“Il costo della democrazia”
(di
Felice Celato)
Dopo
oltre due settimane di vacanza dal vuoto
(ma ancora sospese nel vuoto del voto),
torno sulle nostre cose, ripartendo dal secondo libro che – come dicevo qualche
giorno fa – è saltato fuori dai fondi dalla mia libreria: si tratta, anche
stavolta, di un libro di poche pagine (come quello di Rabbi Nachman, sul quale
abbiamo aperto una Parentesi due post fa) intitolato L’Italia ha un futuro?, pubblicato nel 2017 da Lit Edizioni ma, mi è parso di capire, scaturito da una
conversazione che Ernesto Galli Della Loggia aveva intrattenuto qualche tempo
prima con Massimo Arcangeli che ha poi curato la pubblicazione.
L’occasione
della rilettura mi è venuta da una considerazione di Galli della Loggia sul “costo
della democrazia”, anch’essa ricapitatami per caso sotto gli occhi risfogliando
il volumetto e che vi riporto pressoché integralmente: Pensare l’Italia,
oggi, equivale a valutare la dimensione di un declino che investe l'intera
nazione, la collettività e anche la cultura. Per quanto sgradevole possa essere
ammetterlo, siamo di fronte, probabilmente, a un declino storico…. Oggi ci
stiamo accorgendo che il nostro vagone [il
vagone di coda del treno dello sviluppo, agganciato faticosamente nel dopoguerra] è stato sganciato e si è fermato, mentre il
convoglio continua per la sua strada senza di noi. A quest'idea di declino che mi investe quando penso
all'Italia, si affianca la percezione di vivere un momento storico in cui
bisogna ripensare…. a come abbiamo vissuto e organizzato la democrazia nel
nostro Paese, perché anche da questa prospettiva i nodi sono venuti al pettine.
A cominciare dal principale, ovvero il costo
della democrazia. La democrazia è legata
al concetto di consenso, e ogni cinque anni i nostri rappresentanti chiedono
agli elettori un consenso politico che ha un determinato costo, essendo spesso
ottenuto dietro un "pagamento”, ovvero tramite delle elargizioni. Forse in
passato le elargizioni sono però state troppe e troppo generose, ed è perciò
che ci ritroviamo con un debito di circa 2.100 miliardi [2300 oggi], in gran parte da attribuirsi al costo del
consenso democratico. Questo ci pone di fronte a importanti interrogativi sul
futuro del Paese. Sul nostro futuro.
Come sempre mi accade, le varie letture mi si
confrontano in testa con rimandi vicendevoli che mi aiutano a riflettere: così
il tema posto da Galli della Loggia, inevitabilmente mi ha rimandato ad un
altro testo estremamente interessante, di cui qui non abbiamo mai parlato
estesamente perché la sua lettura risale a prima che dessimo inizio a queste
conversazioni asincrone: The future of
freedom - Illiberal democracy at home and abroad, di Fareed Zakaria,
pubblicato negli USA 15 anni fa (2003) e qui citato fugacemente giusto
nell’aprile scorso. Si tratta di una vasta esplorazione dei confini – di cui la
storia ha dimostrato la mutevolezza – fra la democrazia come governo di un paese
(essenzialmente: come modalità di scelta dei governanti) e la natura liberale
del governare (dove per natura liberale
si intende il riconoscimento fattivo di inalienabili
diritti degli esseri umani, la rule of law, la limitazione del
potere, l’imparzialità della legge, la separazione fra stati e chiese, etc. etc.). Confini,
come dicevo, storicamente mutevoli ma anche pericolosi da frequentare perché –
dice Zakaria - una democrazia senza un suo “statuto” liberale (nel
senso sopra detto), non è semplicemente inadeguata ma pericolosa, portando
con sé l’erosione della libertà, l’abuso del potere, le divisioni etniche e
persino la guerra.
Bene. Come si sono incrociati i due testi? E’ una constatazione di Zakaria
che mi riporta al costo della democrazia,
perché il giornalista americano riflette sulle condizioni che fanno “durare”
nel tempo la democrazia liberale e constata il fatto (che potrebbe risultare poco…
romantico accettare) che una democrazia conserva nel tempo i suoi caratteri liberali
solo se produce crescita (attraverso una ricchezza guadagnata, earned wealth).
A questo punto del ragionamento, è inevitabile tornare su Galli Della
Loggia per riflettere su come noi
abbiamo conservato una democrazia ancora liberale (non ostanti molte cose):
sostituendo, con elargizioni finanziate con debito dello stato (quindi di tutti), l’autentica
crescita economica del paese, che da tempo non riusciamo più a generare, almeno
nella misura postulata dal mondo che
corre.
Se le cose stanno così – e temo che così stiano – il nostro non è solo un
tempo difficile; è anche un tempo molto pericoloso. Anche sotto questo profilo.
Roma 23 marzo 2018
Nessun commento:
Posta un commento