mercoledì 11 maggio 2022

Guerra e pace

A.F.A.I.K.

(di Felice Celato)

Come ogni anno, il passaggio della stagione verso l’agognata primavera-estate mi cagiona una certa neghittosità; quest’anno aggravata da qualche lieve malanno e, soprattutto, dalla natura del tema del quale sarebbe impossibile non occuparsi.

Non mi va di scrivere, ma – e questo è veramente insolito – non mi va nemmeno di leggere; e allora le nostre conversazioni asincrone languono (ma non per carenza di materia). Per carità, non è – questo – di per sé un male grave; anzi – starei per dire – nel diffuso ciaccolare sarebbe un bene. E tuttavia mi fa piacere analizzarne brevemente con i miei lettori le “ragioni”.

Una cosa mi pare certa: viviamo un periodo drammatico, per la gravità (e la vicinanza) dei fatti e per l’ancora più grave carico di possibili conseguenze. Il fatto è, però, che la diffusa tendenza ad assumere una posizione mi pare largamente viziata da alcuni a priori oscillanti fra la banalità dell’enunciato (alzi la mano chi non è a favore della pace e non mi periterò di dargli pubblicamente dell’imbecille!), il pregiudizio ideologico (di putinisti e di anti-occidentalisti viscerali), la vanità dell’enunciante (vedansi diversi talk-showmen), la vacuità di certe ipocrite ideone (soccorrere il resistente somministrandogli armi non letali) e l’improbabilità di una diffusa deep knowledge di fatti, di dinamiche e, soprattutto, di conseguenze possibili. 

Certo, c’è l’evidenza dei fatti (uno stato indipendente barbaramente aggredito per assecondare le pretese e le paranoie dell’aggressore) e l’urgenza (civile e morale) di un’azione, essendo l’inazione (il passare oltre del sacerdote e del levita della famosa parabola del buon samaritano) forse più colpevole di ogni azione. 

Ma da qui all’essere certi su che cosa sia meglio fare corre un mare di incertezze che molti navigano con pubblici enunciati ma che i più assennati temono per la profondità dei mali che ciascuna azione rischia di implicare (mali anche indiretti, soprattutto nell’ottica di paesi dalle deboli ed instabili pubbliche opinioni; provate ad immaginare che cosa succederebbe il Italia nel caso di un significativo shortage di gas ad ottobre, a pochi mesi dalle elezioni politiche del 2023!). 

Questo mi pare essere più che bastante per esprimere – per quel nulla che conta – la mia debole opinione facendo ricorso ad una “clausola” che si usa spesso nella felpata comunicazione degli yuppies più avveduti (che non sono molti) con l’acronimo A.F.A.I.K. (as far as I know): la linea d’azione espressa da Macron e da Draghi mi pare quella che meglio naviga fra gli (insopprimibili) imperativi morali/civili e la caterva dei rischi impliciti nelle azioni che tali imperativi suggeriscono.

Per la materia e per… la stagione queste povere parole costituiscono il massimo dello sforzo che riesco a fare per non astrarmi del tutto dal presente.

Roma,11 maggio 2022

 

 

 

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