lunedì 26 febbraio 2018

Spigolature divagatorie

Le metafore della neve
(di Felice Celato)
A Roma – cosa assai insolita – è caduta una fitta (e annunciatissima) nevicata che, durante la notte, ha coperto di un denso manto tutta la città, già predisposta a paralizzarsi (scuole preventivamente chiuse, appuntamenti sospesi o annullati, week-end extension sempre gradita, etc), anzi già da molto tempo – neve o non neve – semiparalizzata (mentalmente, intendo).
Così, per riempire il vuoto lasciato anche dal blando lavoro mattutino, ho divagato attorno alle tante metafore della neve, senza peraltro riuscire a sottrarmi del tutto alle suggestioni di questa vacua stagione Italiana. E, con buona pace di qualche intellettuale un po' fesso, ovviamente mi è stata di grande aiuto la rete, tanto vituperata dai supercilious thinkers de’ noantri.
Cominciamo con Snoopy: Questa notte è nevicato…adesso non riesco a vedere niente…di colpo sono isolato dal mondo e da tutti i suoi problemi. Un applauso per la neve!; così il buon cagnetto che non viveva in Italia e nemmeno aveva il diritto di voto.
Poi, cambiando radicalmente registo, forse a causa dai giuramenti di ieri del pio Salvini sul Vangelo (o era il Corano?), mi è tornata in mente la bellissima e nevosa metafora dantesca sulla schiera dei beati (della quale certo il Nostro farà parte, a suo tempo, s’intende, anche grazie alla sua ben nota, ma discreta, devozione Mariana). Stavolta però, partendo da internet, l’ho cercata sul libro del liceo, per ricordarla meglio, prima di tutto a me stesso e, poi, ai miei infreddoliti lettori. Siamo nel Paradiso (canto XXVII): poco dopo la terribile invettiva di San Pietro contro i suoi successori, forse Bonifacio VIII o Giovanni XXII (questa la ricordano tutti, per la sua drammaticità: quelli che usurpa in terra il luogo mio, / il luogo mio, il luogo mio che vaca / ne la presenza del figlio di Dio,/ fatt’ha del cimitero mio cloaca), compare a Dante la schiera dei beati che volteggiano verso l’Alto come fiocchi di neve al vento: Sì come di vapor gelati fiocca / in giuso l’aere nostro, quando ’l corno / de la capra del ciel col sol si tocca, / in sù vid’io così l’etera adorno / farsi e fioccar di vapor triunfanti / che fatto avien con noi quivi soggiorno (Par., XXVII, vv 67 – 72). Così spiegava la bellissima e difficile metafora il Casini, a noi studenti di terza liceo: come l’atmosfera della terra manda in giù a fiocchi la neve allorché il sole appare nella costellazione del Capricorno, così la sfera celeste cosparsa di lumi parve innalzarsi sospingendo in alto i lumi che erano stati con noi (le anime beate, fra le quali di certo verrà annoverato il luminoso capo della Lega, la cui performance oratoria ha – di pensiero in pensiero – animato questo amarcord liceale).
Più in generale, però, la neve, nelle immagini anche lontanissime dalla poetica del Sommo Poeta, è metafora di silenzioso candore (dimenticavo: sempre in Dante, simboleggia la fede, in Purgatorio XXIX) ma anche di caducità (non a caso si suol dire: si scioglie come neve al sole) e di provvisorietà, anche benefica. Qui si può addirittura partire dal biblico Siracide (II sec a.C.): l’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa. Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te, come neve al sole si scioglieranno i tuoi peccati. E si può transitare per Ovidio che la riferisce via via all’ira, al dolore, alle preoccupazioni, alternandola a volte con l’immagine molto simile della cera che si scioglie al calore. Fino ad arrivare (tutto merito della rete, non voglio contrabbandarmi  per un esperto di canzoni!) a Enrico Ruggeri (quando il cielo si addormenta e scivola nel blu, non si scioglie più la neve al sole).
E proprio questa provvisorietà è il segno di questa pausa serena sotto il cielo ora tornato splendente: temo (non proprio fuor di metafora) che il lento disciogliersi della neve per via del vento gelido ci accompagnerà nel fango almeno fino a domenica prossima. Poi, dal 4 marzo, …il sole tornerà a splendere e non sarà più fango… almeno per le strade.
Roma, 26 febbraio 2018

PS: grazie ai lettori che mi hanno seguito (forse) pazientemente in questo ozioso esercizio!






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