martedì 26 settembre 2017

Leggendo i giornali


Merkel e noi
(di Felice Celato)
Anche la Germania è un paese “normale”? Questo mi domandavo leggendo i commenti ai risultati delle elezioni in Germania: che la Merkel vincesse e i socialisti perdessero era dato per scontato; ma la dimensione della vittoria era sopravvalutata (tanto che si potrebbe “giornalisticamente” dire che si sia trattato solo di una non sconfitta della Cancelliera) e quella della sconfitta socialista, invece, sottovalutata. Non era prevista una così forte affermazione della destra (Allianz fur Deutschland, AfD) che raccoglie, pare, la protesta contro le aperture della Merkel ai rifugiati (ancorchè depotenziate nel tempo), contro l’immigrazione islamica, contro una maggior spinta sull’acceleratore dell’Europa e a favore di istanze di maggior sicurezza. Se poi ci siano anche rigurgiti o nostalgie di tragiche vicende ideologiche  non so dire, ma, per quello che conosco della Germania, mi sentirei di escluderlo (in fondo, nota la FAZ, AfD è stata votata da un milione e mezzo di transfughi dai democristiani e dai socialisti!) o di confinarlo nel mondo delle (sempre possibili) follie.
Dunque, se sono vere le chiavi interpretative che leggo (fra queste una ricerca Allensbach pubblicata oggi da Handelsblatt), la “normalità” della Germania sta tutta in quei timori di cui accennavamo poco fa (rifugiati, immigrazione islamica, integrazione Europea, sicurezza), mitigati da una diffusa soddisfazione per la politica economica del Governo (secondo il Corriere, invece, esaltati da una diffusa insoddisfazione). Se ci facciamo caso - di qui la “normalità” di una Germania, per tanti versi straordinaria - gli stessi timori che hanno condizionato Brexit, le elezioni negli USA (escluso qui il tema Europeo del quale agli americani non interessa un fico secco), i molti turmoil Europei orientali; e che rischiano di pesare assai anche sulle prossime elezioni Italiane, potenziati, da noi sicuramente, da una generalizzata insoddisfazione economica.
In generale, si potrebbe dire ricorrendo ai soliti banali stilemi, si tratterebbe di pulsioni destrorse se il dilagare del mito del popolo saggio (ed unico detentore di una moralità incontaminata) non avesse creato (o meglio: rivivificato) la categoria politica del populista (alla quale, infatti, molti ascrivono anche AfD, non foss’altro perché –anch’essa, come Trump – invoca la restituzione del paese al popolo). Del resto, secondo me (credo di averlo detto più volte) il populismo non è una direzione politica (come lo sarebbero state nel novecento la destra o la sinistra) ma una modalità di aggregazione del consenso che fa perno su una continuata provocatio ad popolum, esplicita o implicita, basata, non solo sull’equivoco della presunta saggezza e moralità del popolo stesso, ma, soprattutto, sulla facilità di determinare importanti flussi di indistinto consenso, spesso “grattando la pancia” degli istinti (insomma: il populismo come patologia della democrazia e quindi, possibilmente, sia di destra che di sinistra, se le due categorie novecentesche resistessero ancora).
Come che sia, il “problema” che abbiamo di fronte, sia che ci sentiamo soggetti politici nel senso migliore della parola (cioè autenticamente sensibili al bene della polis); sia che siamo unicamente sensibili alla formazione di una volontà popolare da governare poi in qualche modo; sia, infine, che siamo (come chi scrive) semplici e banali osservatori di quel che si passa nel nostro mondo; insomma, in ogni caso il problema rifugiati - immigrazione - sicurezza è il problema dei nostri tempi  col quale occorre fare i conti, come del resto era facile immaginare guardando alle sole dinamiche demografiche e economiche del mondo.
Non sarei completamente sincero con me stesso (e con voi che leggete annoiati queste mie elucubrazioni) se non riconoscessi che la mia posizione sul tema ha una sua (nobile, spero) venatura lato sensu ideologica (nel senso che si ritrova all’interno di un sistema concettuale ed interpretativo proprio di un cattolico liberale): io credo che l’immigrazione sia una necessità e un bene; che essa vada governata (per renderla ordinata e rispettosa non per reprimerla); che essa vada spiegata senza isterismi e senza preconcetti talora beceri. Sullo sfondo continuo a vedere con chiarezza i vasi comunicanti (l’abbiamo già detto) che tendono – nel tempo -all’equilibrio dei livelli (della ricchezza); i vasi incomunicanti (di qua noi, di là voi) sono un’ucronia folle (foriera di gravi guai, nel tempo).
La Germania, quali che siano le autentiche motivazioni del successo di AfD, ha tentato di farlo, questo show-down politico col problema della immigrazione; ne è risultata una non sconfitta o una non vittoria: benefica, dice il NYT, perché limita il senso di superiorità dei tedeschi, cioè perché li riconduce alla “normalità” di cui parlavamo all’inizio. Io non so dire se sia benefica; certamente da soppesare coi malefici di ogni elusione.
Roma 26 settembre 2017












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