giovedì 9 giugno 2011

In margine ai referenda

Siamo "cotti"?


(di Felice Celato)


In mezzo alle tante (ed interessanti ed istruttive ) discussioni sui prossimi referenda (plurale latino di referendum!), fra gli argomenti che mi è capitato di raccogliere dai diversi amici che ho ( e mi hanno) interrogato mi è capitato di confrontarmi con uno, utilizzato da alcuni in più casi, che mi ha particolarmente (e amaramente) fatto riflettere.


Sgombriamo il campo dalle intenzioni di voto che qui non hanno rilievo (per quanto mi riguarda voterò due no convinti, un no convinto ed omerico – 2° quesito sull’acqua – ed un sì perplesso sul legittimo impedimento) e concentriamoci sull’argomento insidioso che è stato affacciato, non senza fondamento apparente, e che mi ha colpito per il suo significato profondo.


Con riferimento al referendum sul nucleare, qualcuno ha osservato: ma te lo immagini tu, in Italia, che tipo di affidabilità possono avere le mille cautele costruttive da riservarsi alle centrali nucleari? Te lo immagini che tipo di credibilità possiamo riservare in questo Paese alle gabbie di cemento che andrebbero costruite per contenere i rischi dell’atomo? Non hai presenti le frodi, le ruberie e le sciatterie che hanno caratterizzato la realizzazione di tante opere pubbliche (o non pubbliche)?


Con analogo approccio, a proposito del 2° referendum sull’acqua, qualcuno ha osservato: ma te li vedi tu i nostri enti concedenti esercitare quegli occhiuti controlli che dovrebbero presidiare il buon funzionamento del rapporto concessorio? Credi veramente che funzionerebbe, senza mille compromissioni palesi ed occulte, il ruolo di vigilanza che, anche ai sensi del decreto legislativo 152 (all’articolo 151), il concedente dovrebbe esercitare per garantire efficacia ed efficienza alla rete distributiva e sviluppo puntuale dei programmi di investimento per l’ammodernamento e l’incremento della rete distributiva?


Come dicevo non possono negarsi al duplice argomento la dignità del fondamento e la concretezza del realismo; e questo ne fa un argomento insidioso, specie presso chi fa o vorrebbe fare del realismo il presupposto di una visione (entro certi limiti) pragmatica della realtà.


D’altro canto però, l’argomento denota un atteggiamento che mi viene difficile accettare: siamo arrivati dunque ad un tale livello di sfiducia in noi stessi da portarci a dubitare delle nostre stesse capacità di fare e di fare bene? A tal punto è giunta la nostra autorappresentazione negativa che riteniamo di non poter fare una scelta razionale per il peso irrazionale della nostra propensione al pastrocchio (parola che attingo con piacere dal lessico della mia gioventù provinciale)?


Scusate il ritorno pervicace al tema di una precedente riflessione (rimasta senza vostri commenti), ma ai nostri figli che cosa diremo: avremmo voluto lasciarvi una realtà migliore ma non ci siamo riusciti perché non avevamo fiducia di saper fare ciò che avremmo anche voluto fare?


Se fosse questo il nostro atteggiamento, perché (come mi faceva osservare un autorevole amico) andremmo a votare, non dico per i referenda ma addirittura per qualsiasi altra consultazione politica o amministrativa? A che servirebbe scegliere quanto ci sembra bene se questa scelta fosse, dall’origine, inquinata da una nozione del bene ridotta al meno peggio, da una percezione triste di inattingibilità del bene? [Per quanto ovvio, sottolineo che sto usando il concetto di bene in un’accezione molto umana, forse solo sociale]


Siamo veramente troppo smarriti per ritrovare da soli la via del ritorno, come tanti Ulisse che si muovano per mare attenti solo a galleggiare senza un vero desiderio di Itaca, come mangiatori di loto sopraffatti da un profondo sopore che toglie ogni voglia di remare tenendo la rotta?


Siamo, per dirla … crudamente, così “cotti”?


Dalle memorie di tanti anni spesi occupandomi di costruzioni e di infrastrutture ( i periodi più belli della mia vita professionale) mi tornano in mente le grandi dighe imponenti, i viadotti superbi, le antiche città sollevate dall’acqua, le lunghe gallerie, le autostrade coraggiose ….. tutto passato (sia pure da poco) …. tutto dimenticato ….. non siamo più capaci?


Roma 9 giugno 2011





2 commenti:

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  2. La cosa buffa dei risultati dei referendum sull'acqua è la differenza fra i no sul 1° quesito (4,20%ca) e i no sul 2° quesito (3,70%ca).A sostanziale identità del numero dei votanti, ciò significa che esiste uno 0,5% dei votanti che vorrebbe mantenere l'affidamento delle gestioni ai privati ma non vorrebbe che essi possano veder remunerato il loro investimento. Complimenti per la fiducia che questo piccolo gregge dimostra di nutrire nel disinteresse applicato all'esercizio di un impresa!

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