Nuovi e vecchi indicatori
(di Felice Celato)
Segnalo
a tutti gli appassionati di numeri questo eccellente lavoro (vedi link, sotto) del governo
Francese (eccellente per ampiezza, chiarezza e leggibilità) sui Nouveax indicateurs de richesse in Europa
(segnalati dall’ottimo giornale in rete First-on-line). Gli indicatori, ovviamente, non sono nuovi in sé, ma nella loro complessiva composizione, organizzata per evidenziare i possibili pilastri di una strategia di crescita intelligente, soutenable et inclusive.
Lo
studio, come è ovvio, si rivolge essenzialmente ai lettori francesi ma, per
ciascuno dei 10 nuovi indicatori di ricchezza, al paragrafo 4 in ogni capitolo dello studio c'è un sintetico richiamo al
posizionamento relativo di ciascun paese europeo (Italia inclusa, ovviamente)
rispetto alla Francia e alla media Europea; ed è per verificare questo (nostro) posizionamento che l'ho utilizzato.
Dunque, i "nuovi indicatori" sono: (1) il tasso di occupazione, generale e giovanile; (2)
l’investimento in ricerca; (3) l’indebitamento; (4) la speranza di vita in
buona salute; (5) il grado di soddisfazione della vita; (6) la diseguaglianza
nei redditi; (7) la diffusione della povertà; (8) il grado di abbandono precoce
degli studi; (9) le emissioni di CO2; (10) il grado di tutela dei suoli.
Per
quanto ci riguarda, siamo messi male o malissimo in molti indici; bene o addirittura
benissimo in qualche altro. Piuttosto che provare a sintetizzare in una tabella
(cosa che….non mi è facile, come avrete visto altre volte), consiglio vivamente
di sfogliare lo studio; qui invece segnalerò gli indici in cui siamo messi
peggio e quelli in cui siamo messi meglio.
Dunque
siamo messi male (sia rispetto alla Francia che all’Europa) in tasso di
occupazione giovanile, spese per la ricerca, debito pubblico, grado di
soddisfazione della vita, diseguaglianza dei redditi, tasso di povertà,
abbandono precoce degli studi (qui, anzi, siamo messi malissimo) e grado di
tutela del suolo.
Siamo
invece messi meglio in debito privato (famiglie e imprese non finanziarie),
speranza di vita in salute (22,6 anni - dei quali ne ho già consumato un buon terzo - oltre i 60), quantità di emissioni di
CO2.
Complessivamente,
se volessimo tracciare una sintesi sommaria del nostro posizionamento nella “euro-radiografia”,
direi che si conferma quanto altre volte abbiamo detto: l’Italia non è un paese
per giovani; le famiglie e le imprese sono ancora (con tutti i loro problemi) l'affaticata spina dorsale del paese;
la propensione verso il futuro (ricerca, istruzione) è debolissima; gran parte
di ciò che è affidato allo stato (debito pubblico, tutela del suolo,
ri-distribuzione dei redditi) fa acqua da tutte le parti.
Certo,
poi abbiamo tante altre cose che “il
tutto il mondo ci invidia” (la pizza, la dieta mediterranea, il parmigiano, le spiagge, le
città d’arte, il clima, etc); per questo, forse, abbiamo più ampie speranze di
vita in salute, anche se per tutta la vita siamo tutt’altro che soddisfatti.
Roma
30 ottobre 2015
http://www.gouvernement.fr/sites/default/files/liseuse/5711/master/projet/Les-nouveaux-indicateurs-.pdf
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