lunedì 10 ottobre 2016

Letture

Educarsi all’intelligenza
(di Felice Celato)
Qualche tempo fa, non ricordo dove, ho trovato citato un filosofo italiano di cultura cattolica (Emanuele Samek Lodovici) scomparso giovane nel 1981. La citazione comprendeva anche alcune argute osservazioni sull’intelligenza che mi hanno catturato nonostante io non sia avvezzo alle letture filosofiche. Sicché – potenza della rete! – sono riuscito a mettere le mani sul testo scritto a più mani da autori diversi per commemorare, appunto, Samek Lodovici (i cosiddetti, classici, “scritti in memoria”) e dal quale erano estratte le citazioni che mi avevano incuriosito. Del resto, il suggestivo titolo del libro (L’origine e la mèta, Ares 2015) evocava comunque temi che mi appassionano (l’homo religiosus – scrive il curatore e prefatore del volume Gabriele De Anna –….vede nella realtà e nella storia le tracce di un Principio trascendente che lo chiama a sé, cosicché la storia non è un processo che ha in sé stesso la sua spiegazione); ma, lo confesso senza vergogna, i contributi dei vari autori si sono rivelati, per lo più, troppo specialistici perché io potessi gustarli o appassionarmene. Invece, come mi aspettavo, mi ha molto colpito la trascrizione integrale della conferenza dalla quale erano tratte le citazioni che mi avevano attratto e tenuta da Samek Lodovici, proprio nell’anno della sua tragica scomparsa, ad un uditorio di giovani/giovanissimi. Il tema della conferenza era Educarsi all’”intelligenza” e il relatore lo tratta con piglio da educatore ma, secondo me, con grande acutezza, dettando alcune “regole in grado di propiziare l’intelligenza” che mi sono sembrate veramente azzeccate. Fra queste ne citerò alcune che trovo particolarmente “utili”e, lo confesso senza modestia, anche in linea con gli sforzi che facciamo quando “ragioniamo” insieme.
Anzitutto occorre accettare che l’intelligenza è un dovere, non è dunque facoltativa: dobbiamo essere intelligenti, ricordati che devi essere intelligente, che devi esercitare l’arte del sospetto, ricòrdati che non devi farti ingannare; e poi che devi educarti alla volontà di verità, [a] voler sapere come stanno le cose, [a] non accontentarsi di qualche pagina di giornale, o dei rimasugli eruttati da qualche mediocre, [a] fare il possibile per capire: e, inoltre, che ci educhiamo all’intelligenza quando capiamo che è non indifferente il linguaggio che usiamo.
Poi ci sono “le regole” che – per come le ho lette – mi sono parse il giusto "temperamento" di questi “doveri” all’intelligenza: noi non siamo non intelligenti quando sbagliamo ma siamo intelligenti quando rettifichiamo….partiamo sempre dall’idea che ad essere intelligenti siano gli altri e non noi….non prendiamoci troppo sul serio….perchè l’intelligenza da sola non basta. E infine: diventiamo intelligenti se ci esercitiamo a contemplare la morte, una delle cose che, più di tutte, può insegnarci a capire la vita che abbiamo e che stiamo vivendo.
Come vedete ce n’è abbastanza per restare abbarbicati alla nostra congiunta volontà di interrogarci....per discernere, per cercare di veder chiaro, nella confusione, forse non involontaria, che ci circonda.

Roma 10 ottobre 2016

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