Pensieri neri
(di
Felice Celato)
So
benissimo di non possedere (almeno per quel che riguarda la vita civile di
questo Paese) un approccio…molto speranzoso; perciò mi abbandono senza rimorsi
a qualche previsione non proprio “ottimista”, certo che i pochi (ma amati)
lettori di queste note non se ne sorprenderanno.
Dunque,
secondo la mia visione, stiamo per entrare in un nuovo periodo molto buio (senza essere usciti da quello appena precedente); e
provo a sintetizzare le ragioni di questa (secondo me facile ma dura)
previsione.
Contesto
politico: il Governo mi pare inadeguato a guidare un’uscita dalla crisi; e
ciò non per l’insufficienza degli uomini che lo compongono (alcuni dei quali
senz’altro di grande qualità) ma per l’inadeguatezza culturale dei partiti che
(fino ad oggi, 24 giugno) lo sostengono (da domani, vedremo). Il PD non ha
ancora capito dove vuole stare e non riesce a parlare il linguaggio della
verità e della responsabilità coi suoi (declinanti) elettori; il PdL pensa
solo al proprio posizionamento elettorale (o a quello giudiziario del proprio leader), talora “sparando” grossolane stupidaggini e spesso alimentando una fronda mediatica di destra
che (pericolosamente) le supporta. Le scelte congiunte fatte fino ad oggi sono
state quasi tutte nel senso del rinvio dei problemi e delle sospensioni
decisionali; e, comunque, per opinione comune degli osservatori liberi da
vincoli ideologici, largamente sottodimensionate rispetto all’imponenza e
all’urgenza dei problemi che abbiamo difronte. Dalle opposizioni non c’è nulla
da aspettarsi o per insufficienza di preparazione o per predominanza di
retoriche favolistiche.
Contesto
economico: la crisi economica morde sempre più in profondità, colpendo
anche le categorie più professionalizzate e l’imprenditoria più vivace, in
particolare quella minuta (commercianti, piccoli imprenditori, etc). I
sindacati – ora riallineati nel senso vacuamente rivendicativo che ha
caratterizzato l’ultima manifestazione “unitaria” – rappresentano solo i
pensionati e le classi più protette (generalmente le più anziane) del mondo del
lavoro. L’imprenditoria nazionale restringe il suo impegno, quella
internazionale è messa in fuga dalla complessità (eufemismo!) del Paese.
Contesto
finanziario: aspettiamoci (quanto meno) un rialzo dei tassi (già iniziato
in questi ultimi giorni) e del famoso “spread”. Un solo punto percentuale in più
sui 300 e passa miliardi di € in scadenza nei prossimi 12 mesi, da solo vale 3
miliardi di € di maggior deficit e di maggior debito. La “macchina fiscale” è
in affanno da impopolarità (e certe sue scelte operative la giustificano anche)
mentre la tassazione è diventata opprimente.
Contesto
sociale: il declino antropologico non sembra arrestarsi, la moltitudine sola ma senza solitudine e senza
personalità non sembra in grado di arginare lo sfarinamento del tessuto
connettivo del paese. Troppe sciocchezze circolano nella “pubblica opinione”
mietendo temporanei ma vigorosi successi. Le reazioni dei mondi più ricchi di
valori umani e culturali (che, pure, ancora ci sono!) è debole ed isolata, non
riesce a “quagliare” una visione dell’impegno civile che vada oltre lo sforzo
individuale e silenzioso.
In
sintesi: i problemi che dobbiamo affrontare soverchiano largamente le
possibili soluzioni che riusciamo a mettere in campo, nell’attuale contesto politico,
economico e sociologico. Occorrono una determinazione, un pragmatismo, una
libertà di pensiero esente da vincoli ideologici, una visione di lungo periodo
ed una capacità di coagulare attorno ad essa le migliori forze del paese;
occorrenze che, tutte insieme, non sembrano alla portata del contesto in cui
viviamo.
Ricette:
non ne vedo, senza un profondo rivolgimento della nostra governance, peraltro non esente da rischi nel depresso contesto
culturale che viviamo.
Speranze:
forse mi sbaglio!
Roma,
24 giugno 2013
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