sabato 14 maggio 2016

Defendit numerus / 6

Dare i numeri
(di Felice Celato)
Che gli Italiani abbiano scarsa confidenza coi numeri, non occorre attendere i test Invalsi per constatarlo (fra l’altro, questi riguardano i giovani, mentre il male è endemico, senza nessun riguardo per le età). Anzi, di più: gli Italiani – amanti delle “bufale” – sono talmente diffidenti verso ogni espressione numerica che se qualcuno dice che due più due fa cinque, piuttosto che dargli semplicemente del somaro (non sarebbe politically correct, perbacco!), preferiscono consacrarlo invece come un eroe solitario che da anni “si batte con coraggio” contro la lobby dell’aritmetica.
Nando Pagnoncelli ha pubblicato un breve saggio (Dare i numeri, EDB, 2016) per quantificare, nei limiti del possibile, le percezioni sbagliate della realtà sociale che sono radicate nelle opinioni degli italiani e dei cittadini di 33 paesi del mondo, per costruire, alla fine, un sintetico indice di ignoranza; indice  che ci vede –manco a dirlo – primeggiare in Europa e piazzarci “proprio bene” (in maniera lusinghiera, direbbe un indomabile renziano) nella classifica mondiale. Per capire il senso della ricerca, riporto qui un esempio: alla domanda “qual è la percentuale di immigrati nel tuo paese?” gli italiani hanno sovrastimato la realtà di quasi due volte (cioè: gli immigrati sono in realtà il 9% ma gli Italiani, mediamente, ritengono che siano il 26%).
Per la verità questa desolante situazione d’ignoranza quantitativa del “popolo sovrano” non mi sorprende affatto: il rapporto fra percezione e realtà costituisce un tema cruciale del nostro tempo, osserva Ilvo Diamanti nel breve commento che conclude lo studio di Pagnoncelli; soprattutto perché evoca – e delinea – quell’entità informe – eppure così importante [e, aggiungo io: idolatrata] – che passa sotto il nome di opinione pubblica. O meglio: Opinione Pubblica, con le iniziali maiuscole; e i lettori di questo blog sanno benissimo che cosa penso dell’Opinione Pubblica.
Ma, confesso, la desolante situazione d’ignoranza quantitativa del “popolo sovrano” molto mi preoccupa perché (qui è Pagnoncelli che scrive) il dominio delle percezioni ci rende prigionieri dei nostri pregiudizi e orienta i nostri atteggiamenti e i nostri comportamenti. E ciò vale per tutto ciò con cui entriamo in contatto nel mondo contemporaneo, dai fenomeni più vicini a quelli apparentemente più distanti. Dalle scelte riguardanti i nostri consumi a quelle politiche. Con la differenza, però, che credere che una certa brillantina arresti la caduta dei capelli fa poco danno; ma prendere una clamorosa cantonata sulla reale dimensione dei problemi può fare un’enorme differenza nell’azione politica, sia che si tratti di azione di democrazia diretta (tipicamente: un referendum popolare) sia che si tratti invece di un’azione di democrazia indiretta (tipicamente: quella messa in atto da partiti politici).
Ma come si formano le opinioni? Sulla base delle fonti di informazione…dice Pagnoncelli; già, ma quante volte su autorevoli giornali abbiamo visto, tanto per fare solo un esempio fra i più grossolani, confondere i milioni coi miliardi? E quante volte, in TV o alla radio, abbiamo assistito (con personale disgusto) ad un uso dei numeri così cialtronesco da far sperare che chi li esponeva non li avesse nemmeno capiti? E quante volte abbiamo visto i politici del momento usare i numeri come gli ubriachi fanno coi lampioni: più per sorreggersi che per illuminarsi?
Dunque, per concludere: non solo diffidate di chi, di un fenomeno, vi descrive (magari strepitando) le qualità senza darvene le quantità; ma state molto attenti, veramente molto attenti, anche alle quantità che talora vi indica; e quando vi è possibile, verificatele o verificatene la fonte. Come credo di aver detto altre volte, un bicchiere d’acqua disseta, un’ondata travolge. Per questo le quantità sono importanti e il numero –come dice il titolo di questa rubrichetta – difende (l’intelligenza delle cose).

Roma 14 maggio2016

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