Quel
matrimonio fra ragione e rivelazione
(di
Felice Celato)
In
questi giorni sto trascurando la lettura dei giornali italiani (in fondo quello
che c’è scritto l’avevo già letto, da una decina d’anni a questa parte, tutti
gli anni, in autunno, gli inutili anni che abbiamo sprecato) e – per converso –
incrementando la frequentazione di quelli stranieri, sicuramente più….ariosi.
Bene:
questa fuga dal ripetitivo mi ha fatto imbattere in un articolo per certi
aspetti inconsueto su un giornale (il Wall Street Journal) di orientamento
economico e per di più americano: “In
difesa della cristianità” di Bret Stephens (premio Pulitzer nel 2013,
editorialista del WSJ e già direttore del Jerusalem
Post). Il sottotitolo dell’articolo (non ne copio il link perché rimanderebbe all’edizione a pagamento del WSJ e forse
avreste qualche difficoltà ad aprirlo) è già eloquente: “avendo ignorato la sua eredità culturale, l’Europa si domanda perché la
sua casa crolli”; ma proverò a farvene una sintesi.
La
tesi di fondo rimanda – se vogliamo – in qualche modo al “messaggio” di
Houellebecq (Sottomissione),
prendendo spunto dai colloqui Germano-Turchi di questi giorni: potrebbero sopravvivere a lungo le
tradizioni politiche liberali europee e le radici culturali e religiose dell’Europa
in mezzo ad un massiccio afflusso
dell’ordine di decine di milioni di mussulmani? No, - risponde Stephens – se
hai un’immigrazione che resiste all’assimilazione e paesi ospitanti che fanno solo
timidi tentativi di porre pretese civiche; no, se hai una politica
dell’immigrazione superficiale, basata solo su slanci di auto-compiacimento
morale che danno inevitabilmente luogo a reazioni politiche populiste (“e poche cose sono così pericolose per la
democrazia quanto un populista con una mezza ragione”); se sei in queste condizioni – in cui versa
l’Europa – non potrai sopravvivere a lungo! L’Europa sta marciando verso la sua
fine non a causa della sua sclerotica economia, o della sua stagnante
demografia, o per le disfunzioni del suo superstato. E nemmeno i flussi di
migranti dal Medio Oriente e dall’Africa ne sono la vera causa. Questi popoli
disperati sono giusto l’ultima rigida brezza sul legno di una civiltà
disseccata. E' a causa della sua incompetenza morale che l'Europa sta morendo.
Soprattutto perché –ed eccoci al titolo – ha
rinunciato alle sue radici, nelle quali si è manifestato quel matrimonio tra
ragione e rivelazione che ha prodotto una civiltà fatta di supremazia
tecnologica temperata da umano rispetto.
L’articolo
– sul quale vale la pena di riflettere – si conclude con una breve citazione di
Joseph Ratzinger (e sapete quanto bene mi disponga una citazione del Papa Emerito!):
“E’ lodevole che l’Occidente stia
provando ad essere più aperto, più comprensivo dei valori degli altri, ma ha
perso la sua capacità di autostima. Tutto quanto vede della sua storia è
meschino e distruttivo, non è più in grado di percepire quanto c’è di grande e
di puro. Ciò di cui l’Europa ha bisogno, se vuole veramente sopravvivere, è una
nuova auto-accettazione, ancorché un’auto-accettazione critica e umile.” Una voce – conclude l’articolista – ormai fuori moda ma che, proprio per questo,
vale la pena di ascoltare.
Fin
qui l’articolo, da me malamente tradotto e sommariamente sintetizzato. Io non
so se davvero l’Europa stia morendo; certamente bene non sta, se si deve
trarre una diagnosi da ciò che si vede e non solo in Italia. E’ vero: per nostra
fortuna non tutto ciò che si vede è; e non tutto ciò che è si vede. Ma anche è
vero, come dice il Talmud, che noi non
vediamo le cose nel modo in cui sono; le vediamo nel modo in cui siamo.
Roma
21 ottobre 2015
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