sabato 17 giugno 2017

Spigolature lessicali

….ma non solo lessicali
(di Felice Celato)
La solita cena estiva sul terrazzo di amici vecchi e provati; menù ideale per l’estate, splendido riso nero (da me amatissimo) in interpretazione iraniana (suscitatrice, anch'essa, di entusiasmi, più sobri però); conversazione piacevole, come al solito, fra amici illuminati da un fresco Muller Turgau. Improvvisamente fa irruzione un tema: il patriottismo. “Va ‘bbè – dice il padrone di casa – ma allora per te che cos’è il patriottismo?” Di qui la piccola ricerca che segue.
Sgombriamo il capo da questioni puramente lessicali. Molto sobrio il Devoto-Oli: fervido sentimento di devozione alla patria; sinonimi: amor patrio, amor di patria, nazionalismo; contrari: antipatriottismo. Il vocabolario Treccani, aggiunge, alla devozione, l’amore e l’obbedienza; fra i contrari, invece, aggiunge: sciovinismo.
Si diffonde di più  il Dizionario di Storia della Treccani: L’impegno profuso, su molteplici piani (politico, militare, intellettuale, ecc.) in nome della patria, per l’affermazione, la difesa o l’accrescimento dei valori che essa esprime. Nel corso dei secoli ha assunto forme diverse, uniformandosi di volta in volta alla specificità del contesto culturale, sociale e politico col quale si identificava o al quale intendeva aderire. Segue una lunga serie di esempi (di patriottismo) tratti dalle antichità Greca e Romana, dal Medioevo, fino ad arrivare a Giovanna d’Arco, al contrasto fra ragioni di patria e sentimenti di lealtà dinastica; tanto che tra 16° e 18° sec. numerosi sudditi affermarono di combattere per la patria nell’atto di rivolgere le armi contro il loro sovrano, fino ad arrivare ai francesi che ghigliottinarono Luigi XVI (1793). Nel 19° sec., età del trionfo dello Stato-nazione, il patriottismo divenne un aspetto chiave della cultura e della propaganda politica (di stampo romantico, risorgimentale, libertario borghese) e aderì, caso per caso, a una specifica sintassi politico-ideologica (monarchico-costituzionalista, repubblicana, massonica, socialista, anarchica, irredentista), contribuendo a un nuovo processo di sacralizzazione dell’idea di patria (del binomio patria-nazione), ulteriormente maturato nel corso del secolo successivo. Il patriottismo otto-novecentesco si basò sulla convinzione che l’appartenenza a una stessa patria fosse testimoniata dalla condivisione di attributi etnici, linguistici, spirituali, religiosi, e che l’affermazione di questo ideale di patria (la nascita della nazione), a opera dei diversi popoli, equivalesse al compimento di una missione (etica, morale o ispirata da Dio). Questi stessi valori sono divenuti, nella più recente Età contemporanea, elementi chiave dell’azione normativa e disciplinante dello stato nazionale (e dei regimi totalitari, in specie), al fine di trasformare il patriottismo in uno strumento funzionale a superare le superstiti difformità culturali e linguistiche (anzitutto), e a incoraggiare la piena e durevole identificazione di ogni cittadino nella sua nazione. La crisi dello Stato-nazione, tematica particolarmente caratteristica degli ultimi decenni, può essere collegata anche al fiorire di nuove visioni patriottiche, soprattutto in Europa, che hanno tentato di recuperare un più antico (e più ristretto) concetto di patria (luogo di origine dei propri antenati, stato pre-unitario) o di superare altrimenti (con un’accezione più larga) la dimensione nazionale: promuovendo una più forte idea della patria europea o una più sentita adesione ai valori e ai principi costituzionali dei singoli Stati.
Bene, fin qui la (dilettantesca) ricerca storico-lessicale. Veniamo alle domande che il patriottismo può porre a noi, oggi: vedete in altri o sentite in cuor vostro la volontà di profondere impegno, su molteplici piani (politico, militare, intellettuale, ecc.) in nome della patria, per l’affermazione, la difesa o l’accrescimento dei valori che essa esprime?
Rispondo per me: non sento in cuor mio alcuna volontà di profondere impegno in nome della patria, per l’affermazione, la difesa o l’accrescimento dei valori che essa esprime. Anzitutto perché non vedo, essa patria, esprimere credibilmente alcun valore degno di essere perseguito; e poi, perché quelli che esprime, hic et nunc, non mi sembrano né degni di essere difesi né tampoco di essere accresciuti.
Si dirà: ma, al netto di  codesto tuo (detestabile) atteggiamento (vacuamente) elitario, avrai pure qualcosa da sperare, qualcosa per cui varrebbe, secondo te, la pena di profondere impegno per il tuo paese, il posto dove vivono i tuoi figli, nipoti, amici e parenti?
Certo che ce l’ho! E, qui, l’ho detto più volte: la verità (su quello che è il paese, oggi) e il perdono reciproco (per quello che ciascuno ha fatto per ridurlo in questo stato) mi sembrano le “cose” da volere (e da volere più urgentemente possibile) per amore dell’Italia. Ma le vedo così neglette, impopolari, lontane dalla coscienza e dai desideri di tutti, addirittura conculcate, così improbabili da proporre che mi pare impossibile poterle (realisticamente) sperare. Questo, secondo me, sarebbe il vero patriottismo da coltivare, l’impegno da profondere, ogni giorno, con caparbietà; non certo quello di ripeterci volontaristiche menzogne, immaginando di essere lo scrigno del mondo, dove sono sepolti – sotto fitta cenere – i tesori della nostra italianità.
Roma 17 giugno 2017


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