lunedì 13 maggio 2019

Sfaccettature

L’impresa di Don Corrado
(di Felice Celato)
I giornali Italiani (e non solo Italiani, cfr., per esempio, The Guardian) danno (giustamente, stavolta!) ampio spazio all’impresa di Don Corrado, più formalmente noto come il card. Krajewsky (Elemosiniere del Papa Francesco) che, ieri, rotti i sigilli apposti per morosità, ha riattivato la corrente ad un edificio abusivamente occupato da  450 persone (adulti e bambini) in povertà.
Lo dico subito: don Corrado ha tutte le caratteristiche per essermi simpatico; è polacco, è un sacerdote liturgista e cardinale di Santa Madre Chiesa e per essa – anzi meglio: per lo Stato Citta del Vaticano – esercita la fattiva missione di carità; è spiritoso, energico ed informale (almeno così appare quando comunica); è leale (narrano i giornali che abbia lasciato un suo biglietto da visita accanto al contatore riattivato, per assumersi tutte le responsabilità della violazione di sigilli legittimamente apposti) e modesto. E anche franco nella comunicazione dell’accaduto.
Detto questo però, l'impresa mi ha suscitato una serie di contrastanti riflessioni.
Vediamo prima quelle di sostanza. Non c’è bisogno di arrivare fino alle ragioni di Antigone (Non davo, o Creonte, tanta forza ai tuoi decreti che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, date dagli dei!); e nemmeno di soffermarsi sugli Atti degli Apostoli (4, 19-20: Pietro, davanti al Sinedrio: Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a Lui, giudicatelo voi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato). Basta avere un briciolo di umanità, non corrosa dal triste spirito del nostro tempo incattivito, per capire che, la pur legittima pretesa di veder pagato un proprio credito per energia fornita a illegittimi occupanti di uno stabile, non dovrebbe consentire una ritorsione tanto pregiudizievole per l’altrui minimo vitale; tanto più se questo altrui si mostra gravato da una condizione esistenziale che non può non porre in questione gli inderogabili doveri di solidarietà sociale stabiliti dall’art. 2 della Costituzione. E dunque, nella sostanza, bene ha fatto don Corrado, a porre rimedio ad una gravissima insufficienza del nostro sistema sociale.
Ci sono però – e li pone in giusto rilevo Carlo Nordio, su Il Messaggero di oggi – delle considerazioni formali che non possono essere sottaciute. Il Card. Krajewsky è (con ogni probabilità) un cittadino di uno stato estero (la Città del Vaticano) che - pare addirittura su mandato del capo di quello Stato Estero (il papa) - è venuto in Italia a compiere un reato (per lo meno, allo stato, apparente come tale), sia pure (come del caso) per i più nobili motivi e con piena assunzione di responsabilità. E non occorre essere un liberale come me per comprendere che questo non è accettabile. Se accettassimo il principio (grossolanamente attribuito a Machiavelli) che il fine giustifica i mezzi, dovremmo anche accettare, per esempio paradossale, il fatto che la giusta tutela del diritto di un paese consenta di non soccorrere in mare una persona in grave pericolo di vita ma non pacificamente legittimata a fare ingresso in quel medesimo paese. E dunque, dal punto di vista formale, l’impresa del card. Krajewsky è, non solo esplicitamente illegittima, ma, anzi, in principio, potenzialmente pericolosa, per l’Italia, ma anche per il Vaticano.
Ci sono infine – gravate anch’esse dal principio formale appena richiamato – considerazioni lato sensu politiche: il gesto di don Corrado appare ascrivibile alla diffusa insofferenza per i recenti indirizzi securitari e cattivisti del nostro Paese, che tante perplessità suscitano in Italia (almeno a quella maggioranza di cittadini che fa mostra di non riconoscersi in essi) e anche all’estero, compreso – ovviamente – il Vaticano. Da questo punto di vista (politico, lo ripeto!), se ci pensate bene, l’impresa di don Corrado sarebbe assimilabile a quella di un capo politico Italiano che, per esempio, manifestasse la propria antipatia per un capo di un paese estero, magari solo solidarizzando, con grande clamore, con chi – in quel paese – commette reati per fini di protesta politica (è il caso del “famoso” incoraggiamento politico offerto ai gilet jaunes francesi, mentre violentemente sfilavano per Parigi).
Concludendo (si avvicina il limite delle 750 parole, ma la materia è talmente sfaccettata che meriterebbe una nuova deroga): sarebbe molto meglio – da un lato – se questo nostro paese cominciasse a mitigare gli ardori che lo spingono ad essere quotidianamente eccessivo, a provocare reazioni isolanti, a stimolare sentimenti che non sono propri della sua umanità, a favorire, anzi, una deriva antropologica italiana della quale non si può essere fieri; e – dall’altro lato –  se la Chiesa (alla quale sono contento di sentirmi toto corde attaccato) non scendesse anch’essa su una strada che non le è propria: si può dare a Dio quel che è di Dio senza sfottere Cesare (quand’anche questo faccia del tutto per meritarlo; peraltro, in questo, senza essere l'unico Cesare al mondo).
Roma 13 maggio 2019

Nessun commento:

Posta un commento