(di Felice Celato)
Mentre
lo scemario mediatico allinea i consueti polifonemi (la sterlina in caduta libera, panico nelle
borse, crollo globale, mercati nervosi, vola lo spread, la speculazione impazza, oro ai massimi, corsa ai beni
rifugio, fuga dagli asset a rischio,
scenari inquietanti. etc. di banale in banale), mi sono tornati in mente due libri che ho molto amato,
entrambi di Joseph Roth: La marcia di
Radetzky e La cripta dei cappuccini,
due meste elegie sulla storia che passa lasciandoci rimpianti anche teneri: Così era allora! Tutto ciò che cresceva
aveva bisogno di tanto tempo per crescere; e tutto ciò che finiva aveva bisogno
di lungo tempo per essere dimenticato. Ma tutto ciò che un giorno era esistito
aveva lasciato le sue tracce, e in quell’epoca si viveva di ricordi come
oggigiorno si vive della capacità di dimenticare alla svelta e senza esitazione.
Per
Joseph Roth il tramonto dell’Impero Absburgico era la fine di un mondo di
storie (il fratello di mio nonno era quel
semplice sottotenente di fanteria che nella battaglia di Solferino salvò la
vita all’imperatore Francesco Giuseppe), di sentimenti (mio padre sognava un regno slavo sotto il
dominio degli Asburgo. Sognava una monarchia degli austriaci, degli ungheresi e
degli slavi), di valori (nel
testamento mi aveva nominato erede delle sue idee. Non per nulla mi aveva fatto
battezzare col nome di Francesco Ferdinando), di punti di riferimento (vecchio e solitario, lontano e per così dire
pietrificato, pure vicino a tutti noi e onnipresente nel grande e variopinto
impero, viveva e regnava il vecchio imperatore Francesco Giuseppe ). La
caduta dell’Impero e la morte dell’Imperatore lasciarono Joseph Roth sconvolto
come il suo personaggio (Dove devo
andare, ora, io, un Trotta?...) e qualche anno dopo, prima di morire, in
esilio, disperato ed alcolizzato, visti gli esiti di quel tramonto ( Hitler era
già diventato cancelliere del Reich), scriveva al suo amico Stefan Zweig: si è riusciti a far governare la barbarie.
Non si illuda. L’inferno comanda.
Oggi
certamente, molti milioni di morti dopo, nessuno rimpiangerebbe quell’Impero
Absburgico che Roth tanto amava; salvo, forse, qualche vecchio Triestino e
qualche austriaco, naturalmente. La storia passa e gli uomini se la sentono
scorrere come sabbia nelle mani, anche quando, stringendo il pugno, vorrebbero
trattenerla.
Così
va il mondo. E, presumo, continuerà ad andare.
Roma
24 giugno 2016
PS.
Con riferimento al post di ieri: la
frittata è grande! Pensate solo al dover precisare, quando si parla di
extracomunitari, che non ci si riferisce agli inglesi.
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