I segni dei tempi
(di
Felice Celato)
L’uomo
è immerso nella storia, spesso senza comprenderne il senso di marcia. Questa è
la riflessione che mi ha suggerito un giovane e molto colto collega come
stimolo a riflettere sul nostro grado di comprensione di ciò che ci accade dattorno:
chi viveva in Europa nella prima metà del XVII secolo, esemplificava
Alessandro, ben difficilmente si rendeva conto di vivere al tempo di quella che
chiamammo la “guerra dei trent’anni”, la lunga serie di sparsi conflitti armati
a sfondo religioso ed egemonico che dilaniarono l’Europa fra il 1618 e il 1648
e si conclusero definitivamente con la pace di Westfalia, forse la data
fondativa dello stato moderno.
Il
fatto che il mondo contemporaneo ci abbia reso avvezzi ad una dilagante
contestualità dell’informazione – che, paradossalmente, rende ancora più
complicata la lettura delle dinamiche storiche – non modifica, quasi
quattrocento anni dopo la guerra dei trent’anni dell’esempio appena ricordato, l’attualità
del tema. Anzi, forse più che di attualità sarebbe bene parlare di perennità: Venuta la sera voi dite: “bel tempo perché
il cielo rosseggia”; e al mattino “oggi temporale, perché il cielo è rosso cupo”.
L’aspetto del cielo lo sapete distinguere e i segni dei tempi non siete capaci
di coglierli? dice Gesù ai farisei e ai sadducei in Mt 16, 2-3. L’uomo immerso nel liquido amniotico della sua
contemporaneità non sa leggere i segni dei tempi, se non per nutrire
convinzioni, passioni, angosce e speranze fallaci e di durata assai breve, come
I sonnambuli
di Clark di cui abbiamo parlato qualche tempo fa ( Storie, Noi nuovi sonnambuli, post
dell’8 aprile 2016), apparentemente
vigili ma non in grado di vedere.
Il
tema è suggestivo e merita senz’altro una riflessione storico-filosofica che forse
esula dalle mie capacità culturali (magari tenterò di rifletterci coi miei
poveri mezzi durante l’estate); eppure sin d’ora me ne resta una sensazione di
insicurezza di tutte le chiavi interpretative con le quali cerchiamo di
connettere i punti tragici degli eventi di questi tempi confusi, per trarne una
linea, una sorta di vettore che rappresenta una
grandezza dotata di direzione.
La
considerazione dell’amico Alessandro induce ad una particolare cautela nella
lettura dei segni dei tempi; dalla quale però non possiamo astenerci, perché è
proprio dell’uomo cercare di penetrare il futuro, anche se spesso lo fa
guardando solo all’effimero colore del cielo.
Certo,
se giudichiamo da questo non possiamo che prevedere tempesta. Ma, magari, come spesso ci accade, sbagliamo.
Roma
20 luglio 2016
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