giovedì 30 maggio 2019

Una lettura raffinata

La tentazione di Siracusa
(di Felice Celato)
Concludiamo questo maggio grigio di nuvole e di inquietudini con una lettura raffinata. Come sanno tutti i lettori di questo blog, chi scrive non è un filosofo (né in alcun modo gli giova aver preso 9 in Filosofia all’esame di maturità classica, peraltro sostenuto 52 anni fa, quando la maturità era una cosa molto seria). Forse non sono del tutto digiuno di letture filosofiche (specie quando trattano di argomenti legati al presente e ritenuti utili per capire dove stiamo andando, possibilmente prima che ci si arrivi); e magari anche teologiche (la teologia, però, è una ricerca di sapienza all’interno del perimetro fissato dalla Rivelazione); ma certamente, in materia di filosofia, le mie conoscenze non hanno semplici lacune, hanno piuttosto oceani di sconoscenza.
Mi sono avvicinato perciò – complice la pioggia – al breve testo che voglio segnalarvi solo perché è breve e non destinato a specialisti, trattandosi del discorso col quale Jacques Derrida accettò, nel 2001, la cittadinanza onoraria di Siracusa. Jacques Derrida è stato, come sanno in molti, il filosofo francese (di origine algerina ed  ebreo-sefardita) vissuto fra il 1930 e il 2004, ritenuto il padre del c.d. movimento decostruzionista e , mi dicono, temuto da molti lettori per il suo stile espositivo particolarmente difficile.
Dunque il breve testo di cui ho fatto lettura (Tentazione di Siracusa, Mimesis 2018) è, credo, il massimo di lui che possa consentirmi, per le ragioni già dette.
Ma, credetemi, si tratta di un breve, succosissimo e anche spiritoso testo che vale la pena di leggere (del resto, al netto di commenti e interpretazioni, non prende più di una decina di pagine).
Qual è dunque, questa tentazione di Siracusa di cui ci parla Derrida? E’ quella di ogni filosofo che crede di essere qualificato per illuminare con i suoi consigli politici un’arte o un potere di governare; come accadde persino a Platone quando (ne racconta egli stesso nella Lettera VII, che vi consiglio pure di rileggere), circa 24 secoli fa, si recò a Siracusa nell’intento di illuminare il tiranno Dionigi (che lì governava); col disastroso risultato di doversi, alla fine, sottrarre con la fuga alle mortali insidie che questo gli riservò, tanto da dover (Platone, sempre nella Lettera VII) maledire quel suo viaggio a Siracusa. 
[Del resto a Platone quel suo viaggio – il primo della sua vita – proprio non andò giù fin dall’inizio, tanto che scrisse: Una volta arrivato, non mi piacque affatto la cosiddetta dolce vita (un precursore di Fellini?) fatta di banchetti italioti e siracusani, di un'esistenza passata a riempirsi due volte al giorno, mai soli di notte, con tutto quello che consegue ad una tale condotta]. 
Ma, scrive Derrida, se il filosofo non deve più sognare di divenire il consigliere di un imperatore nudo (qui il riferimento è alla ben nota fiaba di Andersen I vestiti dell’Imperatore, citata pure da Derrida), del sovrano, del principe o del tiranno, se questa filosofia politica ha fatto il suo tempo, ciò non significa che consideri la filosofia politica morta o inutile, ancor meno la filosofia del politico. E dunque: ciò di cui abbiamo bisogno ora è un’altra figura di un’alleanza fra la filosofia e la politica…perché oggi più che mai l’esercizio del politico richiede un’esperienza filosofica, si confonde persino con essa, dal momento che bisogna pensare a ciò che accade al politico stesso, a ciò che non è più legato all’iscrizione del politico in uno Stato-nazione esso stesso radicato in un territorio, a ciò che accade dell’autoctonia che era essenziale alla filosofia greca della polis e della cittadinanza, a ciò che sopraggiunge allo spazio pubblico oggi messo sottosopra dai poteri mediatici e telecomunicativi internazionali, a ciò che affligge e rovescia il diritto internazionale europeo, laddove la sovranità è rimessa in questione – ad un tempo dalle concentrazioni capitalistiche e da tribunali penali internazionali… Una nuova era della cittadinanza cosmopolita si annuncia e forse anche nuove leggi di solidarietà, nuove leggi d’ospitalità internazionale: una nuova ospitalità per lo straniero, per lo xénos divenuto phìlos…una democrazia a venire che faccia segno al di là del concetto di cittadinanza e dunque di Stato-nazione e dunque di luogo. Forse anche al di là di ogni concetto tradizionale, se almeno la cittadinanza restasse ancora legata ad uno Stato-nazione determinato, esso stesso radicato nella stabilità insostituibile di un territorio e di un idioma.
Forse Platone non arrivò ad esternare a Dionigi concetti siffatti (del resto Platone era ben radicato nella polìs)….ma se oggi ci fosse ancora un tiranno (Dionigi o qualcun altro) capirei bene che sarebbe molto infastidito dal sentir parlare, dal filosofo, di deterritorializzazione del politico, di mondializzazione, di crisi della sovranità.
Roma 30 maggio 2019

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