Cosmopolitismo vs. nativismo
(di Felice Celato)
Ho letto ieri su Handelsblatt
Global un articolo che mi ha molto interessato e che – così mi è parso –
merita di essere sintetizzato ai miei pochi lettori, almeno per due motivi:
anzitutto perché racconta un caso interessante dal punto di vista, direi, del
costume e delle nuove sensibilità che il lessico giornalistico genera; e poi perché
inquadra in ottica globale l’evoluzione delle sensibilità politiche del mondo
occidentale (che riguardano, quindi, anche il nostro paese) e il modo col quale
si vengono articolando quelle che chiamiamo, genericamente e spesso
approssimativamente, le rivendicazioni populiste.
Da questo punto di vista – mi preme solo segnalarlo, senza
ulteriori approfondimenti in questa sede – l’analisi di Handelsblatt diverge
vagamente dai temi che ritrovo in un altro libro che stavo leggendo (Che cos’è il Populismo ? di Jan-Werner
Muller, Università Bocconi Ed., 2017), anch’esso di autore tedesco, sia pure
professore alla Princeton University.
Qui – sia detto per inciso, ma con soddisfazione – il concetto di populismo
dell’autore coincide largamente con quello da noi progressivamente messo a
fuoco: una particolare visione moralistica della politica che oppone il mito
di un popolo moralmente puro, infallibile e completamente unificato, alla
narrazione di un’elite corrotta e
moralmente infida. Nell’articolo di Handelsblatt,
di converso, la vicenda di Alternativa per la Germania (AfD, in sigla tedesca)
viene inquadrata, certamente, in un’ottica anti-elitaria, ma ne vengono esaltate
le radici localistiche, forse non del tutto esenti da fondati disagi economici
dell’Est verso l’Ovest della Germania post-unificazione.
Quale che sia la natura di AfD, l’articolo di Handelsblatt, anzi, meglio, del suo Editor-in Chief Andreas Kluth (The Global backlash against Cosmopolitanism)
muove da quello che potrebbe apparire, a prima vista, un classico incidente di
un titolista, oppure, forse, un' autentica provocazione: nel commentare la
vigorosa affermazione di AfD alle ultime
elezioni tedesche, Handelsblatt aveva
titolato, qualche giorno fa, riferendosi ad una sua leader, Alice Weidel, così: Una
lesbica cosmopolita si rivela un agitatore di estrema destra. Da qui una
serie di sdegnate reazioni sul sito Facebook
di Handelsblatt; ma non per l’uso del
termine “lesbica” (come si sarebbe potuto pensare e tutto sommato ci si poteva
attendere, non ostanti le esplicite posizioni della Weidel in materia) ma per
l’uso del termine “cosmopolita”. E’ certamente vero – nota Kluth – che la
cultura popolare tedesca tende a conservare memoria di come questo termine
venisse usato, fra gli altri molto peggiori, come epiteto antisemita; e che nei
secoli, il cosmopolitismo ha assunto una connotazione elitaria e
mercantilistica che mal si attaglia alle posizioni espresse da AfD. Ma è anche
vero che il termine vanta una storia
culturale di tutto rispetto risalente addirittura a Diogene il Cinico
(4° secolo avanti Cristo) e che esso rappresenta, forse meglio di ogni altro, uno
dei poli culturali delle nuove sensibilità politiche di cui dicevamo all’inizio
(tanto che, appunto, dice Kluth, Handelsblatt,
non ostanti le proteste, continuerà ad usarlo, convinto che non coincida affatto con elitarismo).
Quindi, accantonando il tema delle sensibilità lessicali (comunque
interessanti dal punto di vista del costume), l’articolista rivendica la
centralità del termine cosmopolitismo per focalizzare il senso di una mutazione
culturale che si è via via prodotta in gran parte del mondo occidentale, con la
progressiva perdita di senso della contrapposizione politica lungo l’asse
destra-sinistra e la contemporanea
progressiva affermazione di quella lungo l’asse cosmopolita-nativista. I
termini del dualismo politico del mondo d’oggi, appropriato o non appropriato
che sia il termine “cosmopolita”, – scrive Kluth – restano questi: da un lato
chi è a favore di società aperte, libero commercio, globalismo e
multilateralismo; dall’altro chi è a favore di confini chiusi, protezionismo,
politiche ostili all’immigrazione e unilateralismo stile “la mia terra prima!”.
Roma 30 settembre
2017, San Girolamo, dottore della Chiesa….e mio compagno di stanza.
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