mercoledì 21 ottobre 2015

Radici

Quel matrimonio fra ragione e rivelazione
(di Felice Celato)
In questi giorni sto trascurando la lettura dei giornali italiani (in fondo quello che c’è scritto l’avevo già letto, da una decina d’anni a questa parte, tutti gli anni, in autunno, gli inutili anni che abbiamo sprecato) e – per converso – incrementando la frequentazione di quelli stranieri, sicuramente più….ariosi.
Bene: questa fuga dal ripetitivo mi ha fatto imbattere in un articolo per certi aspetti inconsueto su un giornale (il Wall Street Journal) di orientamento economico e per di più americano: “In difesa della cristianità” di Bret Stephens (premio Pulitzer nel 2013, editorialista del WSJ e già direttore del Jerusalem Post). Il sottotitolo dell’articolo (non ne copio il link perché rimanderebbe all’edizione a pagamento del WSJ e forse avreste qualche difficoltà ad aprirlo) è già eloquente: “avendo ignorato la sua eredità culturale, l’Europa si domanda perché la sua casa crolli”; ma proverò a farvene una sintesi.
La tesi di fondo rimanda – se vogliamo – in qualche modo al “messaggio” di Houellebecq (Sottomissione), prendendo spunto dai colloqui Germano-Turchi di questi giorni: potrebbero sopravvivere a lungo le tradizioni politiche liberali europee e le radici culturali e religiose dell’Europa in  mezzo ad un massiccio afflusso dell’ordine di decine di milioni di mussulmani? No, - risponde Stephens – se hai un’immigrazione che resiste all’assimilazione e paesi ospitanti che fanno solo timidi tentativi di porre pretese civiche; no, se hai una politica dell’immigrazione superficiale, basata solo su slanci di auto-compiacimento morale che danno inevitabilmente luogo a reazioni politiche populiste (“e poche cose sono così pericolose per la democrazia quanto un populista con una mezza ragione”); se sei in queste condizioni – in cui versa l’Europa – non potrai sopravvivere a lungo! L’Europa sta marciando verso la sua fine non a causa della sua sclerotica economia, o della sua stagnante demografia, o per le disfunzioni del suo superstato. E nemmeno i flussi di migranti dal Medio Oriente e dall’Africa ne sono la vera causa. Questi popoli disperati sono giusto l’ultima rigida brezza sul legno di una civiltà disseccata. E' a causa della sua incompetenza morale che l'Europa sta morendo. Soprattutto perché –ed eccoci al titolo – ha rinunciato alle sue radici, nelle quali si è manifestato quel matrimonio tra ragione e rivelazione che ha prodotto una civiltà fatta di supremazia tecnologica temperata da umano rispetto.
L’articolo – sul quale vale la pena di riflettere – si conclude con una breve citazione di Joseph Ratzinger (e sapete quanto bene mi disponga una citazione del Papa Emerito!): “E’ lodevole che l’Occidente stia provando ad essere più aperto, più comprensivo dei valori degli altri, ma ha perso la sua capacità di autostima. Tutto quanto vede della sua storia è meschino e distruttivo, non è più in grado di percepire quanto c’è di grande e di puro. Ciò di cui l’Europa ha bisogno, se vuole veramente sopravvivere, è una nuova auto-accettazione, ancorché un’auto-accettazione critica e umile.Una voce – conclude l’articolista – ormai fuori moda ma che, proprio per questo, vale la pena di ascoltare.
Fin qui l’articolo, da me malamente tradotto e sommariamente sintetizzato. Io non so se davvero l’Europa stia morendo; certamente bene non sta, se si deve trarre una diagnosi da ciò che si vede e non solo in Italia. E’ vero: per nostra fortuna non tutto ciò che si vede è; e non tutto ciò che è si vede. Ma anche è vero, come dice il Talmud, che noi non vediamo le cose nel modo in cui sono; le vediamo nel modo in cui siamo.
Roma 21 ottobre 2015


   

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