Grecia
(di Felice Celato)
Mentre
sorge la vicenda Volkswagen (della quale sentiremo a lungo i riflessi pesanti),
tramonta, sulla stampa, la vicenda Greca: io non credo – invece – che sia
arrivato (ancora e non ostanti le apparenze) il momento di farne un bilancio,
almeno dal punto di vista finanziario; mi vado convincendo che un debt relief anche nominale (non solo reale) sia
necessario per porre più stabilmente la Grecia sul binario giusto. Vedremo.
Viceversa, forse è arrivato il momento di farne almeno un provvisorio bilancio
politico e – devo dire, a conforto di chi mi bolla di preconcetto pessimismo – il
risultato mi pare migliore di quanto non avessi temuto.
In
fondo il popolo Greco – che già aveva fatto il suo referendum sull’euro correndo agli sportelli bancari per prelevare
i risparmi nel timore di vederseli forzosamente convertiti nella tanto “amata”
dracma – ha dimostrato un realismo ed una concretezza superiore a quella messa
in campo dai populisti/avventuristi del luogo; e Tsipras – che tanto mi aveva
disgustato con l’incomprensibile referendum
del luglio scorso – ha dimostrato di essere almeno un ottimo scommettitore; e,
forse, di essere dotato di un sufficiente cinismo da poterne fare, nel tempo,
un buon politico (soprattutto se saprà guardarsi dallo strisciante
antisemitismo di alcuni suoi compagni di strada politica).
Certo
ha perduto tanto tempo per correre dietro al rafforzamento della sua leadership e ha posto il suo paese a
grave rischio; ma gli è andata “bene”
e, come diceva Napoleone, è meglio che i generali siano anzitutto fortunati.
Ora
dovrà gestire (questi sono i curiosi risultati dei suoi fortunati funambolismi)
il programma che, in buona sostanza, ha, con
vece assidua, prima convenuto, poi avversato e infine stipulato. Speriamo
che l’imbarazzante situazione non lo spinga a commettere errori.
Ho
scritto più volte che la vicenda Greca sarebbe stata per noi italiani (meglio:
per alcuni di noi!) per tanti aspetti ricca
di insegnamenti e questa sua provvisoria chiusura ci consente, forse, di
cominciare ad enunciarli. Per il primo insegnamento, mi pare si possa usare una
felice formula Bergogliana (Noi come
cittadini, noi come popolo, Buenos Aires,2010): la realtà è superiore all’idea. Inutile dire che il termine “idea”,
a fortiori, contiene quello di
ideologia o ideologie. Il secondo insegnamento sta tutto in un principio che
qui abbiamo utilizzato più volte: non
esistono soluzioni facili per problemi difficili: chi fa credere il
contrario è, a suo modo, un pusher
politico; il terzo è un corollario del secondo: dire la verità – quand’anche si sia solo costretti a farlo – è meglio
che vendere illusioni. La situazione sociologica, economica e finanziaria
della Grecia rimane tutt’ora grave (segnalo due libri al riguardo: The 13th labour of Hercules, di Y.
Palaiologos e La Grecia in crisi , di
M. Borghi); ma almeno la Grecia ha deciso di voler continuare a dirsi Europea
(oggi direi: per quel che ancora ciò significa), prendendo atto della realtà.
Come
si vede, non c’è niente di nuovo, nei tre insegnamenti politici che ci vengono
da Atene; né, purtroppo, c’è nulla di nuovo nella necessità di considerali
sempre attuali per il nostro piccolo mondo politico.
Roma,
24 settembre 2015
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