Cominciamo bene
(di Felice Celato)
Eccoci qui, complici i postumi di un forte raffreddamento, a
poter render conto già di un trio di
letture di inizio anno, a diverso titolo tutte rimarchevoli.
Cominciamo col poco noto romanzo di Isaac B. Singer Keyla la rossa (Adelphi, 2017), uscito a puntate in Yiddish nel 1976/77 ma tenuto
“coperto” dall’autore (nell'edizione in un unico volume) fino alla data della sua morte (1991), anzi nemmeno
definitivamente tradotto in inglese, pare per il suo contenuto in qualche modo
“scandaloso”. Si tratta infatti della storia di Keyla, detta la rossa, una
prostituta ebrea del ghetto ebraico di Varsavia, denso di anime, peccati, reati
ed umanità. Il suo mestiere non è riuscito a sottrarle una salda purezza di
cuore, non ne ha soffocato la tenera speranza del cambiamento né la spinta a
cercare e onorare l’amore più esclusivo. Sia l’ambiente degradato della
Varsavia di inizio secolo sia, poi, quello duramente ospitale della New York
ebraica fanno da sfondo oscuro alle vicende di amore, speranza e travolgimento
esistenziale di Keyla, fra comprimari
delinquenti o pervertiti o disperati, in fondo più fragili dell’oggetto dei
loro stessi desideri, appunto la magnetica Keyla
che (per dirla con D’Annunzio) nec recisa
recedit, nemmeno spezzata rinuncia al suo disegno di redenzione. Il terzo
di questi comprimari, Bunem, il figlio del rabbino, certamente il più
interessante degli amori di Keyla,
porta con sé l’inquietudine delle eterne domande sul destino degli uomini e sul
silenzio di Dio, ovviamente centrali nella cultura giudaico cristiana.
Un bel romanzone, narrato come solo Singer e pochi altri
sanno fare, avvincente e sconsolato. Non mette certo allegria ma ne consiglio
la lettura, non foss’altro agli appassionati di grande narrazione.
Il secondo libro (Sapiens,
Da animali a dèi, Bompiani 2017) è di uno storico Israeliano, Yuval Noah
Harari che “cavalca” la storia dell’homo
sapiens, da qualche milione di anni fa fino ai dì nostri, fra paradossi e
grandi ironie della storia. Per oltre 500 pagine, che si leggono d’un fiato,
attraversa le preistoriche “rivoluzioni” della cognizione e dell’agricoltura, e
poi via via, con grana sempre più fina, fra fattori dall’inatteso effetto
omogeneizzante (il denaro, l’impero, le
religioni e le ideologie), arriva fino alla rivoluzione scientifica, con la
scoperta dell’ignoranza che sospinge la conoscenza e trascina con sé una sorta
di unificazione ecologica e storica dell’umanità; in fondo – oggi – nel segno
di una diffusa prosperità e di una pace
relativamente sconosciuta, almeno nella sua dimensione attuale. Ma l’uomo è
veramente più felice? si domanda alla fine Harari, sulla soglia del futuro. Non
a caso sul mio tavolo, dello stesso autore, c’è già il seguito (Homo Deus, Breve storia del futuro) del
quale vi riferirò quando – dopo una congrua pausa differenziatrice – lo avrò
affrontato (anche qui le pagine abbondano!). Radicalmente anti-cristiano (fino
al punto da incorrere in qualche grossolanità), Harari riesce però, col piglio
del grande narratore, a inanellare agilmente squarci di storia, di antropologia
e di ideologia del vivere presente, senza mai affannare o stancare il lettore.
Lettura sicuramente interessante.
Infine un libretto che segnalo certamente perché è
interessante ma anche…. per pura vanità: di Giancristiano Desiderio : L’individualismo statalista, la vera
religione degli Italiani (Liberilibri 2017), in fondo un excursus storico e sociologico su un
concetto qui (su queste “colonne”) variamente approcciato: la statolatria come l’ideale religioso di chi desidera la completa statizzazione della vita per eliminare ogni rischio,
senza rendersi conto che il rischio vero
è concepire una vita senza rischio; così lo stato è, di volta in volta, pedagogo, medico, imprenditore, burocrate,
consulente, manager, pompiere, assicuratore, desiderio; e la cultura
statalista, diventata boriosa e cieca, finisce per non riconosce[re] più i
problemi e pretende di affrontarli con le loro stesse cause. Un libretto di
non molte pagine che, interessatamente (in fondo porta l’acqua al mulino che
qui….. spesso gira le pale), mi sento di consigliare, soprattutto agli
adoratori/adoratrici dell’idolo-Stato che, come
tutti gli dèi di questa terra, alla fine si nutrirà dello stesso sangue e degli stessi sacrifici di coloro che l’hanno
ingenuamente adorato.
Roma 10 gennaio 2018
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