giovedì 23 maggio 2019

Mettiamola così

I pericoli dell’enterofrenìa
(di Felice Celato)
Sarà che la primavera (ancorché in arrivo ritardato) mi mette di buon umore, ma, con un po' di sforzo, sono riuscito, per qualche minuto, a superare il gloomy mood di questi tempi. E allora, aspettando il 26 maggio, proviamo a scherzare (sia pure amaramente) sull’imminente consultazione elettorale, nominalmente europea ma, da noi, caricata di significati politico-nazionali e di aspettative euro-palingenetiche (una nuova Europa delle nazioni che proclami il debito come una virtuosa variabile indipendente, come il salario vetero-sindacale) o addirittura epocali (la fine della civiltà europea, ha scritto qualcuno digiuno di storia). Sforziamoci, dicevo, perché sarebbe terribilmente amaro soppesare con la dovuta drammaticità quel che – leggiamo – aleggia sul palco-osceno del teatrino della politica (mi perdoneranno il saccheggio, i detentori del copyright di queste espressioni, rispettivamente il grande Frassica e l’intramontabile Berlusconi, rimpianto presidente del Milan): dalle affermazioni finanziariamente suicidarie alle sterili proclamazioni valoriali (politicamente disincarnate e prive di ogni concretezza politica), dagli internazionalismi sghembi ai proclami pseudo-mariani, e così via.
E allora, sempre per scherzare, immaginiamo quale possa essere la categoria più pericolosa dei nostri elettori (in Italia e negli altri paesi dell’Unione); ci soccorrono qualche reminiscenza di greco e qualche abuso di terminologie mediche. Dunque tutti sanno che il prefisso entero- in medicina indica tutto ciò che ha a che fare con l’intestino: dal gastro-enterologo (lo specialista di malattie  dello stomaco e dell’intestino) all’enterococco (temibile batterio, vettore di pericolose infezioni), all’enteroclisma (che ometteremo di descrivere, facendo appello alle memorie infantili dei più anziani), tutti siamo più o meno familiari con questa paroletta di origine greca che significa, appunto, sia intestino che, più genericamente, “cose interne”.
Meno familiare (e anche questo è sintomatico) ci è, forse, l’analogo lemma frèno- usato in medicina per indicare la mente o l’intelligenza, dal greco phrèn / phrenòs che, appunto, significa mente, sénno, pensiero (da qui, per esempio, l’oligo-frenico, per dire di un paziente caratterizzato da uno stato di insufficienza mentale o lo schizo-frenico, per dire di un malato psichiatrico con gravi alterazioni cognitive e percettive).
Bene: che cosa vuol dire, allora, il nostro abborracciato neologismo entero-frenìa che abbiamo usato per titolare questo post sforzatamente scherzoso? Vuol dire (e qui finisce lo scherzo) che il vero pericolo di questa tornata elettorale è proprio quello che l’elettore ragioni con il sénno nella pancia, che affidi la sua mente ai borborigmi intestinali, anzi che la rinchiuda all’interno del suo sacco addominale impedendole di guardarsi intorno, sicché essa può vedere solo ciò che stiamo digerendo. Intorno a noi, invece, c’è un mondo in fermento economico e geo-politico, rispetto al quale l’Italia, isolata dal contesto nel quale ha passato questi ultimi 70 anni, ha un peso pulviscolare sia dal punto di vista demografico (siamo lo 0,8 % della popolazione mondiale e siamo fra i paesi più vecchi), sia da quello economico (il nostro PIL è poco più del 2% di quello mondiale mentre il nostro debito pubblico è poco meno del 5% di quello mondiale). E a questo contesto dobbiamo guardare quando andremo a votare.
L’Italia – ma starei per dire il mondo – ha un disperato bisogno dell’Europa (si veda al proposito il saggio di Panebianco, qui segnalato qualche giorno fa); e, nell’Europa, deve giocare il suo ruolo con autorevolezza, rispetto degli altri e di sé stessa, con presenze adeguate per competenza e credibilità (come spesso non lo sono state). Votando seriamente per comporre la nostra rappresentanza nel Parlamento Europeo, dobbiamo saper stabilire lì le opportune alleanze per saper spiegare e poter difendere le nostre esigenze, senza chiudersi alla comprensione ed al rispetto di quelle degli altri e, soprattutto, di quelle comuni.
L’elettore entero-frenico non è disposto a questa esplorazione del reale; il suo mondo sono le interiora del proprio paese, le sue prospettive…la fine della digestione. E non c’è da sorprendersi se, lì dove si è incistata la sua mente, come dice Nando Pagnoncelli (La penisola che non c’è, Mondadori 2019) manca l’idea del futuro (che esige sguardo lungo) e dell’interesse generale (che per sua natura non abita nella pancia del singolo).
Se il risultato elettorale vedrà, a livello Europeo, l’affermazione di questo “modello” di elettorato, saranno guai per tutti, in Europa, forse nel mondo, sicuramente per quel granello di polvere che è il nostro Paese.
Roma, 23 maggio 2019 (domani il Piave, di sicuro, mormorerà)

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