domenica 1 maggio 2016

Il problema dei contenitori

Quidquid recipitur
 (di Felice Celato)
Quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur (qualunque cosa viene ricevuta, viene ricevuta secondo la capacità di chi la riceve): questo enunciato della filosofia medioevale – mi pare tratto da San Tommaso e forse addirittura, prima ancora, da Sant’Agostino – contiene in sé una verità di grande peso ermeneutico generale, in particolare – per noi cristiani – per esempio nella storia della comprensione della Rivelazione come in quella dell’esegesi biblica. Se volessimo banalizzarlo potremmo dire che l’acqua prende sempre la forma del recipiente in cui viene versata e per certi versi ne assume il senso: se verso un litro d’acqua in una bottiglia mi viene in mente che possa servire a dissetare; se lo verso in un catino mi viene forse in mente che possa servire per lavarsi le mani. Il recipiente cambia la mia percezione dell’acqua, il suo senso.
Ma, se volessimo utilizzarlo per valutare la coscienza dei nostri tempi, l’enunciato dei vecchi filosofi ci  fornirebbe un quadro desolante della nostra realtà civile. Pensate ai tanti problemi così complessi e decisivi che abbiamo di fronte (per esempio: dalla crisi verticale dell’Europa al problema dei migranti nel breve e nel lungo termine, dal nostro soverchiante debito pubblico alla stagnazione economica e alla sua scala dimensionale); e poi raffrontateli al modo in cui vengono percepiti e dibattuti, alla qualità del nostro dibattito politico infarcito di slogan sincopati e smozzicati, destinati ad effimere elusioni e a suggestive semplificazioni; o anche – se vogliamo – alla fenomenologia del pensare comune, soprattutto – ma non solo – quella dell’opinionismo immediato di cui pullulano i nostri media, specie se social.
I recipienti sono quelli che sono e forse, per ora, non possiamo farci nulla. Se sfogliamo i giornali o ascoltiamo qualche rumoroso dibattito politico possiamo rendercene conto agevolmente. Prendete per esempio gli scialbi commenti che hanno condito le parole – secondo me franche e ricche di spunti seri – del presidente della BundesBank Jens Weidmann diffuse qualche giorno fa in occasione di una sua visita in Italia: quasi tutti rivolti al portatore dell’opinione (il recipiente tedesco) piuttosto che al contenuto delle sue opinioni.
Il fatto è che, continuando a travasare l’acqua, a passarla dalla bottiglia al catino e viceversa quando ci sembra di averne bisogno per bere o per lavarci le mani, piano piano ce ne sfugge la natura e forse se ne disperde anche di volta in volta una piccola quantità, sicché alla fine non ce ne sarà a sufficienza né per lavarci le mani né per dissetarci. Forse allora capiremo che l’acqua può servire a tante cose e chi decide che farne non sono né il catino né la bottiglia.
Roma, 1°maggio 2016, conosciuto come Festa dei lavoratori.



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