(di
Felice Celato)
Nella
mia mente contorta dai numeri, Settembre ha una valenza segnaletica particolare: quando comincia (il 1° settembre) già due
terzi dell’anno se ne sono andati (8 mesi su 12); quando finisce (il 30
settembre) se ne sono andati i tre quarti (9 mesi su 12); il segnale (ovvio, del resto) è che l’anno
volge ormai al termine, rapidamente…. come sempre sembra quando cresce il
denominatore. Ne rimangono tre o quattro, di mesi, che, sullo scorcio finale di
una legislatura che non esiterei a definire per tanti aspetti inutile, passeremo
a parlare (cosa che ci riesce molto bene!) di elezioni in Sicilia, di legge
elettorale, di “crisi” di Roma, di candidature a premier, etc.; e ad emozionarci (eccola, la pubblica emozione di cui parlavamo qualche giorno fa!) di ogni
accadimento (vero o percepito) che valga ad allontanare il nostro pensare (ma
soprattutto il nostro agire) dai problemi seri che non vogliamo affrontare. Ci sarà
poi anche un altro argomento (anch’esso altamente emozionale), per ora inspiegabilmente
sottaciuto a livello politico nazionale, ma – secondo me – di portata
dirompente: a metà ottobre le genti
di Lombardia e Veneto saranno chiamate a referendum, in sede consultiva, per
giudicare – in buona sostanza – della solidarietà
fiscale nazionale. Sull’esito prevedibile non ho dubbi, sulle conseguenze
non voglio fare previsioni: ho solo la tenue speranza di sbagliarmi.
L’Italia
si sfa, come scrive Mario Sechi su List
di oggi? Non lo so; certamente non si compatta come invece i tempi e i temi sul
tavolo richiederebbero; starei per dire: almeno si imballa, scuotendosi
rumorosamente, come fa un motore quando sale di giri senza che il moto si
trasmetta alle ruote; del resto, il rumore s’è fatto la sua condizione
esistenziale.
Mi è
sempre difficile – lo ammetto – cogliere nella realtà italiana elementi di intra-mondana speranza ma oggi – su un
altro piano, lo so bene – sono stato fortunato: mentre ruminavo, non senza rabbia,
questi non lievi pensieri, mi è caduto l’occhio sulla data di domani, 3
settembre, e sul santo che la Chiesa celebra in tale data: San Gregorio Magno,
Dottore della Chiesa, papa e sommo liturgista, vissuto (540-604 d.C) in tempi di alluvioni, carestie, invasioni e di
peste. Di lui Benedetto XVI ebbe a dire: in
un tempo disastroso, anzi disperato, seppe creare pace e dare speranza….egli
propone il suo pensiero attraverso alcuni binomi significativi – sapere/fare,
parlare/vivere, conoscere/agire – nei quali evoca i due aspetti della vita
umana che dovrebbero essere complementari ma che spesso finiscono per essere
antitetici. La tradizione romana gli attribuisce la visione di san Michele
Arcangelo, nell’atto di rinfoderare la spada, simbolo della fine della collera
divina verso Roma (da qui la statua dell’Arcangelo che torreggia su – appunto –
Castel Sant’Angelo, fino ad allora Mole di Adriano).
Per
carità, diciamolo chiaro: nemmeno mi sfiora l’idea di invocare un uomo della
Provvidenza, come lo fu Gregorio I per la Chiesa e per il popolo romano. Ne
abbiamo avuti e ci sono bastati!
Però,
santo cielo!, almeno qualcuno che se la senta di far suoi almeno due dei tre binomi di cui diceva Benedetto XVI (almeno
sapere/fare e conoscere/agire), almeno questo possiamo sperarlo per l’autunno e
l’inverno che ci attendono?
Ecco
alla memoria di Gregorio Magno, casualmente affiorata da uno sguardo al
calendario romano, devo oggi, se non una radicata speranza che il “binomista”
gregoriano si faccia vedere, almeno la memoria dell’Arcangelo Michele che
rinfodera la spada: San Michele, ne abbiamo abbastanza. Ti prego!
Roma
2 settembre 2017
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