giovedì 26 ottobre 2017

Dies albo

Papocchi
(di Felice Celato)
Non vorrei che anche questo sia un segno del degrado antropologico che, investendo ormai da tempo l’intero paese, probabilmente non  mi risparmia; eppure - tristo segno - questo sarebbe (anzi: è) il terzo post consecutivo nel quale non abbiamo trovato argomenti di conversazione  più intelligenti (o, se amate il sarcasmo, meno spassosi) dei discorsi di politica politicata
A mia parziale discolpa, però, devo dire che oggi, perbacco!, è un giorno “speciale” per un paese “speciale” come il nostro, dies albo signanda lapillo, direbbero gli antichi Romani (un giorno da segnare con un sassolino bianco); e ciò, per almeno tre motivi concomitanti: (1) finalmente sappiamo come voteremo fra poco più di 100 giorni! Il Rosatellum è legge! (2) Ora sappiamo chi proporrà, il Governo, come Governatore della Banca d’Italia dopo che il partito di governo aveva clamorosamente sfiduciato l’attuale, Ignazio Visco. (3) Il partito di governo fa sapere di voler rinviare l’adeguamento dell’età della pensione alle aspettative di vita degli Italiani, previsto da una legge e, malauguratamente, reso necessario dalla struttura della nostra spesa pubblica ( e previdenziale).
Dunque, fra nuovi papocchi ormai certi, prevedibili papocchi acrobatici e imprevedibili promesse di nuovi papocchi, possiamo veramente dire che oggi è un giorno speciale di ordinaria insufficienza.
Tre rapidissimi cenni sui tre “eventi”:
(1) Rosatellum
Da tempo sono convinto che non sono i sistemi elettorali a far funzionare uno stato ma l’assetto sociologico del sottostante Paese: a paese incolto, suggestionabile, emotivo, frazionato e fazioso corrisponderà sempre un parlamento della stessa fatta, qualunque sia il modello attraverso il quale lo si selezioni; e i governi che esprimerà tale paese saranno, a loro volta, il riflesso di tale parlamento. Tanto più, quanto più si è fatta corta ed esagitata la “catena di trasmissione” fra opinione pubblica e governo. Per la verità la cronaca dell’Italia di questi tempi ha sempre dimostrato che la mia insensibilità al tema non trova riscontri nelle valutazioni della nostra classe dirigente: senza contare i sistemi elettorali per Europa, regioni, province e comuni, negli ultimi 70 anni abbiamo cambiato sistema, con velocità progressiva, almeno 7 volte (mal contate, comprese “legge truffa”, sua abolizione, Mattarellum, Porcellum, Italicum, Consultellum, Rosatellum, etc) alternandoci fra fugaci innamoramenti  maggioritari (temperati, per carità!, dovessimo mai apparire decisi a qualcosa!) e sistemi  proporzionali mixati a geometria carpiata e variabile (fra Camera e Senato). Ora, previa regolari accapigliamenti a forza di insulti e pantomime, siamo atterrati - è proprio il caso di dirlo - su un mix proporzional-maggioritario al quale è stato affibbiato il nomignolo (che vorrebbe essere) “spiritoso” di Rosatellum. Vedremo quanto durerà. Molto dipenderà, statene sicuri, dalla cosa alla quale gli italiani sembrano tenere di più (secondo la mito-poiesi popolare): che si sappia, la sera delle elezioni, chi ha vinto! Se poi chi avrà vinto si sarà messo a capo di un coacervo di provvisori compagni di tappa, pronti alla fuga alla prima collina da superare, non ci importa: l’importante è sapere chi ha vinto, saperlo subito per evitare “il teatrino della politica”, che poi sarebbe la ricerca dell’”inciucio”. Ormai non ragioniamo più, ci limitiamo a brandeggiare slogan, anche quando faticano a trovare fondamento, anche nella nostra meta-realtà!
(2) Nomine Viscose
La Banca d’Italia non è forse più quella di una volta; del resto le sue competenze si sono enormemente ristrette con il trasferimento della sovranità monetarie alla BCE. Ma la politica italiana è rimasta, nonostante tutto, la stessa: non sa rinunciare ai suoi vizi (o vezzi?) verso (tuttora) delicate funzioni istituzionali; anzi forse proprio non ha il senso delle Istituzioni, specie quando queste non sono incarnate da politici.
E, dunque, il Governo, con inevitabile saggezza, riproporrà Visco come successore di sé stesso; e il partito di governo avrà fatto – come gli accade sempre più spesso nella rincorsa a chi è più rock - uno Shakespeariano much ado about nothing, all’insegna de “l’importante è solo riuscire ad ascoltare la propria voce” (anche il far ascoltare sta diventando meno rilevante).
(3) Vecchiaie lunghe
Questa è la più seria delle questioni e forse non è nemmeno opportuno farne oggetto di sarcasmi. La cito qui perché l’italico aroma del papocchio è forte. Del resto, ragionare non è rock.
Conclusioni. Il deficit di classe dirigente è palese; i problemi che ci concernono sono assai più complessi di come dimostrano di comprenderli coloro che li stanno gestendo. Questo è il problema della nostra politica. [Sempre speranzoso di errate valutazioni, ovviamente!]
Roma 26 ottobre 2017
P.S.: Per fortuna arriva la settimana dei morti, che inevitabilmente ci riconduce a temi meno contingenti ( e più prossimi).



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