Aggiornamento
(di
Felice Celato)
E’ più di un anno che non ci
soffermiamo a fare il punto su come stiamo andando. Dunque, forse vale la pena
di tentare di farlo, anche perché si appressa la fine
dell’anno con le tradizionali “manovre” di bilancio, anche stavolta “con al centro i giovani” o “la ripresa”, o con altre consimili
centralità vocali. Di qui alla fine
dell’anno c’è poi un altro passaggio (sottovalutato, spero saggiamente, dagli
osservatori politici specializzati) per me (invece) lacerante: i due referendum consultivi, fiscalmente anti
solidaristi, del nord Italia (di quella parte del paese, cioè, che, secondo la
retorica renziana, ha una crescita superiore a quello del Baden Wurttemberg,
per merito del Governo ovviamente). Poi ci saranno le elezioni (primavera 2018)
per le quali sono in corso le grandi manovre dei piccoli leaders di cui disponiamo, fra le beffe di Prodi e di Letta,
D’Alema che si leva gli occhiali per lanciare una rissa tardo-adolescenziale
con chi lo critica, la gesticolazione dei messaggi, le formazioni miste e variabili,
ricche di interrogativi di vitale importanza, la cui soluzione è attesa con
ansia da tutto il mondo: con chi va Pisapia? Renzi o Gentiloni per il residuo
PD? E Salvini va davvero con Berlusconi? E Berlusconi è candidabile? E la
Meloni che fa? E Di Maio – che forse meglio di chiunque altro ben rappresenta
l’Italia com’ è – Di Maio, dicevo, diventa candidato Premier? Ma col proporzionale ha senso candidare un Premier? Ma poi, a proposito: con che
legge elettorale si vota?
Poi c’è la Consip: chi complotta contro chi? Quale parte dello
Stato contro quale parte dello Stato?
Queste sono le cose che ci occupano.
Per fortuna, nel frattempo, abbiamo bloccato i migranti sul
bagnasciuga della Libia e tutta l’Europa ci ha lodato; e noi, enormemente
compiaciuti, ci siamo rifatti il fiocco sul grembiule con una certa fierezza.
Dello jus soli non si parla più,
perché è divisivo; e poi c’è la legge Fiano (della quale parliamo magari
un’altra volta) che invece è inclusiva.
Intanto c’è un nuovo record: quello del debito pubblico (2.300
miliardi di € che ai costi attuali vale – sempreché la BCE continui ad
acquistare titoli del debito pubblico Italiano – "solo" una settantina di miliardi
all’anno, pari a circa l’ 8 % della spesa pubblica Italiana, che – ricordiamolo
– è più della metà del PIL)!
Ma lasciamo perdere, nessuno ne parla perché “i conti sono in
ordine”; sennò, del resto, come potremmo anche solo pensare di ingrossare
ancora di più le file della burocrazia assumendo i giovani talenti che tutto il mondo ci invidia in
sostituzione di una pletora di statali anziani, da pensionare o, magari, da
prepensionare?
Lasciamo perdere, dicevo, magari molto perplessi ma lasciamo
perdere, perché c’è un filone mediatico al quale vale la pena di dare attenzione:
i tre giornali italiani che leggo con
continuità (il Foglio con grande piacere
intellettuale, il Corriere spesso con
interesse e talora con rabbia, Il Sole
per annoiato senso del dovere) si stanno orientando (devo dire: con alterne e
discutibili fortune) verso una campagna a favore, per così dire, di una lettura
ottimistica della situazione (e conseguentemente dei destini) dell’Italia. Il
tempo dirà se questi sforzi hanno un senso. Il Corriere addirittura sta per lanciare un (ennesimo) supplemento
settimanale dedicato, stavolta, alle Buone
notizie.
E io, lo sanno bene i miei lettori, se c’è da tuffarsi in visioni
ottimistiche sull’Italia non voglio essere scavalcato da nessuno. Ma c’è
qualcosa del lancio del nuovo supplemento che fa oggi Ferruccio De Bortoli sul Corriere stesso, che mi ha positivamente
colpito (fuori di ogni sarcasmo, stavolta): il ruolo che si comincia ad
attribuire al volontariato in Italia. Forse, come dicevamo l’altro girono
commentando il Giving index (cfr. post Defendit numerus /15 del 5
settembre), anche qui – come in tutte le altre cose – non è proprio il caso di
rivendicare primazie che non abbiamo certo, abbandonandoci ad infondate autoglorificazioni
del quanto siamo buoni; ma non c’è
dubbio – a mio avviso – che promuovere la coscienza di quanto sia supportiva
questa società parallela, tanto più quanto più riesce a stare distante dallo Stato,
diffonde fiducia, rinforza i legami
sociali, combatte i pregiudizi e vince le indifferenze (De Bortoli); e,
forse, soprattutto se riesce a evitare mielosità e buonismi convenzionali,
contribuisce a generare il senso nascente di un welfare privato che potrebbe essere la chiave sociologica di una
cultura post-statolatrica.
Vedremo; seguiremo con grande interesse e speranza. E se son rose….(avranno spine e pungeranno, diceva, ahimè, un mio amico
meno ottimista di me).
Roma 18 settembre 2017
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