del Paese: dagli altri (salvo contestate eccezioni) soliti volti, solite vacuità e consunte retoriche delle quali l’Italia ha già sperimentato gli effetti;
  • la verità è un peccato, l’affabulazione una virtù, la responsabilità è degli altri, l’illusione uno strumento di lotta politica.

Che cosa dovrebbe pensare, dicevamo, questo creditore o investitore o osservatore, di un Paese del mondo occidentale dove accade tutto ciò?

Non preoccupatevi, questo era solo un gioco dell’immaginazione!
In realtà, il destino dell’Italia non lo fanno né i creditori né gli investitori né gli analisti né gli osservatori internazionali.
Il destino dell’Italia si fa a Vasto, altroché nel mondo!
Roma 28 settembre 2012

sabato 22 settembre 2012

Un salutare ripasso di cultura Greca


Penelope
(di Felice Celato)

Narra Omero che la bella Penelope, fedele moglie del grande eroe Ulisse e, quindi, regina di Itaca, volendo ad ogni costo resistere alle pressioni dei Proci perché scegliesse uno di loro e ne diventasse la moglie, abbia concepito un ingegnoso stratagemma per sottrarsi a quello che, dato per morto Ulisse sulla via del ritorno da Troia, sembrava essere il suo inevitabile destino: diventare la sposa di uno di quei viziosi nobilastri che ambivano soprattutto ad impadronirsi dello scettro dell’isola di Itaca, appunto sposandone la regina. Dunque Penelope fece sapere ai Proci che avrebbe deciso quale di loro scegliere solo dopo che avesse finito di tessere il sudario funebre dell’amato suocero Laerte; e mentre di giorno si mostrava intenta alla tessitura del lenzuolo, di notte, segretamente, ne disfaceva la tela, cosicché il lavoro mai progrediva e Penelope poteva guadagnare tempo coltivando in cuor suo la certezza che Ulisse sarebbe comunque tornato.
Per la verità l’ingegnoso artifizio ad un certo punto della storia, se ben ricordo, venne rivelato ai Proci da un’ancella infedele e solo l’arrivo di Ulisse e la spietata vendetta che lo stesso trasse sui giovani Proci, riuscirono a sottrarre Penelope al suo ormai inevitabile destino.
Dunque la tela di Penolope è diventata il simbolo di un’indefessa attività di costruzione e de-costruzione, messa in atto, con vece continua, nell’intento di posticipare una scelta cui altrimenti si sarebbe costretti.
Fin qui, l’antica cultura greca, che molto ha insegnato all’uomo occidentale di tutti i tempi della storia.
Bene: leggendo le povere cronache politiche del nostro povero Paese, stremato dai suoi Trimalcioni, mi è sorto il sospetto che il mito di Penelope si appresti a tornare di moda e che di esso stia facendo un manifesto “politico” proprio chi, del PD (una possibile Penelope Democratica?), potrebbe essere un ottimo alleato idoneo alla bisogna; leggo infatti (sul Corriere di oggi, a pagina 11), che l’ottimo Vendola ha fissato, con piglio determinato e di nuovo nella fatal Vasto, le quattro condizioni perché ci sia un “vero” centrosinistra (cito però solo le due più perspicue ed esplicite): 1. rottura con il liberismo e l’austerità; 2. capovolgimento dell’agenda Monti.
Così, dopo aver menato (giusto) vanto di un sostegno leale al Governo Monti ed alle sue tessiture per sottrarre l’Italia alla più drammatica crisi finanziaria della sua storia, il PD si organizzerebbe, con alleati adatti alla sciagurata impresa, per guastarne la tela con determinazione sistematica e furia iconoclasta.
Sono sicuro che domani leggeremo, come dicono i bravi giornalisti, gli altolà del PD; temo però, sulla base dell’esperienza di questi ambigui tempi, che non saranno così determinati come il l’odierno proclama e che forse i nostri timorosi creditori non leggano le edizioni domenicali dei nostri giornali.
Sarebbe un peccato! Non vorrei che Bersani-Procuste (che cerca di allungare o di scorciare il corpo dei suoi alleati per adattarli al suo letto) diventi, domani, un Bersani-Penelope, dimostrando che la Grecia non ha detto abbastanza agli Italiani, né quella antica né quella di oggi!
Fuori di metafore mitologiche: stiamo attenti, stiano molto attenti i nostri politici, che un nuovo sobbalzo del costo del denaro per l’Italia non ci obblighi a chiedere gli aiuti che la Spagna si appresta a chiedere! Perché, se così accadesse, la capitale della nostra sovranità non sarà più nella ridente cittadina adriatica (Vasto) ma nella assai più gelida Francoforte!
Roma, 22 settembre 2012

mercoledì 12 settembre 2012

Divertissement democratico


Consultazione popolare

Un carissimo ed antico amico, da qualche tempo fedele lettore di questo blog, mi ha segnalato una cosa che, da vero democratico (sia pure in continua tentazione aristocratica e forse un po’ snob), vorrei sottoporre al popolo, spesso stolto ma sempre sovrano.
Dunque dice il mio amico che nei miei scritti c’è sovrabbondanza di parentesi. Io ho provato a difendermi, scrivendogli: “volendo ideologizzare un vezzo o forse un vizio, funzione delle parentesi vorrebbe essere quella di consentire la percezione del filo del discorso ( in fondo ciò che è fra parentesi può essere saltato) già solo scorrendo lo scritto, salvo poi leggerlo con calma cogliendone le sfaccettature. Ed in fondo, le parentesi consentono un  fluire del discorso analogo a quello del pensiero, che, mentre scorre, naturalmente percepisce, qua e là, possibili afflussi o deflussi laterali, come fossero gli affluenti di un fiume”.
Però, poiché il rilievo può ben essere fondato (perché chi lo fa è persona acuta e di primissima levatura intellettuale), che cosa c’è di meglio che rimettersi al popolo (dei lettori)?
Dunque, per il quesito ho immaginato tre risposte:
A.    Sì, ci sono troppe parentesi
B.   No, va bene così
C.   Anzi, aumentale pure!
Un po’ come accade in Italia con molti referendum, ho voluto tenermi aperta la strada di fare di testa mia; perciò le risposte possono pure arrivarmi telefonicamente (e quindi restando incontrollabili. Oddio! In Italia, si dovrebbe precisare: almeno teoricamente!). Del resto chi mi conosce sa bene che ho una innata tendenza (che non sempre riesco a controllare) a fare il bastian-contrario (in questo caso vestendo anche le penne del perfetto democratico)! Basta contare le parentesi che ho usato in questo breve scritto mentre sono ancora sotto giudizio del popolo!
Roma 12 settembre 2012

domenica 9 settembre 2012

Stupi-diario esagerato


Secondo me, ne vedremo delle brutte!
(di Felice Celato)

Cerco di evitare di seguire le fatuità dei commenti dei “politici” meno rilevanti (ai miei occhi, s’intende), anche se costituirebbero il “pabulum” ideale per il nostro stupi-diario (lo ricordo, a scanso di equivoci: sempre ambiguamente vagante fra il puro stupore e la disarmante stupidità associabili alle tante cose che si leggono).
Ma oggi, sul Corriere, mi sono imbattuto in due commenti cui volentieri attribuirei la palma…diciamo dell’ incongruità stupefacente . La prima è del pensoso Fassina, la seconda del fattivo Vendola. Dice Fassina commentando l’ipotesi del cosiddetto Monti-bis: “Ci sono pressioni fortissime per farlo scendere in campo da parte di uno schieramento di interessi che vuole lasciare i costi degli aggiustamenti economici sulle spalle dei lavoratori e coprire con il velo dell’agenda Monti queste scelte.” Vendola, invece, non parla solo, ma con piglio da vero leader, agisce; così, annuncia al forum promosso dalla campagna “Sbilanciamoci”( se è in senso economico, l’abbiamo già fatto!) che martedì depositerà in Cassazione i quesiti referendari contro “la vergogna dello sfregio [sic!] dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e dell’articolo 8”.
Facendo il verso ad un mio vecchio capo, mi verrebbe da dire: si può essere…..incongrui ma non bisogna esagerare!
Nel frattempo Bersani-Procuste pensa alle primarie col doppio turno (forse carpiato!).
Mah! Quanto saranno difficili le prossime elezioni!
Roma 9 settembre 2012