Merkel e noi
(di
Felice Celato)
Anche la
Germania è un paese “normale”? Questo mi domandavo leggendo i commenti ai
risultati delle elezioni in Germania: che la Merkel vincesse e i socialisti
perdessero era dato per scontato; ma la dimensione della vittoria era
sopravvalutata (tanto che si potrebbe “giornalisticamente” dire che si sia
trattato solo di una non sconfitta
della Cancelliera) e quella della sconfitta socialista, invece, sottovalutata.
Non era prevista una così forte affermazione della destra (Allianz fur Deutschland, AfD) che raccoglie, pare, la protesta
contro le aperture della Merkel ai rifugiati (ancorchè depotenziate nel tempo),
contro l’immigrazione islamica, contro una maggior spinta sull’acceleratore
dell’Europa e a favore di istanze di maggior sicurezza. Se poi ci siano anche
rigurgiti o nostalgie di tragiche vicende ideologiche non so dire, ma, per quello che conosco della
Germania, mi sentirei di escluderlo (in fondo, nota la FAZ, AfD è stata votata da un milione e mezzo di transfughi dai
democristiani e dai socialisti!) o di confinarlo nel mondo delle (sempre
possibili) follie.
Dunque,
se sono vere le chiavi interpretative che leggo (fra queste una ricerca Allensbach pubblicata oggi da Handelsblatt), la “normalità” della
Germania sta tutta in quei timori di cui accennavamo poco fa (rifugiati,
immigrazione islamica, integrazione Europea, sicurezza), mitigati da una
diffusa soddisfazione per la politica economica del Governo (secondo il Corriere, invece, esaltati da una
diffusa insoddisfazione). Se ci facciamo caso - di qui la “normalità” di una
Germania, per tanti versi straordinaria - gli stessi timori che hanno
condizionato Brexit, le elezioni
negli USA (escluso qui il tema Europeo del quale agli americani non interessa
un fico secco), i molti turmoil
Europei orientali; e che rischiano di pesare assai anche sulle prossime
elezioni Italiane, potenziati, da noi sicuramente, da una generalizzata
insoddisfazione economica.
In
generale, si potrebbe dire ricorrendo ai soliti banali stilemi, si tratterebbe
di pulsioni destrorse se il dilagare del mito del popolo saggio (ed unico
detentore di una moralità incontaminata) non avesse creato (o meglio:
rivivificato) la categoria politica del populista
(alla quale, infatti, molti ascrivono anche AfD,
non foss’altro perché –anch’essa, come Trump – invoca la restituzione del paese al popolo). Del resto, secondo me (credo
di averlo detto più volte) il populismo non è una direzione politica (come lo
sarebbero state nel novecento la destra o la sinistra) ma una modalità di
aggregazione del consenso che fa perno su una continuata provocatio ad popolum, esplicita o implicita, basata, non solo
sull’equivoco della presunta saggezza e moralità del popolo stesso, ma,
soprattutto, sulla facilità di determinare importanti flussi di indistinto
consenso, spesso “grattando la pancia” degli istinti (insomma: il populismo
come patologia della democrazia e quindi, possibilmente, sia di destra che di
sinistra, se le due categorie novecentesche resistessero ancora).
Come che
sia, il “problema” che abbiamo di fronte, sia che ci sentiamo soggetti politici
nel senso migliore della parola (cioè autenticamente sensibili al bene della polis); sia che siamo unicamente
sensibili alla formazione di una volontà popolare da governare poi in qualche
modo; sia, infine, che siamo (come chi scrive) semplici e banali osservatori di
quel che si passa nel nostro mondo; insomma, in ogni caso il problema rifugiati
- immigrazione - sicurezza è il problema dei nostri tempi col quale occorre fare i conti, come del
resto era facile immaginare guardando alle sole dinamiche demografiche e
economiche del mondo.
Non sarei
completamente sincero con me stesso (e con voi che leggete annoiati queste mie
elucubrazioni) se non riconoscessi che la mia posizione sul tema ha una sua
(nobile, spero) venatura lato sensu
ideologica (nel senso che si ritrova all’interno di un sistema concettuale ed
interpretativo proprio di un cattolico liberale): io credo che l’immigrazione
sia una necessità e un bene; che essa vada governata (per renderla ordinata e
rispettosa non per reprimerla); che essa vada spiegata senza isterismi e senza
preconcetti talora beceri. Sullo sfondo continuo a vedere con chiarezza i vasi
comunicanti (l’abbiamo già detto) che tendono – nel tempo -all’equilibrio dei
livelli (della ricchezza); i vasi incomunicanti (di qua noi, di là voi) sono
un’ucronia folle (foriera di gravi guai, nel tempo).
La Germania,
quali che siano le autentiche motivazioni del successo di AfD, ha tentato di farlo, questo show-down politico col problema della immigrazione; ne è risultata
una non sconfitta o una non vittoria: benefica, dice il NYT, perché limita il senso di
superiorità dei tedeschi, cioè perché li riconduce alla “normalità” di cui
parlavamo all’inizio. Io non so dire se sia benefica; certamente da soppesare
coi malefici di ogni elusione.
Roma 26 settembre
2017
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