Siamo almeno i più buoni?
(di Felice Celato)
Sempre alla caccia di argomenti che ci aiutino (noi
italiani) ad avere un concetto di noi più adeguato alla (cruda e povera) realtà
e più lontano dalle (fuorvianti) autorappresentazioni, mi sono imbattuto (pericolosamente)
in un mito: vabbè! - sento dire, stavolta
da una patriottica voce femminile - abbiamo tanti difetti, saremo pecioni, statolatri, cialtroni quanto vuoi,
avremo anche il complesso di Peter Pan, ma nemmeno tu, caro rompiscatole e felice celato,
potrai negare che siamo un gran popolo, generoso e altruista; diciamolo bene:
siamo un popolo di buoni!
Confesso che sul punto avevo già molti (impopolari)
dubbi, ancorché spesso (per mia fortuna e grazia di Dio) non mi manchi il sollievo di luminosi sprazzi di umanità e di compassione che mi confortano sul
genere umano; ma, appunto, sul genere umano; non direi sull'homo italicus
in sé, come fortunata species del genus umano.
Eccomi dunque - voi sapete delle mie manie quantitative!
- ad imbattermi casualmente in un indice che non conoscevo: il Giving Index,
pubblicato annualmente dalla CAF, Charities Aid Foundation, una
fondazione internazionale di diritto inglese che cerca di promuovere e di
monitorare sentimenti ed azioni di solidarietà to help transform lives and
communities around the world.
Per carità, un indice come ogni altro, basato su
indagini statistiche (peraltro, in questo caso, affidate ad un signor specialista come la Gallup) che possono anche portare a
sopravvalutazioni o sottovalutazioni della realtà ma che, di solito, centrano
la sostanza dei fenomeni ed aiutano a coglierli nella giusta prospettiva;
prospettiva che può anche non essere esattamente quella del posto occupato
nell'inevitabile ranking ma che, sempre
di solito, è più che valida per capire almeno i macro-posizionamenti di
ciascuno dei soggetti dell'indagine.
Il Giving Index è basato su tre domande rivolte a
campioni statisticamente significativi appartenenti a 145 diversi paesi:
nell'ultimo mese (1) hai fatto qualcosa per aiutare uno straniero o qualcuno a
te sconosciuto che aveva bisogno di aiuto?; oppure:(2) hai donato denaro ad
una charity? O: (3) hai regalato del tuo tempo a qualche organizzazione
basata sul volontariato?
Bene: secondo voi come è messa l'Italia "dei
buoni" in questa classifica fra 145 paesi al mondo? Vi aiuto: non è prima
e nemmeno fra le prime 20.
L'Italia è giusto a metà classifica, 72esima su 145!
Prima è Myanmar, seconda gli USA degli avidi capitalisti di convenzionale
memoria comunista, terza la Nuova Zelanda; la Germania è ventesima; ci
precedono molti paesi europei, ci seguono francesi (di poco, sono 74esimi),
portoghesi e greci. Per questi ultimi si
potrebbe dire: inevitabilmente; ma - ricordo, a riprova dell'indipendenza dell'indagine
dai valori monetari sottostanti - il PIL pro-capite
del Myanmar è 20 volte più basso di quello greco; pare che la loro forza di
"buoni" derivi (toh! guarda caso!) dalla cultura, quella Buddista
stavolta, e in particolare dalla pratica dello Shanga Dana, legata ai
monaci Shanga (500.000, l'1% dei 50.000.000 circa di abitanti) che
vivono del supporto (dana) dei loro devoti.
Roma 3 ottobre 2106
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