Pannella, laici e laicisti
(di
Felice Celato)
A
leggere i giornali di questi giorni si direbbe che gli Italiani siano un popolo
di coccodrilli. Tutti (destri e sinistri, laici e cattolici) piangono,
inconsolabili, la morte di Marco Pannella, “un gigante della politica” – così
ho sentito – cui però “il popolo sovrano” non ha mai concesso che briciole di
sporadico consenso elettorale, non ha mai assegnato una carica politica né uno
straccio di potere istituzionale; addirittura – come lamentava lui stesso – gli
è stato negato un accesso ai media
proporzionato al peso e alla presa delle sue posizioni, in materie difficili e
talora elitarie quanto si vuole ma pur sempre – quando misurate dal mitico voto
referendario – a largo spettro di consenso.
Si
può pensare – almeno io così penso – che Pannella abbia sprecato una buona
parte delle buone “battaglie” culturali che ha agitato a causa di una sua
retorica logorroica dall’ipotassi labirintica, di un suo narcisismo più da
attore che da politico (credo che questo concetto l’abbia enunciato, con grande
acume, Assunta Almirante), forse di un
suo amore della contesa per la contesa; e anche – dicono – di certe “bizzarrie”
del suo carattere.
Ma,
al netto di tutto ciò, riconosco volentieri che Marco Pannella è stato – come
ha scritto qualcuno – l’uomo politico italiano che più ha influenzato il modo
di pensarsi degli Italiani senza aver mai occupato una posizione di potere
sulla quale far leva per esercitare tale influenza. Poi, per carità, i lettori
di questo blog sanno bene quello che
penso del modo di pensarsi degli Italiani; e quindi un inciso del tipo “nel bene o nel male” sarebbe stato
prudente a fianco della riconosciuta influenza di tante epiche “battaglie” di Pannella.
Del
resto potrebbe apparire proprio difficile che un cattolico paolotto e (almeno
per lungo tempo anche) papista possa, volendo restar serio, d’un colpo cancellare le tante memorie di
radicali distanze ideali da Pannella in alcune – e importanti – controversie
che ha lanciato; invece lo faccio volentieri perché del pannellismo ho sempre condiviso almeno il principio ispiratore, lo
spirito libertario, liberista e legalitario che in Pannella si associava con un
laicismo ideologico, talora – lo ammetto – per me irritante, specie quando mi
appariva ( e magari non lo era) preconcetto.
Certo,
al di là di questa pur forte condivisione di principio molto spesso non me la
sono sentita di andare, riconoscendomi piuttosto in un’antropologia cristiana
alla quale attribuisco l’insuperabile vantaggio di pensare, dell’uomo, che è
immagine e somiglianza di Dio; e di aver fondato la separazione dei piani
valoriali. Si dirà: ma quella della piena separatezza ed autonomia dei valori è
una tipica posizione laica! Vero, “date a
Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”; ma è meramente laicista il pretendere che, solo perché
ispirata da una antropologia cristiana, una visione dell’uomo e della società
non possa democraticamente prevalere.
Dunque,
Pannella riposi in pace; forse, come ha delicatamente scherzato Giannelli, l’accesso
diretto al paradiso gli sarà negato solo perché lì è vietato fumare. In fondo,
come ha detto lui stesso, non riusciva più a separarsi dal Crocefisso che
credeva di Romero (e non lo era, come ha precisato mons. Paglia); e sono certo
che questo suo sentimento in limine
mortis dica più assai di qualunque altra cosa si possa dire, fra gli
uomini, del suo transito nel mondo. E, quindi, forse davvero rimpiangeremo il
suo amore per la libertà e la giustizia, nonché la generosità con la quale si è
impegnato per esse. Il resto, forse, ha poca importanza.
Roma
21 maggio 2016
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