martedì 24 maggio 2022

Viaggi di mare

Gli strani percorsi della memoria

(di Felice Celato)

Ci sono (meglio: ci sarebbero, se non si fosse sostenuti dalla Speranza che lo Spirito Santo potrebbe, ad un certo punto, …gonfiare le Sue gote e soffiare con ancora più robusta energia sulla storia di questa confusa umanità) molte ragioni per essere depressi; provo a farne un elenco certamente incompleto:

  • la pandemia e poi, a seguire, la sanguinosa paranoia Putiniana,
  • le “nuove” infezioni di origine scimmiesca, 
  • l’inflazione, la stagnazione, i rischi energetici, 
  • le sanzioni e i loro possibili risvolti,
  • la decozione mentale della nostra politica (e di molti ecolalici mass media),
  • la sconsiderata dimenticanza di nostri storici problemi, all’insegna del “ristoro” e del “bonus”,
  • la statolatria assunzionista nazional-popolare,
  • etc, etc., etc….

E non c’è dubbio che chi, come me, non è preso da urgenze di fare, ne sia più depresso, in funzione del tempo (insensato) che può dedicare a seguire le cronache di quelle vicende (il lavoro – come diceva Pavese – stanca; e purtuttavia concentra la mente sul fare bene, a testa bassa, quel che si è pagati per fare bene).  

Per cercare di sottrarmi al deprimente ciclo, ho voluto festeggiare il (naturalmente mancato) compleanno della mia defunta madre (oggi avrebbe compiuto 94 anni) con una devozione tipicamente gesuitica, la festa della Madonna della Strada, affrescata in uno storico dipinto, particolarmente caro a Sant’Ignazio e conservato in una bella cappella della romanissima chiesa del Gesù. 

Come spesso accade nelle più belle preghiere della Chiesa, le parole si rimandano gli echi di secoli di fede ma parlano in ogni presente con i sensi appropriati per quel presente. E così, leggendo la preghiera alla Madonna della Strada (accompagnaci sulle vie del mondo, tu che hai camminato sui monti della Giudea, portando sollecita Gesù e la sua gioia, sulla strada da Nazareth a Betlemme…sul cammino dell’esilio, …sulla via del Calvario) la mia mente – nella memoria materna – è corsa alle vie del mondo sulle quali sono stato accompagnato, ai luoghi della mia giovinezza adriatica e a qualche immagine di essi che misteriosamente mi è tornata vivida (Ave Maris Stella, c’è scritto sulla facciata della Chiesa della Madonna della Marina a San Benedetto del Tronto).  Inevitabilmente – ormai i miei lettori conoscono i miei circuiti – alla memoria si è affacciato con prepotenza l’incipit dell’ inno mariano scritto da Benedetto XVI (in Spe Salvi, 48): Ave Maris StellaLa vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo « sì » aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell'Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi?

 

Il viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, è, forse in buona parte, anche il nostro viaggio nel presente; e gli astri che ne indicano la rotta, le luci di speranza, sono  le persone che hanno saputo vivere rettamente (spesso in tempi difficili non meno dei nostri) seguendo con tenacia il loro navigare, luci vicine, piccoli astri che ci hanno tenuto in braccio, con gli occhi già rivolti alla nostra rotta. Nella loro memoria, la nostra rotta, l’orientamento per la nostra traversata

Roma, 24 maggio 2022 (festa della Madonna della Strada)

 

 

mercoledì 11 maggio 2022

Guerra e pace

A.F.A.I.K.

(di Felice Celato)

Come ogni anno, il passaggio della stagione verso l’agognata primavera-estate mi cagiona una certa neghittosità; quest’anno aggravata da qualche lieve malanno e, soprattutto, dalla natura del tema del quale sarebbe impossibile non occuparsi.

Non mi va di scrivere, ma – e questo è veramente insolito – non mi va nemmeno di leggere; e allora le nostre conversazioni asincrone languono (ma non per carenza di materia). Per carità, non è – questo – di per sé un male grave; anzi – starei per dire – nel diffuso ciaccolare sarebbe un bene. E tuttavia mi fa piacere analizzarne brevemente con i miei lettori le “ragioni”.

Una cosa mi pare certa: viviamo un periodo drammatico, per la gravità (e la vicinanza) dei fatti e per l’ancora più grave carico di possibili conseguenze. Il fatto è, però, che la diffusa tendenza ad assumere una posizione mi pare largamente viziata da alcuni a priori oscillanti fra la banalità dell’enunciato (alzi la mano chi non è a favore della pace e non mi periterò di dargli pubblicamente dell’imbecille!), il pregiudizio ideologico (di putinisti e di anti-occidentalisti viscerali), la vanità dell’enunciante (vedansi diversi talk-showmen), la vacuità di certe ipocrite ideone (soccorrere il resistente somministrandogli armi non letali) e l’improbabilità di una diffusa deep knowledge di fatti, di dinamiche e, soprattutto, di conseguenze possibili. 

Certo, c’è l’evidenza dei fatti (uno stato indipendente barbaramente aggredito per assecondare le pretese e le paranoie dell’aggressore) e l’urgenza (civile e morale) di un’azione, essendo l’inazione (il passare oltre del sacerdote e del levita della famosa parabola del buon samaritano) forse più colpevole di ogni azione. 

Ma da qui all’essere certi su che cosa sia meglio fare corre un mare di incertezze che molti navigano con pubblici enunciati ma che i più assennati temono per la profondità dei mali che ciascuna azione rischia di implicare (mali anche indiretti, soprattutto nell’ottica di paesi dalle deboli ed instabili pubbliche opinioni; provate ad immaginare che cosa succederebbe il Italia nel caso di un significativo shortage di gas ad ottobre, a pochi mesi dalle elezioni politiche del 2023!). 

Questo mi pare essere più che bastante per esprimere – per quel nulla che conta – la mia debole opinione facendo ricorso ad una “clausola” che si usa spesso nella felpata comunicazione degli yuppies più avveduti (che non sono molti) con l’acronimo A.F.A.I.K. (as far as I know): la linea d’azione espressa da Macron e da Draghi mi pare quella che meglio naviga fra gli (insopprimibili) imperativi morali/civili e la caterva dei rischi impliciti nelle azioni che tali imperativi suggeriscono.

Per la materia e per… la stagione queste povere parole costituiscono il massimo dello sforzo che riesco a fare per non astrarmi del tutto dal presente.

Roma,11 maggio 2022