Epimeteo e Pandora
(di Felice Celato)
Leggendo un articolo in materia economica, mi sono imbattuto
nella dotta citazione di un personaggio della mitologia Greca che – lo confesso
– pur avendo fatto un buon liceo classico mi era almeno “scomparso dagli
schermi”. Si tratta di Epimeteo. Che cosa combinò il mitico Epimeteo (il cui
nome pare significhi “colui che pensa
dopo” ovvero “accorto in ritardo”)?
Per farla breve (attingo dalla Treccani e dal Protagora di Platone): dopo aver distribuito agli animali (anziché
agli uomini) tutte le doti che Zeus aveva ordinato di distribuire equamente
(forza, velocità, resistenza, etc), si
accorse in ritardo di essere rimasto a corto di doti per gli uomini; così
il fratello Prometeo (il cui nome significa “colui che riflette prima”), per rimediare alla sventatezza di
Epimeteo, dovette rubare agli dèi il fuoco e le perizia tecnica per farne dono
agli uomini e così compensarne la maggior debolezza, lentezza e fragilità. Da
questo furto, come sappiamo, l’ira di Zeus e l’atroce punizione di Prometeo
(con l’aquila che gli rodeva il fegato). Ma i pasticci di Epimeteo non finirono
qui: ancorché ammonito da Prometeo di non accettare doni dall’irato Zeus,
Epimeteo accoglie invece la bellissima Pandora (il dono di Zeus per lui) che
recava con sé (questa era l’insidia di Zeus temuta da Prometeo!) il terribile vaso
di tutti i peggiori mali che possano tormentare gli uomini (malattia,
vecchiaia, dolore, pazzia, etc), più un unico bene (la speranza). Pandora o lo
stesso Epimeteo, stoltamente, aprirono il vaso destinato a restare chiuso e si accorsero in ritardo di quanto noi
ora ben sappiamo: tutti i mali si sparsero fra gli uomini, fatta salva la
speranza, rimasta nel vaso tardivamente richiuso, a conforto degli uomini nei
momenti di sofferenza.
Fin qui (più o meno) il mito dimenticato. Ci si domanderà,
non senza ragione, come mai mi sembri il caso – nel bailamme che c’è in questo paese in questi deplorevoli giorni – di
riesumare Epimeteo e la bella Pandora. L’occasione casuale ve l’ho già detta;
la ragione però è che, ad un fugace rispolvero
del mito, Epimeteo mi è subito balzato agli occhi come il paventato archetipo dell’Italiano che si recherà
al voto il 4 marzo (o anche che non vi si recherà): il prototipo, cioè, di colui che si accorge (o si accorgerà) tardi
dei pasticci che può generare con un suo atto (in fondo semplice, come quello
di votare o non votare, o come quello di aprire il vaso di Pandora).
Intendiamoci: non sempre si possono attribuire intenti perversi
alle miriadi di Epimetei che si accorgono
tardi delle conseguenze, talora
nefaste, delle loro azioni. In fondo Epimeteo non era un “cattivo”, era assai
più uno sventato, un superficiale sottovalutatore
di implicazioni e di effetti, uno che,
semplicemente, pensa dopo, un….accorto tardivo (come dice il nome).
Però mi pare che stavolta – nelle velenose elezioni cui ci apprestiamo – l’offerta di sottovalutabili pericoli sia
vasta e seducente come non mai, almeno da quando ho acquisito (ed esercitato)
il diritto di voto (e sono cinquant’anni). [ Forse per questo – senza averne
nessuna voglia – mi trovo così spesso a parlare di beghe Italiane].
L’Italia rischia di trovarsi, seminuda, nel bel mezzo – come
si dice oggi – di una tempesta perfetta, cioè nel mezzo di un uragano che colpisca esattamente l’area più vulnerabile di una
regione, provocando il massimo danno possibile per un uragano di quella
categoria (questa è la definizione che dà Wikipedia di un’espressione
divenuta alla moda da quando, guarda caso, cominciò a designarsi così il worst-case scenario della crisi
finanziaria del 2008).
Il vento che spira porta ben peggio di Burian. Provate
ad immaginare (e non dovreste far fatica
a farlo, dato il realismo della scena) un’Italia finanziariamente
indisciplinata, sovranista e rancorosa, che – col debito pubblico e la
produttività che si ritrova, in ritardo su tutto a cominciare dalla struttura
del suo Stato, in un’ Europa alla ricerca di un nuovo volto – si avventura in
una qualsiasi delle belle baggianate che abbiamo ascoltato in questi giorni
tristi, chessò nella riforma della legge Fornero o nella doppia moneta.
Aggiungete una possibile evoluzione (non favorevole per noi) dello scenario
finanziario internazionale. Poi ripensate alla bella Pandora, al suo vaso ed
allo sventato Epimeteo, che si accorge
sempre dopo; può essere utile farlo, almeno per preservarsi dai rimorsi se
non dalle delusioni.
Roma 23 febbraio 2018
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