Quidquid recipitur
(di Felice Celato)
Quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur
(qualunque cosa viene ricevuta, viene ricevuta secondo la capacità di chi la
riceve): questo enunciato della filosofia medioevale – mi pare tratto da San
Tommaso e forse addirittura, prima ancora, da Sant’Agostino – contiene in sé
una verità di grande peso ermeneutico generale, in particolare – per noi
cristiani – per esempio nella storia della comprensione della Rivelazione come
in quella dell’esegesi biblica. Se volessimo banalizzarlo potremmo dire che
l’acqua prende sempre la forma del recipiente in cui viene versata e per certi
versi ne assume il senso: se verso un litro d’acqua in una bottiglia mi viene
in mente che possa servire a dissetare; se lo verso in un catino mi viene forse
in mente che possa servire per lavarsi le mani. Il recipiente cambia la mia
percezione dell’acqua, il suo senso.
Ma, se
volessimo utilizzarlo per valutare la coscienza dei nostri tempi, l’enunciato
dei vecchi filosofi ci fornirebbe un
quadro desolante della nostra realtà civile. Pensate ai tanti problemi così
complessi e decisivi che abbiamo di fronte (per esempio: dalla crisi verticale dell’Europa
al problema dei migranti nel breve e nel lungo termine, dal nostro soverchiante
debito pubblico alla stagnazione economica e alla sua scala dimensionale); e
poi raffrontateli al modo in cui vengono percepiti e dibattuti, alla qualità
del nostro dibattito politico infarcito di slogan
sincopati e smozzicati, destinati ad effimere elusioni e a suggestive
semplificazioni; o anche – se vogliamo – alla fenomenologia del pensare comune, soprattutto – ma non
solo – quella dell’opinionismo immediato di cui pullulano i nostri media, specie se social.
I recipienti sono quelli che sono e forse,
per ora, non possiamo farci nulla. Se sfogliamo i giornali o ascoltiamo qualche
rumoroso dibattito politico possiamo rendercene conto agevolmente. Prendete per
esempio gli scialbi commenti che hanno condito le parole – secondo me franche e
ricche di spunti seri – del presidente della BundesBank Jens Weidmann diffuse
qualche giorno fa in occasione di una sua visita in Italia: quasi tutti rivolti
al portatore dell’opinione (il recipiente tedesco) piuttosto che al contenuto delle sue
opinioni.
Il
fatto è che, continuando a travasare l’acqua, a passarla dalla bottiglia al
catino e viceversa quando ci sembra di averne bisogno per bere o per lavarci le
mani, piano piano ce ne sfugge la natura e forse se ne disperde anche di volta
in volta una piccola quantità, sicché alla fine non ce ne sarà a sufficienza né
per lavarci le mani né per dissetarci. Forse allora capiremo che l’acqua può
servire a tante cose e chi decide che farne non sono né il catino né la
bottiglia.
Roma,
1°maggio 2016, conosciuto come Festa dei lavoratori.
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