Una lettura riscoperta
(di Felice Celato)
Risistemando una piccola parte
della mia disordinata libreria, mi sono capitati fra le mani due piccoli libri
che avevo comprato qualche tempo fa e letto forse frettolosamente. Uno di essi
(quello di cui parliamo oggi) mi induce ad aprire questa piccola parentesi nel flusso di cose che ci
diciamo in queste conversazioni asincrone e in questi tempi così presi dai
fatti che ci corrono confusi dattorno (dell’altro libretto riscoperto parleremo
forse in seguito, perché mi riporta proprio a quel flusso…. e dunque fuori
parentesi).
Si tratta di una piccola raccolta
di pensieri di un maestro della spiritualità ebraica (così profondamente vicina
alla nostra di cristiani da farci toccare con mano quanto diceva San Paolo nella
Lettera ai Romani, 12, 17, a
proposito del nostro rapporto coi nostri fratelli maggiori: tu, che sei un olivo selvatico, sei stato
innestato fra loro, diventando così partecipe della radice e della linfa
dell’olivo): Preghiere per gli alti e
bassi della vita, di Rabbi Nachman di Brazlav ( Gribaudi, 2001).
Come vuole sempre (e forse) il
caso, ho sfogliato le poche pagine e mi è balzata per prima davanti agli occhi
una frase (rivolta a Dio) che mi è parsa così direttamente pensata per me (hic et nunc) da lasciarmi interdetto: Preservami dal bisogno di avere sempre
ragione. E di questo ho già dato conto a quelli che più mi corrispondono (in
senso ungarettiano), coi quali intrattengo (avendone il tempo ed il bisogno)
interessanti e piacevoli polemiche sugli argomenti più disparati (spesso non
adatti a questo luogo più pubblico).
Ma la lettura (anzi, la più
meditata rilettura) non si è arrestata a questa prima riscoperta; e via via che
ri-sfogliavo le poche pagine di Rabbi Nachman, mi è parso di rintracciare
alcuni pensieri che vale forse la pena di condividere qui.
Nella spiritualità ebraica, assai
spesso la dimensione del pregare si dipana su un duplice piano, personale e di
popolo, quasi perfettamente sovrapponibili: ciò che preghiamo per noi come
individui può ben valere per noi come comunità; e
viceversa (come del resto insegnano i Salmi). E dunque eccomi a proporvi poche righe dal prezioso libretto,
invitandovi a leggerle (qui) nella dimensione comunitaria, come se fosse
rivolto a Dio partendo dalle esigenze del nostro popolo, in questo tempo per tanti
versi incompleto e bisognoso di risanamento:
Dio della completezza,
Dio del risanamento,
avvolgici
nella completezza e nel benessere.
Guariscici nel corpo e nell’anima.
Fa’ che tutti gli elementi del nostro corpo
operino insieme,
in simmetria perfetta e quieta armonia.
Elimina ogni traccia di malattia,
ogni ombra di infermità;
invia la guarigione
che solo Tu puoi donare….
Caro Dio,
ho bisogno della Tua guida.
Dona alla mia vita
una prospettiva più ampia,
perché le attrattive insignificanti
di questo mondo mi condizionano.
Fa’ che io veda al di là
delle necessità grossolane
della mia sussistenza quotidiana.
Fa’ che trovi diletto
in ciò che è realmente prezioso,
la bellezza della mia relazione
con Te, caro Dio.
C’è qualcosa di più decisivo ed
urgente per noi che una prospettiva più
ampia, una guarigione dell’anima,
un operare insieme in simmetria perfetta
e quieta armonia? Non c’è già qualcosa di suggestivo nel conversare con Dio
chiamandolo caro Dio, come si farebbe
con un amico vicino, prima ancora di aver imparato dall’ebreo Gesù a rivolgerci
a Lui chiamandolo Abbà?
Roma, 18 marzo 2018
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