sabato 10 ottobre 2015

Divagazioni sui ponti

12 ottobre
(di Felice Celato)
Il 12 ottobre (o, più propriamente, nella domenica che lo precede immediatamente, quindi, quest’anno, domani 11) si celebra in tutti gli USA il Columbus day, il giorno della "scoperta" dell'America da parte, appunto, del "nostro" Cristoforo Colombo (non a caso, pare, questa festa nazionale americana fu promossa da un italo-americano di origini calabresi).
Ma il 12 ottobre, di qua dell'oceano, si celebra anche - stavolta in Spagna - la festa della Nuestra  Señora del Pilar, legata ad un'antica tradizione (la Vergine Maria appare all'apostolo Giacomo in un momento di sconforto e gli dona un simbolico pilastro - pilar, in spagnolo - ora compreso nella basilica di Saragozza, che visitai anni addietro) e, più tardi, ad un controverso miracolo di cui si è scritto anche qualche anno fa (Il miracolo, di Vittorio Messori, BUR, 2000).
Perché - coincidenza di date a parte - mi viene in mente di collegare due festività così distanti l'una dall'altra, per luogo e tempo di origine e anche per significato culturale (da una parte l'uomo che, sfidando con successo i limiti delle sue conoscenze, scopre nuovi mondi; dall'altro il divino che sostiene l'umano nei suoi umanissimi sconforti)?
La risposta è semplice: perché gli “opposti” mi affascinano, sempre (anche qui potrei dire di essere naturalmente e curiosamente eterofilo, termine che uso in altri contesti dialettici).
Il "contrasto" (intellettuale, intendo) dei mondi quasi sempre – quando non è becero – arricchisce di argomenti e, talora, stabilisce dei "ponti" impensati e suggestivi. E per questo mi appassiona; ne sanno qualcosa gli amici che punzecchio quotidianamente – talora anche fingendomi un loro “opposto” – per godermi le loro reazioni.
Visto che abbiamo parlato della Nuestra Señora del Pilar, vi giro un esempio - secondo me magnifico - di un "ponte" impensabile, se non fosse vero, fra due “opposti” mondi spirituali.
Si tratta di uno dei più commoventi pensieri Mariani che mi sia capitato di leggere, scritto, nel 1940, nientepopodimeno che da Jean Paul Sartre, un filosofo e scrittore laico e “laicista”, ateo esistenzialista e poi anche ateo marxista, durante il suo internamento nel campo di concentramento di Treviri ( traggo la citazione da un recente  libro di mariologia, Maria, Ed. San Paolo, 2105, scritto dal card. Ravasi, autentica miniera di riferimenti scritturistici e culturali):
Cristo è suo figlio, carne della sua carne e frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato per nove mesi e gli darà il seno, e il suo latte diventerà il sangue di Dio….Ella sente insieme che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli è Dio. Ella lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli mi assomiglia. E’ Dio e mi assomiglia!”. Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive.
Beh! Insomma! Un bel "ponte" (culturale), più solido di quello fra due date.
Roma, 10 ottobre 2015



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