La natura de’ popoli è varia;
ed è facile a persuadere loro una cosa,
ma è difficile [poi] fermarli in
quella persuasione.
(N. Machiavelli)
Orazio Coclite, Cortès e
Renzi
(di Felice Celato)
Narrano Polibio e Tito Livio che, nell’antica Roma, nel primo anno
della Repubblica, le truppe del re Etrusco Porsenna furono bloccate sul Ponte
Sublicio da un intrepido eroe romano, Orazio Coclite, che le trattenne in
battaglia finché i suoi concittadini non furono in grado di tagliare il ponte,
impedendo così all'eroe stesso di retrocedere (e quindi in qualche modo
rinvigorendone l’azione con la determinazione della disperazione) e, nello stesso tempo, negando al re Porsenna
l'accesso alla città a rischio di capitolazione.
Dunque, almeno nella mia personale galleria dei miti, Orazio
Coclite è l'archetipo di quel gagliardo che si taglia i ponti dietro, per
impedire al nemico di traversarli o per impedirsi di retrocedere; un po' come
dicono abbia fatto Hernán Cortès quando ordinò di bruciare le sue proprie navi
per impedire ai suoi, sbarcati sulle coste Messicane, di persino pensare
all'ipotesi di una disfatta e quindi di una fuga via mare: "resta solo
una possibilità: vincere e tornare a casa con le navi del nemico"
disse ai suoi, sbigottiti dalla insolita decisione del loro condottiero.
E, in effetti, Cortès vinse sugli Aztechi e divenne El
Conquistador. Più incerta, invece, è la sorte personale di Orazio Coclite
che, secondo Polibio, una volta tagliato il ponte, si gettò nel Tevere per
porsi in salvo ma vi affogò a causa del peso della corazza; secondo Tito Livio,
invece, riuscì ad attraversare il fiume e a godersi la gratitudine dei romani.
Bene: queste memorie fra storia e leggenda mi si affacciano alla
mente ogni volta che ascolto il nostro
Presidente del Consiglio parlare a noi suoi concittadini - in tempi recenti con
crescente frequenza - delle nostre relazioni con l'Europa, di cui pure - almeno
noi della mia generazione - ci sentiamo convintamente cittadini (starei per
dire: non meno che cittadini Italiani): l'approccio mi pare - lo confesso - una miscela
di semplificazioni populiste e valligiane; tali - temo - da porre
in questione la futura sussistenza del "ponte" che ci lega al resto
del nostro mondo, ma anche - immagino supponga il nostro Premier - da garantirgli
un supplemento (ormai indispensabile per lui ) di popolarità interna, magari erosiva
di quelle posizioni di cui lui "ruba" il linguaggio.
Certo, io che non ho raffinate sensibilità politiche, se sentissi
il fascino di quelle semplificazioni o di quei valligianismi, mi domanderei perché
"comprare" l'imitazione quando c'è a disposizione l'originale, che,
fra l'altro, pare anche più genuino. Ma tant'è; quando viene il dubbio di riuscire
a farcela, nella disperazione, tanto vale tagliarsi dietro i ponti aggiungendo
una sega in più a quelle che già li stanno tagliando; o bruciarsi le navi alle
spalle aggiungendo fuoco agli incendiari che già circolano.
L'importante è essere sicuri di farcela, come Cortès o come -
forse - Orazio Coclite; e non aver ragione di temere la pesantezza della
corazza. Perché sennò sono guai per tutti, per l"'eroe" e per i
concittadini, soprattutto per quelli che, quel ponte, amavano attraversarlo spesso,
almeno mentalmente, non foss’altro per evadere, ogni tanto, dai semplicismi e
dagli orizzonti valligiani.
Roma 17 ottobre 2016
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