martedì 3 ottobre 2017

Letture

Sangue giusto
(di Felice Celato)
Dopo tanto tempo e dopo diversi saggi segnalati su queste colonne, torniamo ad occuparci di letteratura (che per la verità anche come lettore ho un po’ trascurato in questi ultimi mesi). Lo facciamo col romanzo di Francesca Melandri Sangue giusto (Rizzoli, 2017) che, anche complici due notti praticamente insonni, ho divorato in tre/quattro giorni, non ostanti le più di 500 pagine in cui si dipana. Mi pare di aver detto altre volte che il diritto ad un’estensione così vasta lo riconosco a pochissimi romanzi; a questo no, ancorché si tratti di un bellissimo racconto, narrato con una notevole abilità che, tuttavia, non avrebbe certo sofferto di una qualche sforbiciata. Comunque, l’ho già detto, il libro nel suo complesso si lascia leggere con piacere e con interesse perché si confronta con due temi intrecciati fra loro e che, entrambi, ho trovato ben pensati (e anche narrativamente ben strutturati). Il primo tema è quello più intimistico: figli che scoprono di non conoscere il loro padre, un padre un po’…disordinato ma affettuoso ed amato; o, meglio, di avere di lui un’immagine falsa, costruita nel tempo da interessate narrazioni di sé che molto hanno taciuto della vera vita vissuta e qualcosa hanno accomodato alle mutate sensibilità dei tempi. Il secondo tema (quello che fa da principale scenario alle “scoperte” dei figli sul padre) è costituito dalle politiche coloniali Italiane ai tempi del fascismo; anzi, più precisamente, dalle tecniche di “governo” dei territori della cosiddetta Africa Orientale Italiana, fra atteggiamenti tipicamente colonialisti, ordinarie crudeltà e veri e propri crimini di guerra (per lo più oscurati dalla nostra auto-percezione come “Italiani, brava gente”). [N.B. questa parte del libro rivela anche un notevole scrupolo di ricerca dell’autrice, tanto più significativo quanto più forte è il pudore nazionale su questi temi, certamente sopravvissuto alla caduta del fascismo; ne sono una riprova le ampie menzioni fra i “Ringraziamenti” dei supporti ricevuti nella ricerca].
Intrecciando i due temi, lo si sarà capito, ci troviamo nel bel mezzo di uno dei topos letterari da me più amati: l’uomo e la storia, o, meglio, l’uomo “macinato” nei meccanismi della storia, sballottato dai tempi e talora costretto a non eroici esercizi di adattamento dei quali si rende conto solo quando se ne allontana. Il silenzioso protagonista del libro (il padre “sconosciuto”) non è un criminale di guerra e per lui sicuramente funziona il concetto della banalità del male; è un vitalissimo galleggiatore spudorato e amorale, che ha fatto della propria “flessibilità” uno scudo per vivere una vita tutto sommato accettabile, considerate le drammatiche dinamiche dei tempi che ha attraversato.
Nel suo complesso dunque mi sento di raccomandare ai miei esigenti lettori il libro intelligente di Francesca Melandri, non ostanti le diverse pagine in eccesso e qualche indulgenza a giudizi stereotipati su passioni politiche ancora calde (o meglio: ormai tiepide).
Roma, 3 ottobre 2017


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