Tre segnalazioni
(di
Felice Celato)
Dal
punto di vista delle letture (l’unico, forse) il 2013 è cominciato bene; così
mi affretto a segnalare tre libri che mi sento di raccomandare ai cultori delle
buone pagine scritte.
Il
primo è un’opera non recente di Amos Oz (è di quasi vent’anni fa) che finora mi
era sfuggita: Una pantera in cantina (Feltrinelli).
Narra la storia di un’amicizia fra un fantasioso ragazzino ebreo ed un soldato
inglese al tempo del Mandato britannico sul nascente Israele. Si tratta di una
vicenda delicata, scritta con ironia e buon gusto, che si lascia leggere con
grande piacere.
Il
secondo è, invece, un romanzo più corposo della scrittrice inglese Muriel Spark
(Memento mori, Adelphi) scritto con
ironia tutta british e padronanza
della tecnica narrativa: alle vicende intricate e anche un po’ squallide di
vecchi e vecchie inglesi della ricca borghesia fa da sfondo (anzi è il vero
protagonista della storia) un senso
disincantato della vita e della decadenza senile, certamente triste ma trattato
con leggerezza non priva di profondità (anche psicologica).
Il
terzo, infine, è un libro più “tosto” ma straordinariamente interessante
(Emmanuel Carrère, Limonov, Adelphi)
sia per la tecnica narrativa sia per il contenuto. Si tratta di una specie di
biografia di un autore russo contemporaneo (appunto Eduard Limonov) dal profilo
umano molto complesso, un po’ teppista, un po’ esaltato, un po’ carogna, un po’
cultore di una forza interiore che spesso attinge. Le sue tormentate ed
avventurose vicende, fra letteratura e confusionario movimentismo politico,
attraversano buona parte della storia della Russia negli ultimi 50 anni che
Limonov incrocia sempre con rabbia e spirito eversivo, quasi mai con coerenza;
e per questo la sua biografia finisce per essere un’occasione per raccontarla,
questa storia dei passaggi dall’URSS di Krusciov fino alla Russia di Putin, così
come la vede uno scrittore, l’autore, profondo conoscitore di quel mondo (per
ragioni familiari) e delle sue complicate convulsioni. La tecnica narrativa, che
più sopra definivo interessante, si articola su un piacevole miscuglio di
fedeltà biografica, di immaginazione e di continue incursioni nella vicenda stessa
della narrazione, ispirata da incontri presumibilmente veri fra il narratore e
il narrato e da memorie parallele dell’autore
stesso. Dunque, direi, una biografia in vita, scritta da un biografo non
distaccato, oscillante fra l’antipatia e la simpatia per il soggetto della
narrazione.
Il
libro è corposo (350 pagine molto fitte) ma non stanca e non annoia mai. Non
ostante la diffidenza che ho spesso verso i libri dal largo e recente successo,
mi sento di raccomandare vivamente il Limonov
di Carrère, non foss’altro per ripercorrere tratti di una storia contemporanea
che ci è passata incredibilmente vicina.
Roma
18 gennaio 2013
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