martedì 14 giugno 2011

Modesta proposta per l'emergenza

BASTIAN CONTRARIO
(di Felice Celato)



Non vorrei fare il bastian contrario (cosa che,peraltro, spesso mi riesce bene), ma credo che il clima di euforia (con relative retoriche romantico-visionarie) che caratterizza molte analisi dei risultati referendari sia fuori luogo e gravido di pericoli. E spiego perché:


1. l’Italia sembrerebbe essersi improvvisamente riscoperta un paese a cultura socialista: a sostanziale parità di votanti le schiaccianti maggioranze abrogazioniste sono state ancora più schiaccianti sui referendum per l’acqua: no alla privatizzazione delle gestioni, ancora più no per la remunerazione del capitale investito, meno no al legittimo impedimento, ancora meno no al nucleare. Ciò vuol dire che il Paese ha chiaramente indicato che desidera la gestione pubblica dei servizi ancora più di quanto desideri la “denuclearizzazione” del paese, che pure desidera tanto.


2. Ora, perché i servizi pubblici (in particolare la distribuzione dell’acqua) funzionino decentemente occorrono investimenti; ed essendo questi riportati a carico dello Stato, occorrerà che lo Stato si indebiti ulteriormente.


3. Ma lo Stato ha già un’imponente mole di debiti: è di oggi la notizia che abbiamo sfondato quota 1890 mdi. Il messaggio referendario sembrerebbe: non ci importa di subire una pesante tassazione, purchè i servizi restino pubblici; dunque tassateci ancora di più!


4. D’altra parte il governo, scosso dagli schiaffi, pensa di reagire brandendo in limine mortis l’arma della riforma fiscale (che, detta in parole pratiche, vorrebbe significare meno tasse): mostriamo coraggio, si dicono alcuni del governo, detassiamo per recuperare consensi senza preoccuparci (nel breve, spero pensino) del maggior deficit da finanziare ogni anno: sarà (immagino pensino) la ripresa dell’economia che ne conseguirebbe a compensare il maggior deficit.


5. Ma l’economia ristagna pericolosamente, perché l’Italia ha perso da anni slancio e competitività (per chi li volesse sono disponibili eloquenti grafici a base decennale; ma basta leggere la Relazione della Banca d’Italia per convincersi che è così); dunque per rimetterci in carreggiata occorrerà che l’effetto della detassazione sia immediato e forte. E comunque per uscire da anni di letargo non ci vorrà poco tempo (anche perché alcune delle ragioni del letargo sono di natura sociologica e culturale).


6. Nel frattempo l’Europa e i mercati finanziari ci chiedono tagli alla spesa e il governo aveva doverosamente promesso solo un paio di mesi fa di farne e da subito. Sullo sfondo aleggia il default della Grecia ed il declassamento del debito (quando un debito viene declassato gli interessi da pagare ai mercati aumentano e la nostra “bolletta” per interessi è già salatissima).


7. Tremonti, per nostra fortuna uomo di stato, esita (sarebbe meglio dire: recalcitra, sempre per fortuna) ma la pressione su di lui aumenta ed il governo appare disperato (sarebbe forse meglio dire: disperatamente attaccato alla propria sopravvivenza).


8. In questo contesto potrebbero innescarsi azioni sconsiderate: il governo detassa e l’opposizione per non farsi accusare di essere il partito dell’odiata tassazione – che però gli elettori del referendum non sembrano temere – non si opporrà o, perlomeno, non si opporrà efficacemente. Il paese potrebbe precipitare nel baratro delle proprie contraddizioni e insufficienze culturali.


9. Ma potrebbe anche accadere che si riescano ad evitare sconsideratezze; allora il governo potrebbe tirare a campare o potrebbe spostare la captatio benevolentiae dell’elettorato su altri scenari, con gravi danni per il Paese e con buone probabilità di arrivare fino al 2013. L’esitazione dell’opposizione a chiedere il voto di fiducia il 22 lascia pensare che esistano condizioni parlamentari tali da assicurare al governo una stentata sopravvivenza, rafforzata anche dall’impreparazione dell’opposizione ad un accelerato confronto elettorale.


Che fare? Non sono un esperto di politica; ho molto apprezzato il pacato commento di Bersani sulle discussioni interne al governo (coraggio vs prudenza): lasciamoli pensare a come uscire dal pantano in cui siamo.


Provo a formulare una mia proposta che presuppone un accordo bi-partisan, pronto a prendermi una gragnola di fischi: ad emergenza grave, anzi gravissima, corrispondano, questo ne è il senso, misure veramente straordinarie, per esempio:


• sostanziosa riduzione delle imposte sui redditi delle società e dei privati;


• contemporanea patrimoniale (da definire quanto a modalità e profondità) per abbattere una tantum il debito pubblico, magari compensata dall’assegnazione di quote del residuo patrimonio mobiliare pubblico ai (tar)tassati;


• ripresa degli investimenti pubblici ( a condizione che si tratti di investimenti, non di spese; chi ha fatto anche il solo primo anno di ragioneria sa la differenza);


• tagli “verticali” alla spesa pubblica (vedasi ultima relazione del Governatore della Banca d’Italia)


• “salvacondotto” al premier per porre fine all’attaccamento al governo come antidoto ai processi in corso;


• elezioni a marzo;


• successiva revisione della Costituzione (parte II), mediante un’apposita assemblea eletta con metodo proporzionale.


Che cosa mi aspetterei da un simile quadro che direi di emergenza ma anche di pacificazione nazionale? A parte l’elusione di uno scenario distruttivo e populista (ti detasso, anche se non potrei, perché tu mi voti) o anche solo tragicamente attendista, mi aspetterei la brusca rieducazione dell’elettorato (il debito pubblico è un tuo debito; i politici si votano in ragione di quanto meglio spendono non di quanto più spendono o promettono di spendere ) e il ripristino di una condizione di normalità della vita politica. Dimenticavo: è facile prevedere che una simile manovra venga apprezzata dai mercati finanziari con conseguente diminuzione degli interessi da pagare sul debito pubblico comunque ingente che ne residuerebbe.


Si dirà: ma tutto questo per l’esito dei referendum? No, lo pensavo anche prima; ma i referendum hanno posto un’accelerazione agli scenari in movimento.


Si dirà ancora: ma ti pare possibile uno scenario così irenico? A parte che irenico non sarebbe, oso sperare di si.






14 giugno 2011










2 commenti:

  1. Certamente una proposta ragionevole e conseguente all'analisi: un "pacchetto" sensato se si vuole davvero innescare un processo virtuoso per il bene di tutti. Quello che temo lo renda inattuabile non riguarda dunque il merito della proposta, ma l'assenza di un soggetto politico sufficientemente coraggioso da farla sua e da pagare il prezzo dei risvolti impopolari che essa comporterebbe. Berlusconi ha giurato che mai per nessuna ragione sarebbe ricorso alla patrimoniale, l'attuale opposizione non potrebbe né condurre una campagna elettorale appetibile proponendo tagli "verticali" alla spesa pubblica, né operarli (se pure dovesse vincere) senza perdere verticalmente consenso. Temo che, come spesso accade, le proposte più ragionevoli finiscano per essere le meno percorse. Ovviamente spero di sbagliarmi.

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  2. Le proposte del saggio Celato sono dure da digerire ma probabilmente l’unica medicina per il nostro malato paese. Solo due considerazioni.

    Non penso vadano fatte grandi analisi sui testi dei quesiti referendari e sulle risposte degli italiani (in particolare i due sull’acqua dove le percentuali dei sì variano lasciando intendere che una parte degli elettori sia consenziente a darne la gestione ai privati se questi opereranno gratis). Gli italiani si sono recati al voto fondamentalmente per dare una risposta a questo quesito: a chi gestisce televisioni, assicurazioni, immobiliare ed è padrone del governo, e ha comportamenti pubblici e privati che ci fanno vergognare (nonostante in lui avessero sperato tanti italiani), a questo personaggio vuoi dare anche la possibilità che direttamente o attraverso la sua cricca abbia in mano anche l’acqua? A questo interrogativo gli italiano hanno detto un solenne no. Non si fidano più. Finalmente!
    Solo che questa persona è anche l’ Istituzione. E per proprietà transitiva, la sfiducia data a Berlusconi è una chiara sfiducia rivolta al governo ed alle istituzioni dello stato. Anche alle opposizioni? Senz’altro. “I politici son tutti uguali!”

    Allora chi potrà imporre al paese le misure così dure come propone Celato senza che anche in Italia si avvii una rivolta imponente come quella Grecia? Solo una classe politica che sappia riconquistare la fiducia degli italiani. E bisogna fare in fretta. La crisi non attende, avanza.
    Diffido da chi, semplicisticamente, ritiene che per avere una classe politica che ricostruisca questo rapporto fiduciario basti partire da un ricambio generazionale. Si può essere cretini (o demagoghi) a tutte le età. Io penso che il percorso da maratoneta avviato da Bersani sia il più convincente. “Ma non ha appeal ! ” Ebbe’, non cerchiamo mica miss Italia! “Non infiamma i cuori !” Con i venditori di sogni non c'è futuro. "Non è un leader !" Certo non è Berlusconi, e meno male. Vogliamo una squadra ed un programma, concreto e raggiungiible.
    Solo se gli italiani avranno fiducia nel primario e nella sua equipe potranno accettare di sottoporsi ad un salasso, indispensabile per recuperare la salute.
    Secondo me, siamo sulla buona strada.

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