Giobbe
(di
Felice Celato)
Per
puro caso, mi è capitato in questi ultimi mesi di rileggere, per la terza o
quarta volta, il libro di Giobbe. E, non so perché – forse nel cielo ci sono
troppe nuvole scure – oggi mi va di trascrivervene un brano, breve e potente.
Siamo
al punto della teofania, alla fine del libro, quando Jahweh risponde, con ironia sferzante,
a Giobbe che gli domandava ragione del male:
Jahweh rispose a Giobbe dal turbine e disse:
“Cingiti i fianchi come un eroe; ti interrogherò e tu mi istruirai. Vorresti tu
veramente cancellare il mio giudizio, per condannarmi ed avere tu ragione? Hai
tu un braccio come quello di Dio, e puoi tu tuonare con voce pari alla sua?
Ornati dunque di gloria e di maestà,
rivestiti di splendore e di fasto. Riversa i furori della tua collera, e con
uno sguardo abbatti i superbi. Umilia con uno sguardo ogni arrogante, schiaccia
i malvagi ovunque si trovino. Nascondili nella polvere tutti insieme, rinchiudi
al buio i loro volti. Allora anch’io ti renderò omaggio, perché la tua destra
ti ha dato vittoria!”
E
poco oltre, Giobbe rispose a Jahweh
dicendo: “Riconosco che puoi tutto, e nessun progetto ti è impossibile. Chi è
colui che denigra la provvidenza? E’ vero, senza nulla sapere ho detto cose
superiori a me, che io non comprendo. Ascoltami, di grazia, e lasciami parlare,
io ti interrogherò e tu mi istruirai. Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora
i miei occhi ti hanno visto, perciò mi ricredo e mi pento sulla polvere e sulla
cenere.”
Ogni
tanto fa bene ripensare alla distanza che separa i
pensieri dell’uomo dalla potenza di Dio.
Roma
28 settembre 2015, tempo molto nuvoloso.
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